MESSINA. Si è concluso con due condanne il processo per la morte di 14 migranti trovati su un barcone soccorso da una nave irlandese al largo delle coste libiche. Le salme, insieme a circa 500 migranti, arrivarono al porto nel luglio 2015.

 Sono stati condannati Alaa Jumò Taleb a 15 anni e Ezzedine Ouled Wafi a 18 anni. La Corte d’Assise (presidente Nunzio Trovato) ha riqualificato l’accusa di omicidio in morte come conseguenza di altro delitto. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna all’ergastolo per entrambi che dovevano rispondere anche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.  I due imputati sono stati difesi dagli avvocati Luigia Di Fede e Pierfrancesco Broccio.

Lo sbarco è del 29 luglio 2015. Sulla nave giunta al molo Marconi,  450 migranti ed anche 14 salme che erano state recuperate da un barcone soccorso al largo delle coste libiche. Furono gli stessi migranti a raccontare agli investigatori i particolari del viaggio. Per salire su un barcone, partito dalle coste libiche e diretto verso quelle italiane, avrebbero pagato circa mille euro ciascuno. Un viaggio rischioso, stretti in un’imbarcazione inadeguata a contenere quel numero di passeggeri e con insufficienti sistemi di salvataggio.

Durante la traversata sarebbero stati minacciati, lasciati senz’acqua e costretti a non muoversi dagli scafisti. Parte dei trasportati, come ha contestato l’accusa, furono rinchiusi nella stiva dell’imbarcazione senza la possibilità di uscire. I soccorritori trovarono 12 cadaveri nella stiva del barcone mentre altri 2 erano sul pontile.

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