MESSINA. Cosa si fa quando un torrente esonda per due volte in poco più di una settimana? Si interviene. A fondo, possibilmente. A maggior ragione se il torrente in questione è il San Michele, che nel Piano d’assetto Idrogeologico della regione Sicilia è censito come corso d’acqua a pericolosità e rischio massimi, a causa delle abitazioni che sorgono sull’argine, e dell’alveo usato come strada d’accesso e di fuga, e persino come parcheggio (col risultato che alle prime due piene della stagione, macchine e furgoni sono stati portati via dal fango).

E il Comune ha deciso di intervenire. Come? Con un’ordinanza, che in sostanza impone la chiusura dei varchi dai quali le macchine accedono al torrente, e lo attraversano per raggiungere le case, e con la riprofilatura dell’alveo: l’ordinanza sindacale è “contingibile ed urgente per la situazione di pericolo che minaccia l’incolumità delle persone”, quindi i lavori sono iniziati sabato scorso.

Se il secondo intervento, quello della riprofilatura dell’alveo, procede spedito, il secondo ha sollevato un vespaio di polemiche. Perchè chi abita nelle case per attraversare le quali bisogna guadare il torrente, una volta richiuso il muro (dal quale, in occasione del temporale nemmeno troppo forte del 19 settembre, si è riversato in strada un bel po’ di fango che ha impegnato i pompieri fino a notte fonda) non avrebbe come arrivare sulla strada comunale.

Non solo: quel varco nel muro conduce ad una briglia in cemento, posata sul letto, che permette l’attraversamento alle macchine del torrente. In corrispondenza del varco che si vorrebbe chiudere c’è l’unica strada comunale esistente dall’altro lato del torrente. È la vecchia strada comunale che si inerpica lungo la collina e raggiunge tutte le case anche quelle più a monte. Quindi in sostanza una strada pubblica resterebbe prima di collegamento con la strada comunale. Dopo l’intervento, alle case si accederebbe solo da un altro varco, posizionato duecento metri più sopra: ma non c’è la briglia, e per raggiungere le case si dovrebbe percorrere per qualche centinaio di metri l’alveo del torrente stesso.

Come è possibile che esistano case costruite sull’argine di un torrente, e che questo torrente sia l’unica via per arrivarci o per uscirne? Un paradosso al quale l’ordinanza non pone rimedio, e che affonda le radici nel passato remoto: parte delle case, infatti, sono preesistenti rispetto al piano regolatore Borzì post 1908, altre sono sorte abusivamente e poi sanate, altre sono perfettamente in regola: accanto agli argini del torrente ci sono terreni che ancora oggi il piano regolatore, l’ultimo, classifica come b4d, edilizia di complemento con possibilità di edificare palazzi di tre piani e undici metri d’altezza. Sulle rive di un torrente.

Dopo la protesta degli abitanti, e del comitato “Rinascita di S. Michele”, il Comune sta vagliando soluzioni alternative dopo una riunione con gli assessori Sergio De Cola e Sebastiano Pino organizzata dal consigliere di Siamo Messina Piero Adamo. Non facilmente percorribili, perchè per qualche oscura ed incomprensibile ragione, anni fa sotto il torrente San Michele sono stati previsti i sottoservizi: e quindi tubature dell’acqua, condotte fognarie, cavi della luce. Per questo, l’alveo del fiume non può essere abbassato. E attualmente è al livello della strada asfaltata, separato solo dal muro. Dai varchi del quale fuoriesce il fango anche quando i temporali non sono particolarmente violenti. Come è successo per due volte in nove giorni. E come avverrà durante tutto l’autunno.

 

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