MESSINA. Si continua a discutere sulla rimozione del dipinto  “Allegoria della restituzione di Messina alla Spagna”, affisso nell’Aula consiliare di Palazzo Zanca. A tirare nuovamente in ballo l’argomento, a distanza di quasi sei mesi dal suo primo intervento da neo eletta, è la consigliera comunale del M5S Serena Giannetto, che ha intrapreso una battaglia personale contro un’opera considerata “oltraggiosa” per la storia di Messina.

«Pensavo – scrive su Facebook l’esponente pentastallata – che oggi la storia della riproduzione del quadro presente nell’aula consiliare sarebbe arrivata all’epilogo. Invece durante la conferenza dei capigruppo è successo ciò che non mi aspettavo. In agosto, più che come consigliere comunale come cittadina che ama Messina avevo proposto di rimuovere la riproduzione del quadro che è estremamente infamante per la città di Messina. Il quadro originale eseguito da Luca Giordano nel 1678 si conserva al Museo del Prado di Madrid e fu dipinto nell’anno in cui aveva conclusione la rivolta libertaria antispagnola scoppiata a Messina dal 1674 al 1678. Appurato che la sovrintendenza non doveva emettere nessun parere, visto che il proprietario di questa copia è il comune e che l’arredo del consiglio dipende dall’ufficio di presidenza bastava telefonare al dirigente per farlo rimuovere. Ma con il Presidente Claudio Cardile abbiamo voluto condividere questo momento con tutti i colleghi. La rimozione  del quadro è un atto simbolico ma pregno di significato per la dignità della nostra città. È inaccettabile la sua presenza in un luogo che rappresenta il massimo della democrazia, della libera istituzione al servizio della collettività,  il più importante organo rappresentativo di Messina e dei suoi usi civici», prosegue la consigliera, che ieri ha ribadito la sua intenzione di rimuovere il quadro nel corso della conferenza dei capigruppo l’argomento, trovandosi però di fronte a un inaspettato “dietrofront” di tanti colleghi. 

«È un gesto simbolico ma di grande significato morale». Così la vicepresidente del consiglio comunale aveva commentato a luglio la sua richiesta formale di immediata rimozione della copia del quadro: una battaglia personale “di ideali, di fierezza e di orgoglio” che l’esponente pentastellata ha condotto sin dal giorno del suo insediamento a Palazzo Zanca, portando avanti l’istanza presentata nel 2010 dall’associazione culturale “La Sicilia ai Siciliani” e ripresa successivamente da vari politici e intellettuali, fra i quali l’ex Consigliere comunale Gaetano Caliò, gli studiosi Franz Riccobono e Nino Principato e le associazioni Vento dello Stretto, Amici del Museo, Zda – Zona D’Arte e Fare Verde Onlus.

«L’arte e la storia non si discutono, ma in certi luoghi certe “opere” non sono consone», commentò la consigliera comunale del M5S, che propone la rimozione o la copertura della tela e la successiva sostituzione con dei quadri presenti nei depositi del Museo o con un dipinto realizzato ad hoc da artisti messinesi.

«Sostituire il quadro rappresenterebbe un momento di riscatto e di risveglio di certi valori, come la fierezza e l’orgoglio di essere messinesi. È inaccettabile la sua presenza in un luogo che rappresenta il massimo della democrazia e della libera istituzione al servizio della collettività, in poche parole il più importante organo rappresentativo di Messina e dei suoi usi civici».

La riproduzione in gigantografia del dipinto fu collocata nella Sala del Consiglio Comunale dopo la chiusura della mostra “Messina. Il ritorno della memoria”, che si tenne a Palazzo Zanca dall’1 marzo al 28 aprile 1994. L’opera fu eseguita da Luca Giordano nel 1678, anno in cui ebbe fine la rivolta libertaria antispagnola scoppiata a Messina nel 1674. La feroce restaurazione che ne seguì, col ritorno della città sotto l’imperio spagnolo, determinò tra l’altro l’illecito trafugamento di ben 1426 pergamene che documentavano la storia civile e i privilegi concessi alla città a partire dall’epoca normanna, che ancora oggi si trovano inopinatamente in Spagna.

Nel dipinto (l’originale è conservato al Museo del Prado di Madrid) Messina è allegoricamente raffigurata nelle sembianze di una donna nuda, in quanto spogliata di tutti i suoi privilegi, che invoca clemenza alla Spagna, anch’essa in sembianze femminili.

«La città – spiega la vicepresidentessa del consiglio comunale – è ulteriormente oltraggiata e dileggiata dal soldato spagnolo, di spalle, che la prende a calci, dal “Tempo” in sembianze di un vecchio con la falce che ostenta la clessidra, come per dire: “tempo è passato, ma tu, città ribelle ed ingrata, sei tornata ad essere serva della Spagna”, e dalla presenza di un demone alato, forza del male che l’accompagna e che viene scacciato. La città, infatti, venne dichiarata dalla Spagna “morta civilmente”, con la soppressione di tutte le sue istituzioni civiche che l’avevano resa opulenta e famosa in tutta Europa, fra cui la Zecca, il Senato, l’Università, l’Ordine dei Cavalieri della Stella e il titolo di “Nobilis et Caput Regni”».

 

 

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