MESSINA. “Tre generazioni di persone, settemila anime, non hanno conosciuto altro tetto che baracche”. È l’introduzione alla partecipazione del sindaco Cateno De Luca alla trasmissione di Rai 1 Storie Italiane, annunciata dalla conduttrice Eleonora Daniele.

“Cinque quartieri in cui vivono gli eredi degli sfollati del terremoto del 1908”, spiega, con molta approssimazione la conduttrice (non esistono più baracche del post-terremoto, la maggior parte degli agglometari risalgono agli anni ’70 e ’80), ma la sostanza non cambia. Focus, ovviamente, su Fondo Fucile, la bomba a cielo aperto per la quale De Luca ha richiesto all’assessorato regionale alla Salute la dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria ed uno screening per valutare le condizioni di salute di chi in baracca ci vive da una vita.

Il servizio, con montaggio dinamico e veloce, mostra una realtà alla quale i messinesi si sono assuefatti, avendolo sott’occhio ogni giorno, ma che mostrato in un altro contesto fa davvero paura e disgusto.

De Luca parla dopo il servizio dal vivo del giornalista messinese Maurizio Licordari. “Queste sono baracche a cinque stelle, ve lo assicuro, ce ne sono di peggiori”, esordisce, subito interrotto dal commento della conduttrice mentre stava per illustrare il contenuto dell’ordinanza che entro il 31 dicembre prevede il completo sbaraccamento della città. De Luca tenta di spiegare nel dettaglio amministrativo il provvedimento, ma la conduttrice è più interessata alla frase a sensazione, quindi lancia il sondaggio se sia giusto o meno “sradicare” i baraccati dalle zone in cui hanno vissuto, con tanto di intervento (molto banale, il primo di tanti) di Alba Parietti. Al che il sindaco di Messina si arrende e ricorre agli slogan facili che fanno presa: “Abbiamo impresso un’accelerata, acquisiremo immobili sul mercato”. Di nuovo fermato, di nuovo la parola a uno degli ospiti.

De Luca strappa comunque applausi (“Gli abitanti vanno accompagnati con percorsi di integrazione, spiega), e nonostante non riesca a terminare un semplice concetto prima di essere interrotto, riesce comunque a farsi capire.

Uno degli ospiti puntualizza: “Entro il 31 ottobre non avrete le case disponibili”, e De Luca risponde prontamente “lo vedremo”. Poi mette i puntini sulle i: “A ciascuno il proprio mestiere – sbotta dopo una serie di grossolane imprecisioni – giovedì sarà dichiarato lo stato di emergenza, ci sono oltre trentamila immobili liberi, e con i poteri speciali che mi daranno stato e regione li requisirò, demolirò le baracche con i quaranta milioni disponibili, e se non ci riuscirò andrò a casa. Abbiamo bisogno di 250 milioni di euro, già ne abbiamo 170, se lo stato fa la sua parte ci riusciremo”.

Quando riesce a trovare venti secondi in cui nessuno si sente in dovere di spiegargli come si fanno le cose, De Luca prende fiato e spara a mitraglia un concetto: “Bisogna rompere la cultura del baraccato. Quando in passato si sono assegnati 600 immobili, senza demolizione delle baracche, alcuni dei familiari si sono reinsediati”; altra interruzione.

Breve polemica, subito spenta sull’incongrua uscita di qualche settimane fa, quando il sindaco sostenne di voler destinare le baracche agli immigrati: “Nessuno, e ripeto nessuno, deve vivere in baracca”. Breve battibecco su un ospite che ha sollevato dubbi sul suo atteggiamento fiammeggiante: “Il sindaco sono io e lo faccio a modo mio: io sono denunciabile in quanto massima autorità sanitaria in città, e questo deve finire: stato e regione devono venirci incontro, senza se e senza ma“, chiude, piuttosto inalberato. Ancora applausi: nonostante le perplessità, e qualche critica sulla forma più che sui contenuti

In chiusura il sondaggione: secondo l’89% dei votanti, i baraccati vanno spostati.

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