Dovranno comparire davanti al giudice delle udienze preliminari a fine aprile. Sono 24 persone considerate coinvolte nel clan di giostra attivo nelle corse dei cavalli e in alcuni lidi balneari. Lo scorso giugno infatti la squadra mobile di Messina aveva inferto un duro colpo al fenomeno delle corse arrestando 23 persone. Tra questi spiccavano i nomi di Luigi Tibia, considerato a capo dell’organizzazione e di Pietro Gugliotta, commercialista, all’epoca dei fatti vice presidente dell’Acr Messina. L’operazione scattò dopo che a dicembre del 2015, quando due fantini erano rimasti feriti durante una corsa sul viale Giostra. Il clan di Giostra così come le corse clandestine aveva già subito duri colpi negli anni, dalle operazioni “Piste di Sabbia” a “Gramigna”, a novembre del 2014 otto persone erano state condannate dalla prima sezione penale del tribunale di Messina per usura, estorsioni, traffico di droga, rapine e corse clandestine. Negli anni esponenti del clan di Giostra, da Luigi Galli a Giuseppe Minardo e Giuseppe Mulè tutti arrestati negli anni in varie operazione di polizia e carabinieri.
A comparire davanti al giudice:
Luigi Tibia, Giuseppe Molonia, Paolo Aloisio, Carmelo Salvo, Calogero Smiraglia, Natale Squadrito e Pietro Squadrito, Teodoro Lisitano, Vincenzo Misa, Antonio Musolino, Massimo Bruno, Roberto Lecca, Eduardo Morgante, Luciano De Leo, Paolo Mercurio, Giuseppe Schepis, Santi De Leo, Francesco Forestiere, Pietro Gugliotta (ex vicepresidente Acr Messina), Maddalena Cuscinà, Antonino D’Arrigo, Natale Rigano ( 21 agosto 1981) Natale Rigano (17 settembre 1981), Giacomo Russo.
Di seguito tutti i retroscena degli arresti dello scorso giugno. Non solo corse ma anche lidi balneari come quello sotto il Pilone.
“Una comunione? Un matrimonio”: così Luciano De Leo mostra sorpresa per il trionfo luculliano del banchetto alla festa al Pilone. L’occasione per tanta abbondanza? La festa di compleanno della figlia del boss Luigi Tibia, una festa nel lido sottratto al boss: è, infatti, il settembre 2012 e quel lido è sotto sequestro.
All’ombra del Pilone. O meglio, alla luce del sole. È qui, proprio nel punto più centrale della spiaggia, a pochi metri dal parco letterario Horcynus Orca, che il lido il Pilone veniva gestito dal boss di Giostra, Luigi Tibia – come scrive Manuela Modica sul mensile “S”, edizione di luglio – e dai suoi accoliti. Prima del sequestro giudiziario, e pure dopo. Un bene sequestrato alla mafia solo sulla carta, perché dopo l’atto giudiziario nulla era cambiato, grazie – stando a quanto emerge dall’inchiesta – alla totale connivenza del liquidatore, l’avvocato Giovanni Bonanno, che adesso, dopo l’operazione Totem, che ha fatto scattare gli arresti per 23 persone, è soggetto ad obbligo di firma.
Questo è solo un aspetto, forse il più grave, dell’operazione condotta da polizia e carabinieri congiuntamente, sotto la guida dei sostituti Maria Pellegrino, Liliana Todaro e Fabrizio Monaco che hanno chiesto e ottenuto dal gip Monica Marino, l’arresto di 23 persone, di cui 22 considerati appartenenti al clan di Giostra (dal nome di uno dei più ampi viali del centro-nord). Ai domiciliari, invece, l’avvocato Pietro Gugliotta, vice presidente dell’Acr Messina. Gugliotta liquidatore di altri lidi poco più a nord, precisamente a Mortelle, aveva anche lui favorito Tibia per la gestione estiva di un lido.
Una proliferazione di lidi sulla litoranea nord di Messina che già prima di questa operazione appariva senza controllo alcuno, in barba a regole e norme di vario genere.
Ma il quadro del controllo sul territorio da parte del clan appare adesso molto esteso. Dalle corse clandestine ai centri scommesse, ai video poker, ai lidi e alle discoteche, in Totem, gli investigatori tratteggiano un contesto di illegalità diffusa che nulla pare invidiare alle recenti ricostruzioni televisive. Una Gomorra sullo Stretto che offre spunti al limite del folklore. “Cu curri?”, “Adrenalina”. Prima ancora delle intercettazioni telefoniche e ambientali è un video su youtube a raccontare il fenomeno delle corse clandestine. Il video inizia con una conversazione a due che annuncia la canzone dedicata al cavallo di Tibia: “Ou Luciano, iò scrivia a canzuni”. Una canzone neomelodica dedicata al cavallo di punta della “scuderia” di Giostra, il cui testo fotografa il fenomeno delle corse: “Semu tutti pronti, l’alba sta nascendo, accanto a te quanta folla ci sta, gente in motorino, faciti largo, c’avimmu a passà. Sta vita è na Giostra… Curri Adrenalina, Curri, tutti quanti fai schiattà”.
All’alba di ogni domenica, precisamente tra le 5,30 e le 5,45 come rivelano nel video di youtube, il viale Giostra veniva integralmente occupato, in una carreggiata, da motorini e calessi per la gara, un giro d’affari che riguarda tutta la Sicilia, come si evince dalle intercettazioni: “Veni tutta Palermo”, “Veni puru Catania”. Da tutta la Sicilia, per vincite fino a 40 mila euro. Un fenomeno debellato a giugno 2016 forse solo temporaneamente.
Ma andiamo per ordine.
Beni sotto sequestro ma non troppo. Il tre giugno del 2012 gli investigatori intercettano il boss di Giostra, Luigi Tibia: “Il lido deve restare aperto e non c’era nessuno ormai questo si ma domani in poi deve restare aperto…che fate scherzate… se viene una persona alle dieci che ci dici il lido è chiuso?”. Così parla con Buonasera, preoccupato che non ci siano entrate al lido, e continua impartendo ordini: “caricate i bigliardini”, “Mettevate un po’ di musica e poi quelli venivano e almeno 50 euro le guadagnavamo”.
Si accontenta di poco Tibia, sebbene quel poco potesse entrare nelle sue disponibilità nonostante nel 2011 fosse stato sottoposto a giudizio immediato proprio per l’inchiesta sulla gestione di quel lido. Il sostituto Fabio D’Anna, aveva chiesto il giudizio immediato per Tibia, la moglie, Maddalena Cuscinà (tra gli arrestati di Totem) e Edoardo Puglisi, considerato prestanome. A Luglio del 2010 l’operazione della Dda aveva fatto scattare gli arresti di Tibia e Puglisi mentre Cuscinà era andata ai domiciliari, il lido era stato posto sotto sequestro assieme a due supermercati.
Dalle autorizzazioni demaniali all’assenza di un controllo su certificati di legalità fino all’amministratore giudiziario: una rete di connivenze e assenze che favorivano il clan nonostante l’iter giudiziario (conclusosi con sentenza passata in giudicato nel 2015 e relativo passaggio da sequestro a confisca), la figlia del boss festeggiava nella struttura il compleanno, un compleanno tanto sfarzoso da sembrare un matrimonio, come si evince dalle conversazione tra Luciano de Leo, titolare assieme a Tibia della società Ti.De srl e la fidanzata Daniela Carrieri il giorno dopo la festa: “Minchia ma bella festa è stata ah, gli ha fatta una bella festa sai alla bimba…”, racconta De Leo alla fidanzata, e continua: “Mangiare non ti dico e non ti dissi cose dell’altro mondo dico…e involtini di melanzane e involtini di zucchine peperonata pasta fredda .. paste fate fredde .. risotto freddo”, perciò lei chiede se si trattasse di una comunione e lui eloquentemente risponde: “Una comunione? Un matrimonio…”.
E il gip Monica Marino, lo verga nero su bianco nell’ordinanza: “Alla concreta gestione da parte del Tibia del lido, può ribadirsi che è stato l’avvocato Bonanno a consentirglielo, senza frapporre alcun ostacolo, ma anzi agevolandolo”.
Ma Bonanno non è “senza pensieri”, come si evince dall’ordinanza, inizia a preoccuparsi: “E figlioli però se vengono… se stamattina vengono questi qua dell’ispettorato del lavoro a me mi fanno la denuncia penale e ci sono 24 mila euro di multa… chi cazzo li paga poi”. E ancora: “Cioè sarei tentato di dirvi stamattina non apriamo.. perché questi se spuntano spuntano stamattina … a questo punto penso che arriveranno a cascata uno dopo l’altro, sarei tentato di dire stamattina non apriamo.
Era il 6 giugno 2012, contestualmente altre persone mostravano interesse per il lido, come per esempio Enrico Pistorino , interessato per conto del Comitato Addio Pizzo, del quale è presidente. Organizzazione di eventi come congressi, feste per la raccolta di fondi, dibattiti sul tema della legalità per le quali Bonanno non si mostrava contrario ma rallentava le trattative. Pistorino però si era “reso conto della presenza all’interno dello stabilimento in qualità di dipendenti – si legge nell’ordinanza – delle stesse persone che lavoravano e gestivano l’attività prima del provvedimento giudiziario di sequestro, il Pistorino aveva subordinato la stipula della convenzione alla sostituzione di tutto il personale allora impiegato”. Bonanno negava il suo assenso ma solo, a suo dire – secondo quanto riportato da Pistorino – “il Tribunale lo aveva autorizzato a continuare l’attività con il personale già esistente”. Per ben due stagioni quindi Addio pizzo ha provato a mettere le mani sul lido sequestrato alla mafia, senza riuscirci “per i continui rinvii per i motivi più banali da parte dell’amministratore”.
Il lido il Pilone avrà alla fine vite breve: l’autorità giudiziaria non concede le autorizzazioni all’amministratore. Poco dopo del lido il Pilone non resterà più traccia, perciò gli interessi di Tibia si sposteranno verso altri lidi. E verso altri amministratori.
Il nuovo lido nell’interesse di Tibia è all’interno dell’antica e nota struttura “il Giardino delle Palme”. È in stato di liquidazione coatta. A gestire la delicata fase dell’impresa, Pietro Gugliotta, avvocato molto noto in città soprattutto per il ruolo nella squadra di calcio: è il vicepresidente dell’Acr Messina. Una struttura gestita dalla società cooperativa Garbialdi srl. adesso sotto la responsabilità dell’autorità giudiziaria ma non è un problema per Tibia, stando alle sue parole, intercettate il 9 febbraio del 2014: “Vabbè che fai me l’ho sequestri? mettitelo in culo! Fammi fare la stagione a me!! me lo voglio prendere io!! ho visto l’affare, ci voglio vedere, arrivederci… qual è il problema? Ho pensato, io parlando con te, mi farei una società con uno, che cazzo me ne fregherebbe, il problema qual è! mi sequestri il 10 per cento mio? Dico, è affitto!”.
Gugliotta in realtà aveva individuato un’altra persona per la gestione del lido, anzi dopo un’asta andata deserta aveva proposto ad Antonella Puglisi di gestirlo assieme. Un accordo quasi concluso ma poi Tibia manifesta il suo interesse a Gugliotta. Questi dapprima si mostra infastidito ma poi prende ad “accarezzare la tigre”. Di fatto dalle conversazioni intercettate sull’auto del liquidatore,
pare gestire accordi contemporaneamente con tre persone: la terza è un imprenditore molto noto sullo Stretto nel settore della ristorazione, ovvero Gianfranco Colosi. Quest’ultimo inizialmente manifesta interesse per la struttura per farne un centro per migranti.
Gugliotta parla con tutti, media. Nel frattempo Puglisi si tira indietro e infine arriva il momento dell’asta pubblica, non senza un attento controllo della situazione da parte del liquidatore. Nell’approssimarsi della gara per la gestione dei due lidi, Gugliotta è a conoscenza della somma che offrirà Colosi e informa Tibia al riguardo che tramite la Ti.de. srl otterrà il lido piscina per 12 mila euro: niente più che una giocata domenicale alla corsa dei cavalli, magari grazie a una prodezza del purosangue Adrenalina.
“Comandiamo tutta la Sicilia domenica”. A parlare è ancora Tibia, questa volta è un altro il fronte di interesse: le corse clandestine. Un evento ormai consolidato nel tempo che raccoglieva persone da tutta la Sicilia per una stima di 10 mila avventori: “Ma che fai scherzi? – chiede Tibia – Ti dico che c’è l’inferno, se non c’è pure tre quarti di Questura e Carabinieri e riempiono tutto e non fanno correre: ci sarà il fuoco, ci sarà”.
I numeri del giro di affari si leggono in una conversazione tra Calogero Smiraglia, detto Carlo e Luigi Tibia: “ Noi dobbiamo pensare che sono 15.000…”, sostiene Tibia parlando del monte premi.
Un’attività cospicua delle forze dell’ordine che per la prima volta sono “in grado di stabilire che le scommesse sulle corse sono gestite dall’organizzazione mafiosa – ha spiegato il capo della squadra mobile, Giuseppe Anzalone – mentre finora non avevamo potuto stabilire questo nesso, questo significa che le corse clandestine non sono solo un fenomeno di folklore che non si riesce a rimuovere perché è un costume sotto culturale, è invece un fenomeno mafioso”. Ad emergere negli atti anche il maltrattamento dei cavalli, sottoposti a cure di sostanze dopanti per aumentare le prestazioni, mentre grande attenzione era posta anche alla tappezzeria dei calessi, come quella della nota griffe: “Ma lo sai che gli sta bene la mascherina di Piero Guidi?”.
Detenzione di armi, video poker, centri scommesse, corse clandestine: un giro d’affari corposo ma la provenienza delittuosa del denaro ne complicava la fruizione. Nessun problema irrisolvibile tuttavia neanche qui. Secondo gli inquirenti l’imprenditore Carlo Smiraglia, infatti, avrebbe messo a disposizione del clan di Giostra le proprie attività – varie nel centro cittadino e in continua apertura e chiusura – per consentire il riutilizzo del denaro. Infine anche punizioni al limite del sequestro di persona. Sempre Tibia, stavolta con Luciano De Leo, avrebbe costretto un giovane a restare un’intera settimana all’interno del lido Park: il ragazzo aveva commesso dei furti e andava punito.
Intimidazioni e controllo del territorio, perfino in barba all’autorità giudiziaria: è questo il contesto sconfortante che emerge dall’operazione della squadra mobile e del comando provinciale dei carabinieri. Se non una Gomorra, di sicuro il far west.
Un’inchiesta a tappeto, da un lato il capo della squadra mobile, Giuseppe Anzalone, il vice Giuseppe Oliveri e gli uomini dell’Anticrimine. Dall’altro il nucleo operativo dei Carabinieri guidati dal maggiore Ivan Borracchia. Per un risultato corposo: Sono 68 indagati di cui 23 arresti, e un obbligo di firma. Un colpo netto al cuore del clan di Giostra. L’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip, Monica Marino, su richiesta del capo della Procura, Guido Lo Forte e dei sostituti, Maria Pellegrino, Liliana Todaro e Fabrizio Monaco riguarda presunti esponenti dell’associazione mafiosa di Messina ritenuti responsabili di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, detenzione illegale di armi, esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa, corse clandestine di cavalli e maltrattamenti di animali e altro, aggravati dalle modalità mafiose.
Un’operazione denominata Totem che era già stata annunciata dal questore Giuseppe Cucchiara lo scorso dicembre, quando due fantini erano rimasti feriti durante una corsa sul viale Giostra. Le sfide avvenivano di domenica all’alba, paralizzando la viabilità cittadina in alcune arterie centrali, gli animali una volta finito il loro utilizzo venivano lasciati morire in zone poco esposte.
L’avvocato Salvatore Silvestri, legale di Pietro Gugliotta aveva voluto chiarire lo scorso luglio: “Siamo fiduciosi si chiarirà la trasparenza con le quali il dottore Gugliotta ha proceduto all’affidamento nella sua qualità di commissario liquidatore della scoietà cooperativa Garibaldi srl. Alla Ti.de. srl, oggi ritenuta riconducibile a Luigi Tibia, della struttura con piscina sita in Mortelle. L’affidamento è infatti avvenuto secondo le procedure previste per legge, e il contenuto delle conversazioni da altri poste in essere è il frutto di estemporanee conseiderazini non aderenti alla realtà, enonpermettono di enucleare condotte o comportamenti illeciti dallo stesso posti in essere”.