Mentre molti ridono giustamente davanti all’ultima variante dell’ordinanza di De Luca, che è il parto di un topolino dalla montagna, io penso che non ci sia davvero da ridere.
In un momento in cui ci sarebbe da ridurre la complessità del quotidiano e semplificare, De Luca impone alle persone di rammentare tipologie commerciali e orari. Inoltre limita le fasce orarie e favorisce gli assembramenti. Limita i trasporti pubblici nelle fasce serali senza contare che ci sono, almeno potenzialmente, lavoratori di servizi esposti a turni e privi di mezzi di trasporto privati. Infine impone costi ulteriori ai commercianti in un periodo di crisi.
Ecco questo è l’esempio di come non si gestisce una crisi. Oppure di come la si gestisce con approssimazione. O, magari, di come la si gestisce a uso e consumo di stessi, coltivando l’irrazionalità o, quantomeno, la razionalità limitata di un elettorato che comprende pochissimo il funzionamento tecnico del contagio.
Si vede, insomma, che questa ordinanza non è la risultanza del lavoro di un tecnico della sanità, ma di due giuristi che non conoscono il significato della parola “expertise”. Lo si vede, come direbbe proprio De Luca, “a occhio vivo”…
Vi è da preoccuparsi, infine, se un certo senso dell’opportunità consiglierà alla Prefetta e al governo di concedere l’onore delle armi e non annullare anche questa obbrobriosa variante dell’ordinanza.
Si tratta, credo, della pagina insieme più deprimente e pericolosa della storia cittadina da molti anni. Ma è anche la dimostrazione del fatto che De Luca é il sindaco perfetto per una città che – parole sue – “é incivile”. Tra coloro che, per esempio, parcheggiano in seconda fila e il Cateno di questi giorni non vi è alcuna differenza: entrambi intendono se stessi come “particulare”, ovvero come soggetti dai bisogni eccezionali, che possono esigere da parte di chiunque che questi metta da parte le proprie ragioni. Anziché essere davanti al senso del comune, dunque, siamo dinanzi al trionfo del privatismo e del particolarismo. Proprio seguendo questa logica, Messina non vede di avere i medesimi problemi del resto del Paese (carenza di posti letto, sanità massacrata etc.), ma pretende di essere altro da esso. Richiede che le proprie ragioni siano speciali (appunto come farebbe chi parcheggia in seconda fila, seguendo ragionamenti e retoriche proprie di De Luca e di un certo giustizialismo urbano).
A ogni sindaco la città che gli spetta…