MESSINA. «Quello cui abbiamo assistito a Messina, nei giorni scorsi, rappresenta l’ennesimo schiaffo al diritto allo studio degli studenti peloritani». Parole di Cesare Natoli, presidente del “Comitato Scuola in Presenza Messina”, che in una nota stampa prende di mira i provvedimenti del sindaco Cateno De Luca, con riferimento al provvedimento di chiusura degli istituti nelle giornate del 27 e del 28 ottobre, ovvero quando non era in vigore l’allerta rossa (in vigore lunedì, martedì, venerdì e oggi. Mercoledì e Giovedì sono stati invece “arancioni”). Una decisione che il primo cittadino motivò chiamando in causa, oltre al maltempo, anche la chiusura di un tratto della A18.
Di seguito il comunicato stampa:
«La decisione di chiudere le scuole in assenza di indicazioni che giustificassero tale provvedimento nelle giornate di mercoledì 27 e giovedì 28 ottobre è inaccettabile da qualsiasi punto di vista la si voglia considerare. Sia chiaro che non si intende minimizzare i rischi di allerta meteo e delle conseguenze che ne possono derivare. Da anni, ormai, la protezione civile ha attivato meccanismi di estrema cautela, che, a causa di diverse componenti (quali dissesto idrogeologico, mutate condizioni climatiche e carenze infrastrutturali) portano di default alla chiusura delle scuole. Conseguentemente, in caso di allerta rossa – come nelle giornate di lunedì, martedì e venerdì della settimana che si avvia alla conclusione, è legittimo sospendere le attività didattiche. Il fatto che poi, nella nostra città, non vi siano state situazioni critiche nemmeno in quei giorni vuol dire poco: ripetiamo, la cautela era d’obbligo. Nei giorni in cui l’allerta non era rossa, però, chiudere le scuole è stata una misura sbagliata, se non sconsiderata. Né valgano a giustificarla le motivazioni addotte dal sindaco di Messina, relative alla difficoltà di raggiungere le scuole cittadine da parte degli abitanti della zona sud, stante la chiusura dell’autostrada: il centro cittadino si poteva raggiungere ugualmente, anche se con maggiori difficoltà. Del resto, i pubblici uffici e tutte le altre attività sono rimaste aperti, e anche in questi casi, sicuramente, ci sono stati cittadini che hanno raggiunto il luogo di lavoro provenendo dalla fascia ionica; e non si tratta, certamente, di lavoratori di serie B. In un momento in cui, dopo quasi due anni di calvario della scuola – a causa dell’emergenza sanitaria – si prova faticosamente a riannodare il filo della relazione didattica e della socialità e della crescita culturale e personale di bambini e adolescenti (peraltro con la spada di Damocle di protocolli ancora estremamente rigidi, che non hanno definitivamente allontanato lo spettro della disastrosa didattica a distanza) chiudere le scuole per due giorni e senza motivazioni cogenti rappresenta un fatto molto grave. La dinamica che sembra prendere corpo, in casi come questo, è ancora una volta quella, perversa, di colpire l’immaginario collettivo facendo riferimento a situazioni drammatiche (come quelle verificatesi nel catanese) e di legittimare, così, qualsivoglia provvedimento cautelativo, ispirandosi all’esecrabile “e ai morti non ci pensi?”. Un meccanismo altamente demagogico, tristemente sperimentate durante le fasi più intense della pandemia e che tanti danni ha creato alle comunità scolastiche e allo stesso tessuto sociale nel suo complesso. Nello stigmatizzare criticamente quanto avvenuto, il Comitato ‘Scuola in presenza’ di Messina si augura che tali condotte e decisioni non abbiano più corso in futuro e si appella al Prefetto e alle autorità scolastiche regionali e nazionali affinché difendano la scuola da tali pericoli. Un’ultima considerazione: la Dad è una misura che abbiamo combattuto e continueremo a combattere laddove si pretenda che essa possa sostituirsi all’unica forma di scuola accettabile e realmente tale, ossia quella in presenza. Tuttavia, ci chiediamo, al netto di tutte le problematiche di tipo sindacale, perché essa non possa essere applicata in via strettamente emergenziale e rigorosamente circoscritta nel tempo in casi come quello dell’allerta meteo o di altre problematiche simili. Pensiamo ad esempio alle scuole situate nelle isole, spesso penalizzate dall’impossibilità di essere raggiunte dai docenti provenienti dalla Sicilia: in tali casi, piuttosto che perdere totalmente il contatto con le lezioni, l’uso del mezzo tecnologico potrebbe avere un senso».