MESSINA. Torna prepotentemente al centro del dibattito la vicenda del secondo Palagiustizia. Dopo l’interrogazione parlamentare del M5s e l’annuncio di un tavolo tecnico, che si terrà a giugno, arrivano le reazioni “contrastanti” da parte di Cateno De Luca e di MessinAccomuna. Il primo è intervenuto su Facebook insieme al vicesindaco Salvatore Mondello, scrivendo che a Roma non è stata presa alcuna decisione e di essere ancora in attesa di risposte: «Riteniamo che sia abbastanza improponibile e surreale proseguire in una scelta che comunque è priva di fondamento tecnico ed economico. E’ stata una valutazione basata su alcuni criteri che potevano essere condivisibili in prima battuta ma che non trovano fondamento sulla scientificità, sulla percorribilità del progetto e soprattutto sulla mancata condivisione totale con gli attori principali del territorio», scrivono.

A stretto giro di posta arriva l’intervento di MessinAccomuna, ovviamente di tenore del tutto opposto:  «Apprendiamo con soddisfazione – scrivono – che, dopo mesi di sollecitazioni esplicite, di valutazioni di documenti, di richiesta di attivazioni parlamentari, il Movimento 5 Stelle ha finalmente rotto gli indugi e chiarito che, a volte, anche in politica il buon senso prevale sull’ottusaggine. Si è perso un anno di tempo per andare dappresso a strane fantasie del Sindaco De Luca, ma finalmente l’interesse pubblico prevale. Ripercorriamo i fatti. Nei primi mesi del suo mandato – scrivono – il Sindaco dichiarava di voler stoppare il protocollo d’intesa sottoscritto tra l’Amministrazione Accorinti, i Ministeri della Giustizia e della Difesa e il Demanio che portava dopo circa 30 anni a soluzione la vicenda della realizzazione del secondo Palazzo di Giustizia a Messina, ponendo fine a una situazione assurda anche per lo spreco di denaro pubblico. Il disegno del Sindaco era di azzerare quell’accordo e spostare la realizzazione dell’opera al parcheggio di via La Farina (è la stessa area oggetto di attenzione da parte di personaggi implicati nell’indagine “Beta”), per un progetto molto più costoso, non finanziato, urbanisticamente incompatibile, di forte impatto sul traffico urbano in una zona già congestionata. Una follia tecnica, amministrativa e burocratica. Arrogandosi competenze ormai non più proprie per legge, su fondi non propri del Comune, il Sindaco metteva nero su bianco questa richiesta in una nota di ottobre 2018 che, per le notizie infondate, rasenta il falso in atto pubblico. Per fare chiarezza sulla vicenda, a inizio gennaio – si legge ancora nella nota – messinAccomuna faceva pervenire a Francesco D’Uva una proposta di interrogazione parlamentare, chiedendo al Ministro della Giustizia di chiarire nella massima sede istituzionale la necessità di attuare il protocollo del febbraio 2017. Il laboratorio sfidava il Sindaco a chiarire oscuri aspetti procedurali e, di fronte a risposte supponenti e insultanti, attivando a inizio febbraio un “accesso civico generalizzato”. La risposta pervenuta un mese dopo evidenziava quanto già denunciato: assenza di ogni progetto, evidenza della incompatibilità del “fosso” col PRG, inesistenza di ogni finanziamento aggiuntivo. Ottenute queste risposte, tornavamo alla carica del Movimento 5 Stelle, ricevendo ancora messaggi di attesa: la lettera di ottobre del Sindaco aveva rallentato l’attività del Demanio, in attesa di una risposta da parte del Ministero della Giustizia che perveniva solamente alcune settimane fa e, su questa base, la Sen. D’Angelo e l’On. D’Uva dichiaravano finalmente, alla vigilia delle elezioni europee, di aver depositato una interrogazione parlamentare per chiarire la vicenda del Palagiustizia».

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