MESSINA. Il disastro elettorale del Partito Democratico, praticamente decimato in città così come nel resto dell’Italia (nonostante sia il secondo partito per numero di voti) dopo le politiche del 4 marzo, non poteva restare senza conseguenze. Che infatti sono arrivate.

Si è dimesso infatti il responsabile organizzazione dei Giovani Democratici Sicilia Guglielmo Sidoti. Lo ha fatto affidando ad un crudo comunicato, pubblicato su Facebook, in cui ha parole durissime nei confronti di un partito in cui, scrive, “alle storie politiche ed umane delle comunità si è preferito il micronotabilato, i portatori di interessi, i pacchetti di voti garantiti”.

“Chi mi conosce sa quanti entusiasmi, energie e tempo abbia messo a disposizione del partito e della sua giovanile. Inutile nascondere che non si cancellano con un colpo di spugna 10 anni di militanza, come pesa sentire estranea la casa che hai contribuito a costruire – inizia Guglielmo Sidoti – Sono stati anni intensi; fatti di battaglie, speranze, cocenti sconfitte e ripartenze. Ho conosciuto centinaia di persone con la mia stessa passione, i treni delle 6 del mattino per raggiungere l’iniziativa politica, la stanchezza dopo una notte di attacchinaggio, le stanze fumose di riunioni spesso inconcludenti (ma impegnate). Soprattutto le persone incontrate, le porterò sempre con me. Sono loro a cui ho pensato in questi mesi. Militanti, giovani amministratori, uomini e donne generose e pronti a fare la propria parte. Presidiano i territori, fanno i volantinaggi, lavorano silenziosamente (prendendosi gli insulti) per la costruzione di un progetto. Per loro la politica è passione, libera e disinteressata, non mero calcolo di opportunità. Questo il Partito sembra non vederlo; troppo occupato a mobilitare in teatri gremiti e annoiati, utili accreditamenti per qualcuno e respingenti per la gente vera“.

Dopo il preambolo, e le lodi alla militanza, Sidoti attacca a testa bassa: “Così di anno in anno la linea è stata sempre più nitida; alle storie politiche ed umane delle comunità si è preferito il micronotabilato, i portatori di interessi, i pacchetti di voti garantiti. È successo soprattutto al Sud Italia, nonostante qui fosse più forte la disperata necessità di un cambiamento. E mentre alcuni si chiedono ancora perché il M5S abbia sbancato, a volte persino denigrando l’elettorato, la gente (quella vera) ci ha dato un calcio in culo di dimensioni epocali. Neanche di questo si riesce a prendere atto e dovrebbe invece rappresentare la più cocente sconfitta per chi ha sbandierato un rinnovamento totalmente tradito. C’è poi una cosa che mi perseguita – continua – l’immagine di quei tanti ragazzi appassionati che hanno scelto di mollare, e che adesso disillusi semplicemente non credono. Non mi riferisco ai disinteressati, quelli a cui poco è mai importato, ma a chi ha creduto, lottato per le proprie idee, convinto altri a fidarsi e fare lo stesso e che adesso vive la disillusione più cocente. A loro deve essere data una seconda possibilità, quella di tornare a credere ed entusiasmarsi per un progetto che non riguardi “qualcuno”, ma “qualcosa” di cui sentirsi parte orgogliosa. Tutti loro meritano di ritrovarsi in un posto in cui sentirsi a casa, che per me risponde al nome di centrosinistra, ma non questo. Non così.”

Quindi la mazzata finale, sulle sorti di Democratici messinesi: “Infine una menzione speciale la riservo alla mia federazione, quella messinese, del Partito Democratico. In questi anni, post Genovese, si sarebbe potuto e dovuto costruire. Le candidature alle regionali prima e quelle alle politiche adesso dimostrano perché non vi fosse la volontà di farlo; il partito non doveva costruire i propri anticorpi. Più comodo consegnarlo da un padrone all’altro, come se intere generazioni, storie personali e politiche di spessore non esistessero. Messina come casellina elettorale e nulla più. Su questo punto e sugli altri faccio autocritica. Di aver creduto, sostenuto, impiegato tempo ed energie convinto che sarebbe cambiato qualcosa, ceduto alle promesse dell’imminente svolta, sempre dopo qualcosa, ma sperato fino in fondo. Come un rapporto di coppia malato, ma destinato a sopravvivere per mesi, persino per anni dopo aver capito che non si è fatti gli uni per gli altri. Le mie dimissioni sono cariche di tutto questo e molto altro che proverò a sviscerare nei prossimi giorni. Una stagione si è conclusa, quella appena iniziata non so esattamente dove mi porterà. Quello di cui sono certo – conclude – è che non ci si dimette da una passione, ne tanto meno dall’impegno. Ad un nuovo inizio”.

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