MESSINA. L’occasione, magistralmente organizzata da Nino Germanà, era una di quelle in cui mostrare i muscoli ed ostentare sicurezza. Santa Maria Alemanna piena, ottimismo diffuso, seggi già dati come conquistati. In realtà, dietro la facciata da corazzata, Forza Italia è un calderone che ribolle.

Beato tra le donne, tre alla sua destra ed altrettante alla sua sinistra, Germanà è riuscito a portare a Santa Maria Alemanna gli “stati generali” del partito che in città si presenta coi favori del pronostico dopo qualche anno di smarrimento. L’occasione era la presentazione delle candidature sua e di Urania Papatheu, Maria Tindara Gullo, Matilde Siracusano ed Elisabetta Formica, quindi della palermitana Gabriella Giammanco e della siracusana Stefania Prestigiacomo. In platea, oltre all’ex deputato regionale (non riconfermato a novembre) Santi Formica, gongolante in prima fila proprio di fronte alla figlia Elisabetta, il “suo” uomo Pippo Trischitta (la cui fuga in avanti nel candidarsi a sindaco ha provocato settimane fa parecchi brontolii nel partito), anche il “grande vecchio” Nanni Ricevuto, ma anche Francantonio Genovese, volutamente in disparte e non al centro della scena come fino a qualche settimana fa sarebbe stato naturale.

Posizione in platea che rispecchia l’imbarazzo dell’ex sindaco di Messina dentro un partito che ha posto il veto sulla candidatura del cognato Franco Rinaldi, e che da più parti è dato come prossimo al divorzio politico. Quello, o un redde rationem.

Chi mancava, ed è piuttosto inusuale specie nelle occasioni passerella, erano i consiglieri comunali, in particolare quelli che a Genovese sono più vicini. Emilia Barrile già una decina di giorni fa aveva annunciato la sospensione dal partito, ed oggi sta stringendo un legame di ferro con Tommaso Calderone, agguerrito deputato regionale che i suoi mal di pancia rispetto ai metodi di selezione dei candidati di Forza Italia non li ha di certo sottaciuti. I due, mentre era in corso la kermesse a Santa Maria Alemanna, confabulavano, insieme al consigliere comunale Carlo Abbate, trecento metri più in là, al bar del Sud, nonostante la febbre di Emilia Barrile. Ma non erano presenti nemmeno i consiglieri ultragenovesiani Benedetto Vaccarino e Francesco Pagano, anche loro dati per riottosi sulla falsariga della presidentessa del consiglio comunale.

Il partito di Silvio Berlusconi in città resta favorito, riuscendo in un anno e mezzo a risorgere dalle ceneri in cui si era perduto dal tracollo del 2013, ma al suo interno è pronta a scoppiare, se già non è scoppiata, una guerra tra bande, soprattutto se il risultato non sarà quello sperato. I “soldati”, quelli che per anni hanno tirato la baracca e portato voti, hanno ringhiato quando le candidature sono state ufficializzate, e lamentano che il loro ruolo non è stato riconosciuto. I “generali” mugugnano e sentono come un’imposizione i diktat arrivati da Roma e Palermo. La base, ammesso che Forza Italia ne abbia mai costruita una, leggono i nomi sulla scheda e faticano a riconoscerne qualcuno. E i più illuminati, che auspicavano uno svecchiamento, si sono trovati davanti candidate anche troppo nuove di zecca.

Le chiacchiere nei corridoi parlano di telefoni che non squillano come una volta, e di segreterie non più affollate come in passato. Come dovrebbero esserlo a venti giorni dalle elezioni. Questo mentre il centrosinistra dimostra aver ritrovato coesione dopo un autunno drammatico, ed è improvvisamente diventato appetibili per transfughi politici e consiglieri in carica, ed i 5 stelle cavalcano l’onda lunga del gradimento nazionale. E stanno alla finestra a guardare il male oscuro di Forza Italia.

 

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