Fabrizio Augimeri, classe ’82, è nato e cresciuto a Messina dove dopo il diploma al Liceo Scientifico Seguenza si è laureato in Scienze della Comunicazione con il desiderio di proseguire gli studi a Roma. Così arrivato nella Capitale frequenta contemporaneamente la scuola di giornalismo e la specialistica in Editoria e Giornalismo alla LUMSA, e una volta specializzato e diventato giornalista professionista, dopo varie esperienze lavorative (ufficio stampa per un Comitato referendario sulla legge elettorale, caporedattore di una redazione romana e conduttore del Tg Roma in una televisione locale laziale e poi per un settimanale generalista) arriva la grande occasione di iniziare a collaborare con Il Sole 24 Ore dove, per quattro anni, si è occupato di economia. Un’ esperienza fondamentale che l’ha portato a lavorare a stretto contatto con il professore Renato Brunetta e a cogliere l’opportunità di entrare a far parte del suo ufficio stampa. Un’ occasione, dunque, che ha rivoluzionato sua vita professionale innescando una forte passione per il campo della comunicazione istituzionale. Ad oggi Fabrizio, che nonostante gli intensi ritmi lavorativi non rinuncia mai ai suoi hobby come la corsa, la produzione home made di birra artigianale e il dilettarsi in cucina con le ricette tipiche della tradizione messinese, infatti, è stato riconfermato portavoce di Roberto Occhiuto, Presidente della Regione Calabria e vice-segretario nazionale di Forza Italia, e si divide tra Roma e Catanzaro, con un pezzetto di cuore che non abbandonerà mai Messina.
Com’è scattata la scintilla con il mondo del giornalismo?
“Ho capito molto presto cosa volessi fare nella vita. Più o meno in seconda media avevo già chiaro che volevo raccontare, comunicare, scrivere. Volevo fare il giornalista. La scintilla è arrivata quando, insieme a un gruppetto di amici, fondammo il giornalino della scuola. A 18 anni conobbi un giornalista della Gazzetta del Sud al quale mostrai alcuni miei scritti. Lui mi indirizzò verso una piccola redazione giovanile, “Dag Press”, diretta da Davide Gambale. Fu lì che capii davvero cosa fosse la vita di redazione. Mi occupavo soprattutto di sport: partite di seconda e prima categoria, promozione, eccellenza; qualche pezzo sul basket, qualche cronaca di corsa su strada. In quegli anni, insieme a Gambale, c’era anche Marco Capuano, oggi alla Gazzetta del Sud, e ricordo con simpatia anche Antonio Caffo. Furono i primi a instradarmi davvero in questo mondo. Grazie a quelle esperienze, poco dopo i vent’anni diventai giornalista pubblicista: una palestra fondamentale.”
Com’ è iniziato tutto?
“La scuola di giornalismo a Roma rappresentava un orizzonte che volevo raggiungere a tutti i costi. E quando finalmente ci arrivai, fu un’esperienza incredibile. I professori erano ex direttori o caporedattori delle principali testate italiane. In quegli anni ebbi anche la possibilità di fare esperienze straordinarie: al Tg1, all’ANSA politico-parlamentare, a Radio Monte Carlo. Proprio il periodo all’ANSA consolidò definitivamente la mia passione per la politica. Dopo essere diventato giornalista professionista, ho fatto diversi lavori: un ufficio stampa per un Comitato referendario sulla legge elettorale, poi per un anno caporedattore della redazione romana e conduttore del Tg Roma in una televisione locale laziale, poi un settimanale generalista. Infine arrivò una grande occasione: iniziare a collaborare con Il Sole 24 Ore. Per quattro anni mi sono occupato di economia, tra Lazio e nazionale. È stato anche grazie al lavoro al Sole che conobbi il professor Renato Brunetta. E così, quasi all’improvviso, arrivò quella telefonata che cambiò l’ordine della mia vita.”
Cosa accadde dopo quella telefonata?
“Era il dicembre 2009 sostenni il colloquio con il ministro Renato Brunetta. Andò molto bene: mi disse di trascorrere il Natale in famiglia e di presentarmi il 2 gennaio per iniziare a lavorare insieme. Così entrai nel suo staff, all’interno dell’ufficio stampa e della comunicazione istituzionale. Quel governo, guidato da Berlusconi, cadde nel novembre 2011. Successivamente, continuai la collaborazione per un anno e mezzo durante il governo Monti, fino al 2013, quando Brunetta divenne capogruppo di Forza Italia alla Camera e mi nominò capo ufficio stampa del gruppo parlamentare e suo portavoce. Successivamente, nel 2018, Mariastella Gelmini divenne capogruppo di Forza Italia alla Camera e mi confermò nel ruolo di capo ufficio stampa e portavoce. Con la nascita del governo Draghi, Mariastella Gelmini venne nominata ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie e mi propose di seguirla come portavoce e capo ufficio stampa al Ministero, un’esperienza molto intensa in un governo di unità nazionale guidato da una personalità come Draghi. Contemporaneamente, il parlamentare calabrese Roberto Occhiuto, che conoscevo da anni e con il quale avevo costruito un bel rapporto di stima reciproca, divenne capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, e mi chiese se volevo diventare anche il suo portavoce. Così, per più di un anno, ho avuto la responsabilità unica di gestire contemporaneamente la comunicazione di un ministro e di un capogruppo di maggioranza, un’esperienza impegnativa ma incredibile. Nell’autunno del 2021, Roberto Occhiuto vinse le elezioni in Calabria e diventò presidente della regione, e io entrai a far parte del suo staff come portavoce. Governiamo per quattro anni, ottenendo risultati che la Calabria non vedeva da decenni. Due mesi fa, abbiamo rivinto le elezioni regionali con il 57% dei consensi, in maniera netta e ampia: Occhiuto è stato confermato, diventando il primo presidente nella storia del regionalismo calabrese a poter fare due mandati consecutivi.”
Esattamente di cosa ti occupi e come si svolge il tuo lavoro?
“Il mio ruolo è quello di curare la comunicazione tradizionale e istituzionale del mio presidente, così come in passato ho fatto per ministri e capigruppo. Scrivo dichiarazioni e articoli, preparo interventi, fornisco spunti per interviste e gestisco la loro presenza sui media televisivi, radiofonici, sulla carta stampata e online. Monitoro costantemente i giornali, le agenzie di stampa e l’informazione digitale per intercettare notizie rilevanti e opportunità di comunicazione, o di reazione. Nel caso del mio presidente, il suo ruolo è duplice: guida della Regione Calabria e vice-segretario nazionale di Forza Italia. Pertanto seguo sia la politica e i fatti locali, sia quelli nazionali, con l’obiettivo di raccontare in modo chiaro e positivo le azioni della Regione e il lavoro del governatore, garantendo che la sua figura emerga anche nei temi chiave del dibattito politico nazionale.”
Cambieresti qualcosa del tuo percorso professionale?
“Ho iniziato con la grande determinazione di diventare giornalista. La mia aspirazione era inizialmente quella di fare il giornalista economico, e poi, quasi per caso, mi sono trovato a fare comunicazione istituzionale. Non tornerei mai indietro: amo profondamente quello che faccio. Il giornalismo è bellissimo, ma la comunicazione politica lo è di più. Non mi ritengo un fuoriclasse, non sono un “Maradona” della comunicazione, ma posso definirmi un “Ringhio Gattuso” della comunicazione: una persona che non molla mai, che lavora 16 ore al giorno, che si sveglia alle 5:30 per leggere i giornali, sempre sul pezzo, sempre disponibile per scrivere un articolo, una dichiarazione, per verificare una fonte, per fare le giuste telefonate. Sono ormai più di 15 anni che lavoro nella comunicazione istituzionale. Non conosco più il significato della parola “vacanza”, non perché non mi conceda ferie o viaggi, ma perché la dedizione al lavoro è talmente radicata che, anche quando sono in ferie o in viaggio con la famiglia, una parte della mia giornata è sempre dedicata al lavoro. Nei primi anni, questa intensità mi generava ansia: avere impegni di lavoro il sabato o la domenica era pesante. Oggi, invece, tutto questo è diventato naturale; fa parte della mia quotidianità, come pranzare o fare la doccia.”
Il mondo della politica ti è sempre interessato?
“Il mondo della politica mi ha sempre affascinato: lo seguo con passione sin da quando avevo quattordici o quindici anni. Ai tempi del liceo ero già impegnato politicamente: non dirò mai in che modo, neanche sotto tortura. Sognavo di fare il giornalista: da bambino volevo fare il giornalista, da ragazzo volevo fare il giornalista. Poi, crescendo e muovendo i primi passi nella professione, mi sono reso conto che la comunicazione politica e istituzionale era un campo estremamente variegato, stimolante, divertente, e soprattutto capace di offrire maggiori opportunità di crescita rispetto al giornalismo. Così, quando ci sono entrato, quasi per caso, non ne sono più uscito.”
Come spiegheresti a un bambino che cos’ è la politica?
“Beh, io a un bambino direi che in fondo “tutto è politica”. Aristotele diceva che “l’uomo è per natura un animale politico”, e in effetti, senza accorgercene, sin da piccoli facciamo politica ogni giorno. Quando a scuola decidiamo con i compagni quale gioco fare, o chi vogliamo nella nostra squadra per giocare a palla avvelenata: stiamo già facendo politica. Quando pratichiamo uno sport e impariamo a stare in gruppo, quando in famiglia discutiamo e troviamo soluzioni, quando scegliamo come comportarci con gli amici: tutto questo è politica, perché riguarda il modo in cui viviamo insieme agli altri. Nella vita di ciascuno di noi c’è un po’ di leadership, un po’ di collaborazione, un po’ di decisioni condivise. Anche se non ce ne rendiamo conto, ogni giorno compiamo piccoli atti “politici”.”
Com’ è cambiata la politica con l’arrivo dei social?
“Negli ultimi vent’anni la comunicazione politica è cambiata radicalmente. Dapprima con la diffusione massiva di internet anche sui dispositivi mobili, e poi con la vera e propria esplosione dei social network. Quando ho iniziato si mandavano ancora i comunicati via fax e le agenzie di stampa avevano i dimafoni per dettare le notizie. Oggi tutto è molto più veloce: le notizie nascono, crescono e spesso si esauriscono nell’arco di poche ore. Per questo è fondamentale avere tempi di reazione rapidissimi e capacità immediate di definire e diffondere il messaggio che si vuole comunicare. I social media rappresentano uno strumento straordinario perché consentono a chi fa politica di entrare in contatto diretto e senza filtri con il proprio “pubblico di riferimento”. Niente intermediazioni: messaggi diretti e la possibilità di dialogare con i cittadini senza passare dai canali tradizionali come la carta stampata, la televisione o le agenzie di stampa.
Quali sono le differenze tra la politica vista e seguita da fuori e vista e seguita dall’interno?
“Tutti i personaggi pubblici – politici, cantanti, calciatori, grandi manager o imprenditori – hanno una vita pubblica e una vita privata. Lavorando all’interno dell’ingranaggio della politica, ho avuto spesso l’opportunità di apprezzare e comprendere meglio queste personalità, conoscerne il carattere, i punti di forza e anche le fragilità. Nel mio lavoro è fondamentale entrare in totale sintonia con la persona che si segue, perché solo così si può raccontarne al meglio l’azione e le scelte. La politica vista dall’interno è molto affascinante: a volte segue dinamiche precise, altre volte più anarchiche, ma spesso ci sono riti e regole non scritte che si ripetono periodicamente, soprattutto in contesti come il Parlamento. Osservarla prima da giornalista e poi viverla da addetto ai lavori mi ha permesso di conoscere entrambe le facce di questo mondo, di soppesare pregi e difetti e di integrare questa conoscenza nel mio lavoro quotidiano. È un bagaglio professionale che considero prezioso e insostituibile.”
Tre momenti più significativi che hai vissuto nella tua carriera
“Un momento storico molto importante che ho vissuto in prima persona è stata la rielezione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella primavera del 2013. L’elezione nella quale i famosi 101 affossarono Romano Prodi. Da lì nacque la leadership di Matteo Renzi all’interno del Pd, con la “rottamazione” della ditta di Bersani e dei suoi alleati. Vivere quel momento in Parlamento è stato davvero impressionante e politicamente drammatico. Un altro episodio significativo è stata la vittoria del referendum costituzionale del dicembre 2016, contro la riforma di Renzi. All’epoca seguivo Renato Brunetta, che fu uno dei più acerrimi oppositori della riforma. Ho vissuto quei mesi in maniera intensissima. Un retroscena privato legato a quella fase: mi sposato a fine settembre 2016 e ho rinviato il viaggio di nozze al periodo natalizio proprio per seguire pienamente la campagna referendaria. Infine, ma questo non è un episodio, ho avuto la possibilità di conoscere Silvio Berlusconi. Mi considero davvero fortunato: sono un ragazzo di provincia, figlio di un impiegato dell’Enel e di un’insegnante di italiano alle medie, e ho avuto l’opportunità di lavorare con uno dei personaggi più straordinari della storia politica, imprenditoriale, sportiva e manageriale del nostro Paese. La sua scomparsa ha segnato la fine di un’era.”
Tra i politici che siamo abituati a vedere in tv tutti i giorni quali sono quelli più autentici, quelli più introversi che magari fanno uno sforzo nello stare davanti alle telecamere e quelli che invece amano particolarmente comunicare in prima persona?
“Una massima andreottiana che utilizzo spesso è: “Se non puoi parlare bene di una persona, non ne parlare.” Seguendo questo principio, quello che posso raccontare riguarda persone che ho avuto la possibilità di osservare da vicino e che sono genuinamente come appaiono nella comunicazione pubblica. Una di queste è sicuramente Giorgia Meloni. Nei dieci anni in cui ho lavorato in Parlamento, Giorgia Meloni era l’unica leader a Montecitorio che, nonostante la sua posizione, andava a pranzo con il suo staff nella mensa per i dipendenti, mettendosi in fila accanto agli altri, come una persona assolutamente normale. Credo che il suo successo negli ultimi anni derivi anche da questa spontaneità e vicinanza al popolo: una donna autentica, che non nasconde le proprie origini, e che dà messaggi chiari e semplici. Anche Silvio Berlusconi, nella vita privata come in quella pubblica, era una persona autentica: divertente, saggia, con una parola buona per tutti, amava stare tra la gente, dare consigli e confrontarsi con i giovani. Ha stravolto per sempre la comunicazione politica anche per questa sua personalità forte e carismatica. Un altro esempio è Matteo Renzi: dietro le quinte, nella vita normale, è lo stesso che si vede in televisione, con la battuta pronta, frizzante, irriverente e tagliente. E non simpaticissimo…”
Segui la politica locale messinese? Cosa ne pensi?
“Seguo poco la politica messinese. E dunque non ho abbastanza elementi per dare giudizi. Posso dire che, da messinese che torna in città due o tre volte l’anno, trovo Messina sempre più bella. Ma questo, forse, è un giudizio più affettivo che oggettivo.”
Le due città dove hai per lo più vissuto, Messina e Roma, nel tuo percorso professionale ti hanno più aiutato o ostacolato?
“Messina è la mia gioventù: rappresenta gli affetti, gli amici di una vita, quelli con cui magari ci si sente solo ogni 2-3 anni ma è come se il tempo non fosse mai passato. Messina sono le corse sul lungomare, le prime uscite, i primi amori, le prime cazzate, le dune di Santo Saba, i tramonti sullo Stretto: ricordi bellissimi che porterò sempre con me. Messina non ha ostacolato la mia crescita; al contrario, vivere una giovinezza spensierata in una città di provincia tranquilla mi ha aiutato a costruire il carattere strutturato che ho oggi. Qui ho fatto le prime esperienze professionali, iniziando a fare ciò che amavo. Roma è stata una scelta fortemente voluta e allo stesso tempo difficile: avevo poco più di vent’anni, non conoscevo nessuno, l’ambiente universitario era super competitivo e la città enorme. Ma Roma mi ha accolto, abbracciato e offerto infinite possibilità, e sono felice di aver fatto quella scelta tanti anni fa. Oggi, a dire il vero, c’è anche una terza città nella mia vita: Catanzaro. Essendo portavoce del presidente della Regione Calabria passo diversi giorni alla settimana lì. È una città che sto imparando a conoscere piano piano, e anche lei sta entrando a far parte del mio percorso.”
Qual è il tuo P.S. (Post Scriptum)?
“Il P.S. è dedicato ai ragazzi, a chi sta ancora studiando, a chi si affaccia all’università o al mondo del lavoro. È il consiglio che darei anche ai miei bambini: ho un figlio di 11 anni e una figlia di 7. Ai giovani che guardano al futuro direi: seguite sempre il vostro cuore, il vostro istinto, fate ciò che amate. Ma una volta scelto un percorso, impegnatevi al massimo per raggiungere gli obiettivi che vi siete prefissati. Ponetevi traguardi ambiziosi: anche se non riuscirete a raggiungerli, più è alta l’asticella, maggiore sarà il vostro impegno e più opportunità avrete di fare bene. Affrontate tutto con grinta, determinazione e passione. Non fatevi scoraggiare da chi vi dice “non ce la farai” o “non sei all’altezza”. Il lavoro è l’unica cosa che ripaga nella vita. Forse per questo amo così tanto la corsa: nel running non puoi barare. Se vuoi correre una maratona di 42 chilometri e 165 metri, devi allenarti per mesi, correndo centinaia di chilometri. Non ci sono scorciatoie.”



