“Nel Sabato 5 ottobre dell’anno I del governo deluchista, il Podestà Cav. Cateno De Luca dà ordine alla popolazione di andare a dormire. A partire da Lunedì 7 istituisce altresì la Milizia volontaria dei delatori del popolo e dà comandamento di sborsare i quattrini dovuti alle casse dell’Impero, pena l’esposizione in pubblica piazza e la riduzione del prezioso e trasparente liquido necessario alla riproduzione della stirpe”. Ipse dixit. La piazza applaude.

Un cinegiornale dell’Istituto Luce dei tempi che furono potrebbe sintetizzare così quanto va accadendo in questi giorni di inizio autunno a Messina. I giorni, cioè, in cui il paternalismo autoritario va in scena libero.

Come si diceva, Cateno De Luca raccomanda al popolo della notte di andare a dormire, mentre dichiara aperta la ferma volontaria nell’esercito di spie che devono denunciare il vicino di casa. Subito dopo, infine, minaccia di esporre i nomi di chi, non avendo pagato le forniture d’acqua, andasse a protestare o a fare valere le proprie ragioni. Il tutto, come si diceva, tra i plausi di una parte di popolazione che gode della messa in scena della forza perché è masochista e passiva oppure fa parte di una clap organizzata.

È evidente che la società che l’applaude su Facebook è quella che per vari motivi – da quelli propriamente psicologici a quelli più autenticamente sociali basati sull’accesso all’istruzione o la scarsa qualità degli insegnamenti, passando per il rancore emerso in ragione delle condizioni di vita – non ha mai compreso i principi elementari della democrazia, la quale si fonda sui limiti all’esercizio del potere e delle facoltà connesse, ed è invece attratta dalla forza maschia. È questa una popolazione che non ha bisogno di politici, ma di padri padroni, una popolazione che pensa di potere essere esclusa da questo “sbattimento”, ma gode all’idea che altri possano esserlo. È una popolazione, insomma, di meschini e rancorosi. La scommessa politica di Cateno De Luca verte sull’entità di questa popolazione, che costituisce il suo elettorato di riferimento. E potrebbe avere ragione dato che non è un elettorato che si divida prevalentemente in classi sociali.

Questa voglia di uomo forte è infatti diffusa, interclassista ed è uno degli elementi alla base di quell’alleanza sociale che nel passato recente ha prodotto la via italiana all’autoritarismo. È del resto perfettamente in continuità con quella storica psicologia collettiva l’entusiasmo che accompagna la possibilità di trasformarsi in aguzzini e kapò, ossia in “sentinelle del decoro” pronte a denunciare, in cambio di esenzioni e sconti sulle tasse comunali, lo sconosciuto o il vicino. Lo specchio di una società senza legami, in cui il massimo del collettivo a cui gli individui possano aspirare è la famiglia e forse qualche sparuto amico.

Cateno De Luca sa che se dividere e comandare è il principio elementare della politica del dominio, questo appare come un gioco facilissimo in una città di atomi sociali. Ciò che deve fare è semplicemente offrire rispecchiamenti, in modo tale che ciascuno possa sentirsi un “buono circondato da cattivi”, responsabili delle pessime condizioni di vita in cui verte. Un gioco ancora più facile in una società che pensa che la politica sia costituita dalla spazzatura per strada o da un’entità misteriosa che si chiama decoro. Una popolazione, soprattutto, che ignora che esistono società ordinatissime e non per questo desiderabili in cui, per esempio, l’equivalente di una Punto scassata, ossia di una macchina comunissima da queste parti, è essa stessa un fatto di decoro e va quindi eliminata dalla circolazione, spingendo i proprietari ad andare a piedi o indebitarsi per acquistarne una nuova. Una popolazione, insomma, che non ha capito che il decoro è soltanto una forma crescente di intolleranza che coinvolge sempre più comportamenti sociali e può spingere ai margini della società e della legge chiunque a un certo punto cessi di corrispondere un certo ideale di appropriatezza e desiderabilità.

Sarebbe interessante in questa prospettiva che, se non novantaduemila, almeno quaranta o cinquantamila cittadini messinesi vedessero esposto il proprio nome di debitore su Facebook. Lo sarebbe altrettanto se il cittadino la cui autovettura sosta davanti al proprio passo carrabile venisse denunciato e se i Vigili dovessero perdere tempo a fare accertamenti inutili e, magari, consegnare multe destinate a essere contestate e annunciate con aggravi per la pubblica amministrazione.

Sarebbe ugualmente degno di interesse se la città fosse funestata da un aumento di reati dovuti a risse da imputarsi agli scatti di  telefonini estratti dalla tasca per denunciare un passante o un lavoratore pubblico considerato a torto o a ragione indisciplinato. Sarebbe di un qualche rilievo che decine di migliaia di cittadini fossero costretti ad avere l’acqua appena necessaria a lavarsi il viso e che, nelle famiglie numerose, l’ultimo arrivato non trovasse più neanche una goccia scendere dal lavandino. Sarebbe il sogno di qualsiasi scienziato matto potere vedere realizzarsi le promesse di Cateno De Luca, che costituiscono l’incarnazione più autentica di quel grigiume che la società messinese, se non quella italiana, ha bisogno evidentemente di toccare nuovamente con mano.

Ma è di un qualche interesse anche il fatto che a nessuno dei plaudenti e legalitaristi masochisti-passivi sostenitori del Sindaco interessi comprendere quale sia la natura dell’ingerenza del nostro nella gestione amministrativa di una società come l’Amam, su cui lui potrebbe avere al massimo un potere di indirizzo politico, ma non per l’appunto gestionale. E quale sia il motivo per cui i vertici della società gli lascino la possibilità di rivendicare queste scelte con tali modalità, senza prendersene direttamente la responsabilità e rigettando protagonismi istituzionalmente immotivati.

Ed è altrettanto interessante che un legalitarista come De Luca, meglio un moralista come De Luca, prometta di pubblicare i nomi dei debitori ignorando che le aziende e le istituzioni devono muoversi secondo criteri generali e astratti. La qual cosa implica che la sanzione debba seguire vie amministrative e riservate, proprio al fine di evitare abusi come quelli che il Sindaco ha pubblicamente dichiarato di volere eseguire.

La cosa più triste, ma anche ovvia, è però dovere prendere atto di come una parte di cittadinanza abbia cessato di avere rappresentanza. Di come, cioè, sia riuscito a dividere già ora la società messinese. Nella prospettiva di chi non sia un masochista-passivo, Cateno De Luca non può infatti essere considerato un interlocutore e neanche un pari.

PS. Mentre scrivo in questa domenica dell’Anno Primo deluchista il Sindaco  minaccia i lavoratori di Messina Social City. “Ancora  ci sono alcuni lavoratori o lavoratrici che non hanno compreso che da adesso lo stipendio non si ruba più ma si deve guadagnare ogni giorno, con amore e passione, ringraziando il buon Dio del privilegio ottenuto. A loro dico: attendetevi blitz perché non avrò pietà per nessuno. Chi trasgredisce sarà mandato a casa”. Deresponsabilizzarsi creando nemici. Nemici, naturalmente, posti sempre in basso.

 

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