MESSINA. Ci voleva lo spettro dell’Hotspot a Messina perché la destra, sminuzzata negli anni in tante anime numericamente irrilevanti, ritrovasse coesione e motivo di compattezza. La “reunion” la officia Pippo Trischitta, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, che è riuscito a far sedere attorno ad un tavolo la dozzina di componenti della destra messinese in tutte le sue sfumature, da quella “governativa” di Forza Italia, a quella che aspira a diventarlo di “Noi con Salvini”, dalla “scuola politica” fino alla federazione del “Movimento polo sovranista”, che raccoglie, da Vento dello Stretto in poi, le anime più radicate della parte politica.

Dall’inizio, sulla sala aleggia quella sensazione da excusatio non petita che tutti, ma proprio tutti gli intervenuti ci tengono a sottolineare: “Non è una questione di razzismo, o di colore della pelle, è una questione di dignità per chi è ospitato e per Messina che li ospita”, hanno sostenuto, chi più convintamente chi molto meno.

Non che fosse un mistero, ma la posizione di tutti è diametralmente opposta a quella dell’amministrazione, e converge solo sul no alla struttura. “Gli Hotspot dovrebbero realizzarli nelle città del nord, strutturate, sovvenzionate e con servizi sociali che funzionano”, ha spiegato Pippo Trischitta, che da buon “maestro di cerimonia” è intervenuto per primo, rompendo il ghiaccio e prendendo per primo la parola.

Giusto due frasi, poi lascia spazio a Piero Adamo, che esce esce subito fuori tema e  si sofferma sulla novità della rete creata dai movimenti. Poi rientra: “Fughiamo subito ogni dubbio, non vogliamo essere tacciati di razzismo o xenofobia – premette – un lager come l’Hotspot mortifica la dignità umana, lo abbiamo visto al Palanebiolo, e Messina – aggiunge – è una delle città più generose e solidali d’Italia. Il tessuto sociale di questa città non potrà sopportare il carico di un hotspot, siamo contrari solo per questo. E’ un problema che non può essere scaricato sugli enti locali e sulle regioni più deboli come la Sicilia, va affrontato a livello europeo”. Concetti espressi in maniera simile anche da Silvano Arbuse, che rientra nell’agone politico col Polo sovranista (al quale ha aderito anche Vento dello Stretto): “La Sicilia da sempre è stata terra di accoglienza e di mescolanza delle razze, quindi sgomberiamo il campo da ogni ombra di razzismo. La nostra protesta non ha nulla a che fare col colore della pelle, ha a che fare con l’opportunità di una struttura che in una città nelle condizioni economiche e sociali in cui è Messina, non ha il minimo senso.

A Luciana Verdiglione, segretario provinciale di Noi con Salvini, di essere presa per razzista non gli importa poi moltissimo: “Ricordiamoci che gli immigrati sono anche portatori di malattie. L’accoglienza è solo ai fini di business – spiega – sulla pelle di quei poveri immigrati”. Ci pensa sopra un attimo prima di trovare un termine confacente, poi passa la parola a Giampiero Venuti, Scuola politica (che fa capo all’ex parlamentare Carmelo Briguglio): “Questa povera gente si aspetta delle risposte che Messina non è in grado di dare nemmeno ai propri cittadini. Questa struttura non serve a nessuno, ne a Messina ne ai migranti”. Sul tasto europeo batte anche Dino Melluso, Federazione Nuova Destra: “Il problema dell’accoglienza va risolto a livello europeo. Umanamente siamo vicini ai rifugiati, ma il problema non può ricadere sulle spalle degli enti locali”.

Un punto di vista diverso lo offre Ferdinando Croce, ex consigliere della quinta circoscrizione e animatore di Vento dello Stretto: “Nei piccoli comuni si è ragionato in maniera molto più efficiente, nell’ottica del reinserimento dei minori e del recupero degli immobili. L’hotspot non risponde a nessuno di questi criteri”.

Chiudono Daniele Travisano, consigliere della quarta circoscrizione e Alberto De Luca, in passato nel Pdl: “Non si capisce esattamente che tipo di accoglienza il governo vuole dare – spiega Travisano – a Messina stanno sorgendo centri di prima accoglienza all’interno di strutture condominiali”. Lo conforta subito De Luca: “il centro di Cristo Re non si farà – annuncia, prima di illustrare un modello che funziona – Il fiore all’occhiello dell’accoglienza sono i Rogazionisti, dove c’è la volontà di reinserire gli ospiti, non di ghettizzarli”. In chiusura, Pippo Trischitta ha un’intuizione di fantapolitica: l’hotspot a Bisconte in cambio dell’ex ospedale militare per il secondo palazzo di giustizia.

Che aspetto ha la destra unita? Uguale a quello della destra divisa, più o meno. Ci sono posizioni che non sembrano conciliabili, alcune espresse in maniera molto diversa, si nota la differenza tra chi fa e ha fatto politica e chi si affaccia per la prima volta a ruoli che vorrebbero diventare istituzionali, e Fratelli d’Italia con Elvira Amata si è subito tirato fuori, spiegando che la questione va risolta a livello nazionale. Il collante di tutto, oggi, è l’Hotspot, domani chissà. Alla prima prova, infatti, la destra unita ha dimostrato di non esistere. Alla raccolta di firme per la candidatura di Nello Musumeci alla presidenza della regione, ad occuparsene sono stati solo il “Polo sovranista” e Scuola Politica. Le firme? Più o meno cinquecento.

 

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