MESSINA. I dispositivi di sicurezza sono pochi, i numeri di riferimento per rivolgersi alle unità sanitarie sono sovraccaricati, i medici di famiglia lamentano di essere stati lasciati senza strumenti, i blocchi, di qualsiasi tipo, non sono possibili per legge. Riassumendo, è il quadro emerso dalla riunione di oggi pomeriggio al Comune per le misure da intraprendere per la (possibile, ma ad oggi non esistente) emergenza coronavirus. Presenti in Aula Giunta gli assessori al completo e parecchi consiglieri comunali, tutti in attesa di capire come muoversi, con facce interrogative e la sensazione di non  sapere esattamente cosa fare, vista la situazione in costante evoluzione. 

Da una riunione tecnica di stamattina all’Asp, ha spiegato l’assessore ai Servizi sociali Alessandra Calafiore, è emerso che i dispositivi di protezione sono stati distribuiti, ma sono in numero molto ridotto, e la raccomandazione è di usarli con parsimonia. “Non tutte le guardie mediche ne sono state fornite e hanno fatto le richieste per acquisirne di nuovi, ma al momento non ce ne sono più”. Concetto sottolineato anche dal consigliere Salvatore Sorbello, che la sua mascherina (probabilmente inutile contro la diffusione del virus), sostiene, l’ha rimediata dal… lattoniere “perchè le farmacie non ne hanno più”.

Si metteranno a disposizione quattro auto mediche in maniera che i medici del 118 possano effettuare i controlli ” a domicilio”. I controlli però saranno effettuati solo dove emerga una reale necessità, non su tutti quelli che lo richiederanno, anche perché” non ci sono a disposizione i dispositivi, ma soprattutto per non sovraccaricare i centri in cui si fanno le analisi. Il centro di riferimento è a Catania, ma al Papardo c’è a disposizione una struttura che va certificata però dalla Regione, e l’Asp sta provvedendo.

Sono emersi problemi di organizzazione, riporta l’assessore: i medici di famiglia, primo soggetto a cui rivolgersi in caso si sospetti di essere stati contagiati (o anche solo segnalare febbre alta e tosse, possibili sintomi di contagio) non sono stati forniti di dispositivi di protezione, vorrebbero avere un supporto da parte delle strutture ma le ambulanze del 118 non possono essere messe a rischio di contagio.

Alessandra Calafiore ha sollevato un problema: e cioè che chi rientra da altri luoghi, specie se vicini a focolai di contagio, abbia la possibilità di segnalarlo. Molte persone che stanno nelle zone rosse stanno tornando e a quanto pare senza alcun controllo. L’Asp farà un comunicato con le linee guida.

Capitolo cittadini. L’assessore ai Servizi sociali sta tentando di avere un numero comunale dedicato: “I tempi di attesa da parte di chi si è rivolto alle strutture sanitarie sono stati lunghissimi, e molto spesso chi si è rivolto ai numeri dedicati (1500 e 112) non è riuscito a mettersi in contatto con un operatore medico. Secondo l’Asp non è attualmente possibile un numero dedicato, ma il sistema è sovraccarico. In più non ci sono mezzi (l’unico è a Catania al Cannizzaro) per il trasporto di un paziente esterno al quale sia stata accertata l’infezione”, ha sottolineato Alessandra Calafiore

Ad intervenire è stato Dino Bramanti, consigliere della Lega e per anni direttore scientifico dell’Irccs Neurolesi. “Messina è una città di passaggio, e in questo momento in molti stanno tornando. La domanda è, come fanno a segnalarsi agli organi competenti? Dovremmo creare una condizione per agevolare le informazioni coi punti di smistamento, perchè pare che ci sia un problema di comunicazione nella catena che dovrebbe portare chi vuole farsi monitorare a trovare un soggetto che lo possa mettere in condizioni di farlo”, ha spiegato Bramanti. “Ci sono delle strutture portatili che si possono comprare e montare in ospedali”, ha aggiunto, rispetto alla mancanza di strutture di isolamento e camera a “pressione negativa” negli ospedali messinesi. Anche Bramanti ha proposto un “infopoint” comunale, ma anche “tende da campo e volontariato da parte di medici e infermieri in caso di epidemia”, da organizzare presso l’ospedale militare. “L’esercito è pronto”, ha spiegato il vicesindaco Salvatore Mondello, in relazione all’ipotesi di allestire un punto di crisi ed eventualmente di ricovero e quarantena all’ospedale militare.

Il punto più scottante, secondo i presenti, è che il sindaco dovrà trovare un sistema per monitorare chi torna da fuori, soprattutto da zone focolaio di contagio. La proposta di “bloccare” strade, ferrovie e porti è stata stroncata subito dal segretario comunale Rossana Carrubba: “Non è possibile bloccare nulla, è una misura che travalica di molto le competenze di un sindaco“, ha avvertito. In sostanza, si può intervenire solo su scuole, uffici, scuole e eventi.

Dafne Musolino, assessore all’Ambiente, si è invece rapportata con l’Autorità portuale: “Gli unici passeggeri che arrivano tramite nave, in questo momento, sono i migranti (che sono già sottoposti a controlli stringenti, ndr), non è previsto alcun controllo per il traghettamento, equiparato al viaggio in treno  (per il quale non è previsto alcun blocco). Non è previsto nulla nemmeno per il crocierismo, settore in cui però le compagnie di navigazione fanno già controlli autonomi”, ha spiegato.

Per ultimo, dopo aver ascoltato lo stato dell’arte, è intervenuto il sindaco Cateno De Luca: “Devo capire se posso imporre con un’ordinanza di fare lo screening di base e prevedere qualche sanzione per chi non ci si sottopone. Devo anche capire se emettere ordinanza per fermare tutte le gite, ma soprattutto se possiamo imporre il controllo della temperatura, perché gli aeroporti si e i porti no? Non sto limitando la circolazione, sto applicando misure di cautela, ma ne dobbiamo discutere col Prefetto”.

Alla fine la conclusione unanime: “Non c’è motivo di creare allarmismi”. Più un augurio che una convinzione, hanno confessato in molti, fuori verbale.

 

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