MESSINA. Lo aveva profetizzato Leonardo Sciascia, parlando della linea della palma che ogni giorno avanza sempre più. Non intendeva in senso geologico e botanico, però è stato profeta. Perchè la Sicilia, entro il 2050, rischia di trasformarsi in una inospitale, brulla e arida landa deserta.

Gli indici di aridità, siccità e perdita di suolo, dalla sovrapposizione dei quali si ottiene la “carta della vulnerabilità alla desertificazione”, parlano chiaro: durante la prima metà del XX Secolo ben il 74,7% del territorio siciliano presentava un’alta sensibilità alla desertificazione. Il 14,8%  dei terreni era mediamente sensibile, il 2,4% potenziale e il 4,5 % non sensibile. Le aree urbane incidono per il 3,7%. Le aree maggiormente sensibili erano Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa e Trapani.

La buona notizia è che le aree non affette (circa il 7%) ricadevano per lo più nella provincia di Messina, legate essenzialmente agli aspetti climatici, vegetazionali e gestionali che, in queste aree, presentano contemporaneamente caratteristiche di buona qualità, ovvero climi umidi e iper-umidi in ampie zone boscate e, per la maggior parte, sottoposte a protezione per la presenza di parchi e riserve di caccia.

 

 

A partire dagli anni ’50, le cose migliorano. Emerge infatti un aumento significativo delle aree non sensibili (+9,3%) e un decremento delle aree ad alta sensibilità (-13,6%), che coprono praticamente tutta la provincia di Messina, e parte di quelle di Palermo e Catania, mentre le zone centrali, meridionali e mediterranee della Sicilia rimangono a forte rischio desertificazione. La situazione, comunque, sebbene migliorata rispetto al cinquantennio precedente non è rosea: il 61,1% del territorio siciliano presenta un’alta sensibilità alla desertificazione, il 16,6% è mediamente sensibile, il 3,5% potenziale e il 12,7% non sensibile. Le aree urbane incidono per il 6,1%. Sembrava che le cose fossero migliorate. Invece no. Affatto.

 

 

Perché le previsioni per i primi cinquant’anni di questo secolo, con proiezioni fino al 2050, sono semi catastrofiche. A rischio desertificazione ci sarà il 76,9% del territorio siciliano: tre quarti, praticamente, comprese le zone a ridosso del mare della provincia di Messina che precedentemente era stata una specie di “oasi verde”.

Cosa si intende esattamente per “desertificazione”? Non, per esempio, l’avanzata naturale dei deserti, fenomeno che si chiama “desertizzazione”, ma piuttosto la trasformazione di un terreno produttivo in terreno inerte, risultato dell’erosione del suolo ad opera dell’uomo: quindi cattiva gestione delle coltivazioni, grandi pascoli, disboscamenti, utilizzo irrazionale delle risorse idriche. Tutti fenomeni fortemente antropici, provocati cioè dall’uomo. Un altro luogo comune è addebitare la desertificazione alla siccità. Anche in questo caso è emerso che la combinazione data dall’abuso d’uso della terra nei periodi buoni e del perseverare nei periodi di pioggia scarsa non consente il recupero dei terreni con il ritorno delle piogge.

 

Tutti i dati sono tratti dall’articolo “Principali studi sul rischio desertificazione in Sicilia” di Francesco Cancellieri, Vincenzo Piccione e Vincenzo Veneziano

 

 

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