MESSINA. Ammontano a più di mezzo miliardo (esattamente 552 milioni di euro) i debiti che il comune di Messina inserirà nel piano di riequilibrio che da domani inizierà ad essere discusso in consiglio comunale, e che dopo la votazione da parte dell’aula andrà approvato dal ministero dell’Interno.

Mezzo miliardo di euro che vanno ripagati entro il 2033, grazie alla rimodulazione a vent’anni (invece che a dieci) decisa dall’amministrazione di Cateno De Luca e sulla quale il consiglio comunale si è immediatamente dichiarato favorevole, al contrario di quello precedente, che invece la rimodulazione a vent’anni l’aveva bocciata con motivazioni in massima parte piuttosto curiose.

La voce che più incide, nella massa debitoria di Palazzo Zanca è quella relativa ai debiti fuori bilancio, poco meno di 170 milioni di euro accumulati nei decenni, per i quali sono stati accantonati, dal 2014 al 2018 (nel 2014 era stato presentato il primo piano di riequilirio, sul quale il ministero dell’Interno non si è mai espresso), seguiti da un’altra categoria di debiti fuori bilancio, quelli con giudizi pendenti: 71 milioni di euro che prudenzialmente sono stati inseriti integralmente, ma che dovrebbero ridursi con la definizione dei giudizi.

Poi c’è l’Atm: 29 milioni di debiti, certificati una volta per tutte nella delibera di messa in liquidazione dell’azienda trasporti, ai quali vanno aggiunti i 51 milioni e mezzo di disavanzi di gestione, risalenti a prima del 2013 (anno a partire dal quale i bilanci hanno chiuso in pareggio) e inseriti nel riequilibrio.

Quindi Messinambiente, dichiarata fallita quattro giorni fa e piena di debiti: trentadue milioni per perdite di esercizio, otto di perdite di bilancio 2017 e undici milioni non inclusi nel concordato del 2017.

In totale, i debiti “potenziali”, quindi suscettibili di qualche modifica (probabilmente al ribasso) sono 456, mentre il totale della massa debitoria, compreso un riaccertamento straordinario del disavanzo da 48 milioni e la restituzione dei fondi derivanti dal decreto legge 174 del 2012, circa 36 milioni.

Siccome però il piano di riequilibrio, se approvato, andrà ripagato, c’è bisogno di accantonamenti che consentano di rientrare dal debito: dal 2014 al 2018, sui 552 milioni ne sono stati accantonati poco più del 10%, quindi 58 milioni: ne restano da trovare 493. In quindici anni.

 

 

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