MESSINA. Continua il dibattito intorno alla richiesta del presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè di procedere con i vaccini ai parlamentari regionali. Dopo il secco “no” dei Deputati del MoVimento 5 Stelle, e l’apertura possibilista del segretario regionale di Sicilia Futura Beppe Picciolo, altri due messinesi si sono espressi: l’esponente di Ora Sicilia Luigi Genovese e la deputata di Fratelli d’Italia Elvira Amata.

Genovese é assolutamente contrario, Amata assolutamente favorevole. “Giustamente Miccichè ha richiamato l’attenzione su una questione importante, perché come deputati regionali, ogni giorno, incontriamo decine di persone, stiamo a contatto con i cittadini e dunque potenzialmente possiamo noi stessi essere vittime di trasmissione del virus e a nostra volta veicolo inconsapevole di contagio. Non la ritengo una proposta peregrina – prosegue la capogruppo di Fdi – né una rivendicazione della ‘casta’ semmai una logica istanza che è legata al nostro ufficio”, conclude Amata.

Di diverso segno, e più articolato, il pensiero di Luigi Genovese. “Non credo che ad un politico debba essere consentito di imboccare una scorciatoia: il vaccino gli verrà somministrato quando arriverà il suo turno. E il mio, di turno, arriverà quando ogni 25enne in buono stato di salute dovrà vaccinarsi. Né prima, né dopo. Non c’è altro da considerare, per quanto mi riguarda”, taglia corto il giovane parlamentare.

Poi articola il suo ragionamento con una riflessione originale: “I parametri, in uno stato di emergenza come quello che stiamo vivendo, devono essere due e solo due: anagrafe e stato di salute. Nient’altro. Non dovrebbe esserci altro. Rispetto le ragioni di tutti, sia chiaro. Però non condivido il principio delle categorie maggiormente esposte a contatti con il pubblico. O meglio, lo condividerei se un politico, un avvocato, un giornalista venissero considerati esposti tanto quanto un cassiere di un supermercato o una commessa di un negozio di abbigliamento. Fatta eccezione, com’è ovvio che sia, quando si tratta di personale sanitario”.

“Ma non finisce qui. Mi sono imbattuto in alcune posizioni tipiche della logica anti-casta che fanno sorridere. Populismi vaccinali.Ho letto, per dire, un concetto che era più o meno questo: chi sostiene che i politici debbano godere di una corsia preferenziale per il vaccino, non dà alla cittadinanza un bel segnale da un palazzo sempre visto come la sede dei privilegi. Quindi c’è chi pensa, da politico “purosangue”, di voler rinunciare a scavalcare la fila solo per non inimicarsi gli elettori.Non perché sia giusto, ma per non perdere consensi: questa è strategia spicciola, che si commenta da sé”.

“Io invece credo che sia semplicemente giusto così: che davanti al vaccino, salvo in casi eccezionali (medici, infermieri), debba scomparire il ruolo e debbano emergere solo fattori di rischio vitali.Non chi sei e cosa fai nella vita, ma quanti anni hai e come stai. Prima tocca ad altri, a tanti altri. Quegli altri che molto spesso sono persone fragili, che rischiano di imboccare un tunnel e non tornare più indietro. Per il resto c’è una fila. Ed è doveroso rispettarla”.

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