MESSINA. La decisione della Corte dei conti, secondo cui MessinaServizi bene Comune (o quale che sarà la prossima società che si occuperà di rifiuti) va privatizzata, non convince Cambiamo Messina dal basso.

“Ci lascia perplessi e preoccupati la notizia che una delibera della Corte dei Conti dichiari che il fallimento di Messinambiente farebbe scattare il meccanismo della Madia e quindi la messa sul mercato del servizio di gestione rifiuti – spiega una nota – Ricordiamo che la Corte dei Conti è responsabile soltanto di valutazioni economiche e finanziarie, mentre le valutazioni politiche spettano sempre ai comuni. Non sappiamo quale sia il quesito che è stato sottoposto, ma abbiamo il sospetto, visto che é da tempo palese l’intenzione del comune di privatizzare MessinaServizi bene comune, che non siano stati forniti alla corte tutti gli elementi utili per esprimere un parere compiuto sulla questione. Ribadiamo, infatti, che Messinambiente nasce come società mista con soggetto privato scelto con gara ad evidenza pubblica e quindi fuori dal perimetro dell’applicabilità del meccanismo della Madia. Messinambiente, che non è una società in house, non ha inoltre avuto dal comune un affidamento diretto del servizio ma tramite ordinanza sindacale in attesa di affidare il servizio in maniera diretta a società in house, secondo quanto previsto dal piano Aro antecedente alla legge Madia, così come appunto è avvenuto con la firma del contratto di servizio il 31 luglio 2017 a MessinaServizi bene comune. Rimaniamo dunque in attesa di leggere l’intero dispositivo della corte dei conti prima di assumere le opportune iniziative per contrastare ad ogni livello (politico, legale e legislativo) la privatizzazione forzata di un servizio così importante per una comunità ed esposto soprattutto in regioni come la Sicilia, ad interessi opachi e/o mafiosi. È infine del tutto evidente l’assurdo teorema della legge Madia che penalizza le gestioni pubbliche a vantaggio del privato, prevedendo un meccanismo sanzionatorio in caso di fallimento della gestione pubblica, meccanismo non previsto in caso di fallimento del privato. Ci riserviamo pertanto anche una iniziativa a livello regionale e nazionale per sollecitare modifiche legislative che garantiscano agli enti locali il potere di decidere la forma di gestione dei servizi pubblici essenziali, in sintonia con la normativa europea e secondo quanto deciso da 27 milioni di cittadini con i referendum del 2011″, conclude la nota.

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