Ho iniziato la mia Epifania guardando il monologo di apertura dei Golden Globes, nuovamente in mano a Ricky Gervais, uno che dovremmo ringraziare spesso perché dà respiro e senso a una comicità spesso rinchiusa in confini spiacevoli. Quest’anno forse meno brillante delle altre aperture dal punto di vista strettamente comedy, sicuramente molto più pungente e diretto indicando con nomi e cognomi alcuni dei problemi di Hollywood e, in generale, del mondo intero. È con queste premesse che mi sono messo a scrivere la prima playlist datata 2020, partendo proprio dalla libertà artistica di Gervais, augurandoci che sia un anno senza ipocrisie e, specialmente, con tanta voglia di dirci davvero tutto quello che abbiamo dentro per migliorare questo ambiente intorno a noi.

Stone Sour – Through Glass

Trasparenza, come guardare attraverso un vetro: Corey Taylor, storica voce degli Slipknot, ha sempre avuto un’anima dalle mille sfaccettature, e una di queste prende forma ogni volta che mettete su un brano dei suoi Stone Sour. Il growl si tramuta in un clean delizioso, e il singolone estratto da Come What(ever) May è la nostra prima scelta per confermare il primo proposito del 2020. Un pezzo maturo tratto dal loro disco forse migliore (quello che termina con l’adorabile Zzyzx Road, per intenderci), in cui Taylor esprime con una rabbia delicatissima diverse sensazioni negative riguardo il contesto musicale americano, ma il brano presta bene il fianco anche ad altre interpretazioni dal punto di vista delle relazioni umane. Per iniziare con il piglio giusto l’anno.

Raine Maida – Confessional

Dall’Iowa facciamo un viaggetto per andare a trovare, in Canada, Raine Maida, leader degli Our Lady Peace e autore di un paio di bei dischi solisti. Confessional è tratta dal primo, The Hunters Lullaby, che effettivamente è un po’ una Ninna nanna dei cacciatori, come da titolo; qui Maida svuota le sue tasche, ribadendo al mondo intero che le cose migliori nella vita sono gratis, concetto forse non originalissimo e siamo d’accordo, ma la naturalezza con cui scrive e canta un cammino à la San Francesco non può sicuramente passare inosservato. Grande voce, Maida, specie nel primo periodo con gli OLP, quando il suo falsetto era tra i più interessanti del panorama internazionale; chissà perché non fecero mai davvero la fortuna che meritavano. Grande incognita.

Audioslave – Be Yourself

Uno dei momenti più spiazzanti della mia vita forse è stato quello in cui, come un fulmine a ciel sereno, sono venuto a conoscenza della morte di Chris Cornell, uno dei principali soggetti a cui ho sempre destinato amore/odio: grande passato, dieci anni straordinari, poi un lento declino. Però, anche nel momento in cui stava forse un po’ scemando ai miei occhi la sua prorompenza vocale, è stato capace di cantare un vero e proprio inno a stare su, nonostante tutto quello che la vita possa mettere sul proprio cammino. Avete presente quel detto sul camminare nelle scarpe altrui prima di emettere un qualsiasi giudizio? Ecco, Be yourself è Cornell che parla di sé spiegando semplicemente che quello che si può fare, anche giudicando sé stessi, anche guardando il proprio passato, è continuare a camminare, correggendo gli errori per quanto possibile ma sempre, SEMPRE, senza cambiare. Be yourself is all that you can do. Ciao Chris, manchi ancora.

Oasis – The Masterplan

Nell’eterna diatriba tra Liam e Noel io mi sono sempre schierato in favore del primo, e continuerò a farlo finché avrò vita perché tra uno stronzo che non teme di apparire tale e uno che vuole sembrare un ragazzino perfetto io scelgo sempre lo stronzo trasparente. Detto questo, The masterplan è forse il brano più bello mai scritto da Noel perché in fondo esprime proprio questo concetto, la libertà di poter apparire esattamente come si è, senza bisogno di fingere o mentire, di “danzare se vuoi danzare”, poiché essendo tutti parti di un piano generale molto più grande tanto vale svolgere il proprio ruolo al meglio delle proprie possibilità. Curioso come questo testo potrebbe essere scritto semplicemente riportando un’analisi di gruppo dei fratelli Gallagher, che sinceramente non ci sentiamo neanche di definire un grande spreco perché, ehi, era tutto parte del masterplan.

Primo + Squarta – Ciao Fratè

Era Capodanno, era notte, aspettavo un amico e su qualche forum stavano parlando della morte di Primo. Era il primo gennaio del 2016, un Capodanno passato nel pomeriggio a riascoltare musica, con i CorVe, con i mille featuring a mezza scena, con i dischi insieme a Squarta. Pochi giorni fa era l’anniversario del saluto a questo pianeta di Primo Brown, uno dei rapper più forti che siano mai passati a queste latitudini, uno che aveva un senso del rispetto per la musica micidiale, uno che non si era mai posto il problema della trasparenza perché nella sua musica non poteva fare altro, poteva solo rispondere presente a una richiesta che veniva da dentro, da un cuore grande che gli ha fatto scrivere dei brani straordinari. Sono passati quattro anni e la mancanza è sempre più grande, sempre più incolmabile. Più te ne sei andato, più ti sento vicino. Ciao fratè.

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