MESSINA. Oggi 4 ottobre dentro il cortile e le aule dell’Università centrale di Messina, si apre l’edizione 2018 di Sabirfest, cultura e cittadinanza mediterranea.

Un‘edizione ricca di appuntamenti  che intreccia tanti linguaggi e discipline, trova connessioni antiche e nuove,  ma anche ponti sorprendenti tra saperi e persone. Per fare questo laboratorio di persone e di temi si usa lo spirito del Sabir, la lingua franca che si parlava fino all’Ottocento nei porti e sulle imbarcazioni del Mediterraneo – Sabirfest mette al centro dell’attenzione questo mare, i paesi e i popoli che lo circondano e lo abitano, come spazio di crescita culturale di incrocio di saperi e di partecipazione sociale che prefiguri nuove forme di cittadinanza.

L’edizione 2018 del Sabirfest ha come tema “Riparare l’umano” e cerca in quattro giorni i tanti significati del verbo riparare: dal dare riparo, al trovare riparo, dall’aggiustare le cose, al prendersi cura, dal riparare i guasti ambientali, al riparare ai conflitti o riparare i frammenti della vita delle persone.

Sabirfest 2018 Riparare l’umano, quest’anno in collaborazione dell’Ordine degli Architetti di Messina ha aperto una sezione di comunicazione sul progetto urbano e di architettura dal titolo Riparare l’umano/Riparare l’urbano a cura di Luciano Marabello in quattro incontri con due architetti al giorno e un giornalista documentarista nella giornata conclusiva si prova a declinare il tema generale partendo da esperienze concrete di progetto e di ricerca.

Saranno giornate di in cui l’architettura vuole parlare di sé ma ne vuole parlare ad un pubblico curioso di sperimentare intersezioni e ad un pubblico non solo specialistico.

Oggi il primo incontro che si inaugura alle 18,00 in una delle aule storiche dell’università centrale di Messina: l’aula vecchiotta e molto vissuta di Ex chimica.

Si aprirà a Riparare L’umano e l’urbano attraverso il disegno fatto sulle due lavagne storiche dell’aula dagli architetti Messinesi Fabrizio Ciappina e Michela De Domenico che per parlare di questo useranno l’antica e polverosa tecnica del disegno a gesso.

La serata proseguirà con Il tema Riparare per Abitare presentando il lavoro dello studio ABVM (Architetto Buonaventura Visconti di Modrone) con il progetto sulla Maidan Tent, prototipo italiano di tenda che costruisce lo spazio pubblico in luoghi provvisori e che adesso è montata nel campo profughi di Ritsona in Grecia. Nella stessa giornata Laura Marino presidente della sezione Sicilia Calabria di AsF presenterà il lavoro di Architetti senza Frontiere svolto in aree e luoghi dei PVS anche attraverso i laboratori Atelier di tesi presso UNIRC che sviluppano progetti di architettura a partire dai bisogni reali delle comunità dei paesi africani collegati ad AsF attraverso le azioni delle ONG.

 

Venerdì 5 ottobre il tema sarà quello di Riparare l’umano come progetto di libertà, Giuseppina Scavuzzo del Dipartimento di Architettura e Ingegneria dell’Università di Trieste.  Saranno presentate delle ricerche sulle istituzioni totali, attraverso il lavoro svolto nei corsi di progettazione architettonica con i supporti degli operatori sociali e con i vari “operatori della follia” sul tema del recupero urbano del parco Basaglia, ex manicomio di Gorizia.  Questo percorso ha portato adesso alla costituzione di un tavolo tecnico tra Università e Regione Friuli per la definizione di un processo concreto di trasformazione. La libertà come progetto sarà anche la chiave di racconto di una progettazione di Housing ecologico in corso di costruzione nel quartiere Maregrosso di Messina, che nasce e si sviluppa intorno ad un progetto di riparazione sociale che ha accompagnato il percorso di alcune persone “liberate” dalla detenzione nell’Ospedale Giudiziario Psichiatrico di Barcellona. Il progetto a cura della Fondazione di Comunità di Messina sarà raccontato da Giuseppina Sindoni che ha seguìto e conosce tutta le gestazioni della progettazione “sociale“, di quella architettonica e anche di quella “umana” per ridare libertà alle persone.

Le due esperienze saranno tenute insieme da riflessione consapevole su pena e libertà fatte da Lucilla Risicato professore ordinario di diritto penale presso l’Università di Messina.

La terza giornata: Riparare l’urbano per riparare l’umano racconta di due progetti in Sicilia: Roberto Corbìa racconterà a tre anni dal completamento del progetto “Buone azioni per Librino” un’esperienza di urbanistica attiva connessa con le comunità del quartiere catanese. Corbìa ha operato a Catania nell’ambito del programma di ricerca sulle periferie voluto da Renzo Piano appena diventato senatore a vita e che attraverso il gruppo di lavoro G124 ha selezionato dei giovani progettisti per sperimentare attivamente progetti e azioni per il “rammendo delle periferie”. Lo studio AM3 architetti associati di Palermo presenterà

il progetto Coltivare il futuro tra i selezionati ed esposti alla Biennale di Architettura di Venezia in corso nella sezione Arcipelago Italia. il progetto di riparazione di un’opera incompiuta di Pietro Consagra a Gibellina nel Belìce, che attraverso un manufatto vuole mettere riparazione alla difficile reinvenzione dell’identità delle comunità del Belice reinsediate in luoghi totalmente diversi dopo il sisma

A conclusione di questa sezione su architetture città e società la quarta giornata Riparare e Documentare mostrerà un docufilm di Mauro Mondello giornalista freelance che converserà con Marco Lo Curzio. Un racconto di persone in transito dal deserto poi a Tripoli, passando da Lampedusa per poi arrivare a Berlino.

Quando si fermano a Berlino parlano delle loro vite in una piazza divenuta luogo provvisorio di abitazione: da qui la necessità per gli umani di costruire non solo spazi privati ma anche l’urgenza di costruire anche in maniera precaria spazi pubblici di relazione nelle situazioni piu disparate. L’ultimo incredibile e assoluto riparo degli umani sarà raccontato infine sempre da Mauro Mondello con un reportage dalla Finlandia per documentare con le parole e le foto la costruzione del deposito mondiale delle scorie nucleari, progettato per resistere 100 mila anni. Gli scarti verranno stoccati a 500 metri di profondità, fino a quando non diventeranno completamente innocui. Un luogo “per riparare l’umanità da sé stessa” e dalle sue stesse invenzioni.

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