MESSINA. Dalla mezzanotte di oggi, venerdì 8 Aprile 2022, è in uscita su tutte le piattaforme digitali il terzo album della rockband messinese Bar Bonderoso, a cura dell’etichetta discografica Brutture Moderne. “Siamo tutti brutti” è un disco di 5 tracce, tecnicamente un Ep, scritto per lo più durante un periodo particolare come quello del primo lockdown che, nonostante le mille difficoltà, non è riuscito a congelare il continuo flusso creativo e la necessità di far musica dei rocker siciliani. Un disco maturo e puntuale, che rispecchia in toto lo stile fresh stoner in purezza della band e promuove a pieni voti la nuova formazione.

I Bar Ponderoso nascono nel 2015 come duo composto da Luca Anello (batteria e percussioni) e Manuel Bisazza (voce, basso e cori), a cui a partire dal 2019, per soddisfare l’esigenza di sentirsi ancora più globali e completi, si unisce Rosario Lo Monaco (chitarra e tromba). «Più che un’Ep, mi piace definirlo un disco di cinque pezzi, proprio per dare ancora più importanza e spessore individuale ad ogni canzone. C’è un ritorno agli Ep, ma soprattutto, finalmente, un ritorno all’ uscita dei singoli. Abbiamo cercato infatti di concentraci molto sui singoli brani e la loro uscita, proprio per rimarcarne l’importanza ed evitare che poi, inseriti in un album con troppi pezzi, gli altri finissero nella cosa del disco. Così invece si riesce a mettere a fuoco per bene ogni traccia, per poi arrivare ad una totalità d’ ascolto completa. E mi piace anche l’idea di stamparlo solo in vinile e musicassetta! Sarebbe bello se la gente la musica se l’andasse a cercare come accedeva una volta. Se andasse a curiosare ed ascoltare gli artisti spontaneamente, senza ricorrere al click del link spammato e suggerito nelle storie instagram per esempio. Forse noi musicisti dovremmo focalizzarci più sulla comunicazione e spronare gli ascoltatori, o almeno i più pigri, a tenere sempre accesa la curiosità con una continua attività di ricerca», sottolinea Luca.

Cinque brani, dunque, con la partecipazione di Filippo La Marca (tastiere, synth e orchestrazioni), che “vogliono colpire in faccia, rimbambire, dare una scossa, lasciare qualcosa di forte a chi ascolta, che per noi rappresentano una svolta della nostra piccola storia” racconta la band, che dalla provincia di Messina, per esattezza asse Villafranca-Torregrotta, dopo un periodo di rodaggio in città, ha scelto Milano come sede definitiva, senza mai smettere di raccontare le storie del Sud e di chi vive al Sud.

Nei mesi scorsi l’uscita dei singoli “OKOKOK”, mantra ipnotico e ossessivo che vuole essere un aiuto ad accettare, comprendere e superare l’ansia e la paranoia, e “Marshmallow”, sinuosa power ballad incentrata su una spietata critica alla società attuale ed al consumismo persino relazionale, avevano fatto arrivare un chiaro assaggio di quello che sarebbe stato il cuore pulsante del disco. Un complesso ma diretto mix di sonorità graffianti e potenti, intrecciate a storie intime ed evocative, per un risultato finale che è un vero concentrato esplosivo di riflessioni personali con uno sguardo critico verso se stessi e gli altri. Una sorta di seduta psicanalitica dalle sonorità underground ed alternative, che prende più le sembianze di un dialogo introspettivo di chi si guarda allo specchio ed analizza il proprio io, la propria immagine e la realtà che ci circonda, sentendo poi il bisogno di gridarlo al mondo intero per aprirgli gli occhi, grazie alla spinta di un energico sottofondo incalzante ed irriverente a cassa dritta, pedali pestati, potenti rullanti e bassi distorti.

“S.T.B”, title track del disco, è un supersonico treno punk che, tra chitarra, basso e batteria in faccia, ed orchestrazioni di archi e stacchi trap, è in grado di rimproverare noi stessi e tutti gli altri, nessuno escluso. Al punk/grunge potente secco, dal finale epico e pomposo, ci pensa “Kenjataimu”. Più che una canzone, una metafora indispensabile per fare un bilancio della propria vita, partendo in primis dal titolo che cita l’espressione giapponese usata per definire l’attimo refrattario di riflessione per eccellenza dell’uomo, che avviene dopo aver avuto un orgasmo, e che rappresenta il suo momento di massima obiettività. A chiudere l’Ep ci pensa il pezzo “Gravità Zen (zero)” che “decanta la nostra città d’origine, Messina. Pieno di richiami al rock’n’roll degli anni ’60 e ’70. È il brano più “vecchio” del disco, il primo composto dalla nuova formazione in trio.” spiega la band, in trepidante attesa di poter definire le date le tour e suonare live il nuovo lavoro in giro per l’Italia.

Se fare rock in un paese non solo prevalentemente pop, ma che sta attraversando un periodo storico problematico, pesante e dall’inevitabile crisi socio-culturale, sembra un ardua impresa, i Bar Ponderoso non solo ci riescono benissimo ma danno prova di essere più che consapevoli e padroni delle loro scelte artistiche, e di sapersi destreggiare, con uno stile dalla forte identità e personalità, tra testi e costruzioni armoniche mai banali, ricordandoci che la vita andrebbe vissuta “hardcore” a tutte le ore.

 

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