MESSINA. Il torrente di fango che ha coperto le strade di Scaletta, ieri, fortunatamente senza vittime, ma con grossi danni ad appartamenti, garage e auto, ha ancora una volta messo il dito nella piaga nella delicata situazione idrogeologica di Messina, territorio attraversato da un centinaio di torrenti che dalle colline degradano rapidamente verso il mare, e che decenni di incuria, malgoverno del territorio e inciviltà hanno reso vere e proprie “bombe a tempo” (qui quelli più pericolosi). Ad aggiungere condizioni di pericolo, c’è lo stato di quelli “tombati” che attraversano la città: i torrenti coperti, diventati parte integrante della viabilità cittadina, che scorrono in alvei dei quali nessuno, da decenni, sa esattamente in che condizioni siano, e in che condizioni siano gli impalcati che reggono le strade soprastanti. A fare un’analisi è Giuseppe Giaimi, ex capo dell’Ispettorato Forestale di Messina.

Di seguito il suo contributo.

Come “persona informata sui fatti”, sento il dovere di segnalare ancora una volta il grave pericolo di esondazioni che correrebbe Messina in caso di piogge critiche, purtroppo sempre più violente, come ci ricordano i veri e propri cicloni abbattutisi su Catania, Randazzo e Palermo. Nel caso di Messina il pericolo è reso reale e assai probabile a causa di due condizioni specifiche: la vicinanza dei Monti Peloritani protesi sulla città, e i numerosi corsi d’acqua che l’attraversano, dei quali ormai pochi sembrano avere consapevolezza tenuto conto che sono stati gradualmente coperti a partire dagli anni ’30 del secolo scorso. Ricerche storiche da me effettuate negli anni passati, condensate in un libro non a caso intitolato Il secondo flagello di Messina, hanno evidenziato che le alluvioni nella nostra città sono state tanto frequenti quanto disastrose, provocate in particolare dai corsi d’acqua del centro storico, di cui Giuseppe La Farina a metà ’800 scriveva: Messinaha la disgrazia d’essere traversata da cinque torrenti che discendono dalle sue colline. Ebbene, le cronache degli ultimi 3 secoli hanno fatto registrare ben 30 eventi gravi, con decine di morti e ingenti danni economici, per il torrente Camaro-Zaera, 26 per il torrente Boccetta, 25 per il torrente Trapani, 22 per il torrente Giostra, 10 per il torrente Portalegni, con un tempo di ritorno quindi variabile da 30 a 10 anni. Per uno di questi torrenti è stata recentemente segnalata sugli organi di informazione locali la necessità di sgomberarne il corso dalla vegetazione spontanea e dai rifiuti riversati abusivamente. Cosa buona e giusta. Ma è stato sottaciuto il pericolo, di gran lunga maggiore, rappresentato dagli imbocchi ridicoli costruiti a monte all’atto della copertura, assolutamente insufficienti a ricevere onde di piena di una certa consistenza. Senza contare che basterebbe un tronco d’albero o un qualsiasi oggetto ingombrante per ostruire del tutto tale passaggio, costringendo l’acqua in eccesso a scorrere in superficie. In tal caso la copertura dei torrenti si rivelerebbe peggiore del male (torrenti scoperti) poiché gli edifici laterali, anziché sollevati rispetto all’originario letto del corso d’acqua, si troverebbero allo stesso livello del piano di scorrimento della piena, con le conseguenze che ognuno può immaginare a carico delle abitazioni e dei locali commerciali a piano terra. Invito pertanto chi di competenza a porre quanto prima rimedio a tale aberrazione idraulica per evitare, come nel caso di Giampilieri, di “piangere sul latte versato”.

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