MESSINA. Un’automobile ribaltata e mezza sommersa dalla sabbia. Un’imbarcazione affondata a 40 km di distanza. Mattoni da costruzione, di quelli forati, ma riempiti di cemento. Pneumatici di ogni tipo, marca e misura. Un inquietante bambolotto. E’ quello che, insieme alle meraviglie subacquee e ad un ecosistema unico al mondo, è ospitato sul fondo dello Stretto di Messina, tra 400 e 600 metri di profondità.
Uno studio portato avanti da Martina Pierdomenico, Daniele Casalbore e Francesco Latino Chiocci, tre ricercatori del Cnr e dell’univerità La Sapienza di Roma, che in un articolo pubblicato ieri sul prestigioso sito di divulgazione scientifica Nature.com si sono occupati di mappare i fondali dello Stretto. Trovandoci di tutto.
E’ però l’approccio alla ricerca ad essere inedito. I tre, nella ricerca dal titolo “Massive benthic litter funnelled to deep sea by flash-flood generated hyperpycnal flows” spiegano che “I rifiuti marini rappresentano una minaccia ambientale emergente che colpisce tutti gli oceani di tutto il mondo, compreso i fondale abissali, in cui l’estensione del fenomeno è ancora in gran parte sconosciuta. Riportiamo i modelli spaziali della distribuzione di macro rifiuti all’interno dei canali dello Stretto di Messina (Mediterraneo Centrale), concentrandoci sui meccanismi di trasferimento responsabili della sua collocazione, un’informazione chiave per comprendere meglio la distribuzione dei rifiuti”. In pratica, i tre ricercatori intendono studiare come ci è arrivata, una macchina a due km dalla costa calabrese.
I ricercatori parlando di “trasporto sedimentario dalla fonte al mare molto efficiente”, e di “una forte urbanizzazione dell’area costiera”. In pratica, lo studio si è concentrato sul percorso che i rifiuti compiono dalla terraferma al mare, e tra le conclusioni c’è quella che la spazzatura che in mare è stata trovata dalla telecamera sottomarina pilotata via cavo dalla nave del Cnr Minerva Uno, è portata principalmente dai torrenti e dalle fiumare.
“La peculiare impostazione geomorfologica dello Stretto – si legge nell’introduzione – è caratterizzata da una catena montuosa scoscesa molto vicina alla costa, drenata da brevi e ripidi ruscelli (localmente chiamati “fiumare”) in grado di trasportare un enorme carico durante le inondazioni stagionali che si verificano da anni a decenni, così come da un’alta scoscesità media del fondale marino (10 °) e una fitta rete di drenaggio di canyon sottomarini”.
Quindi, cosa si trova nello Stretto di Messina? “La plastica morbida, rappresentata essenzialmente da buste e sacchetti di plastica, è di gran lunga la categoria più diffusa, rappresentando il 52,4% dei detriti totali, seguita da plastica dura che rappresenta il 26,1%”, si legge nella ricerca. Solo lo 0,9% dei rifiuti trovati deriva da attività di pesca, mentre sul versante calabrese, non si sa perchè, sono presenti molti materiali da costruzione, mattoni e cemento solido, che rappresentano il 3% dei rifiuti. Inquietante il fatto che il 10% del materiale sia ormai “non identificabile” a causa del tempo trascorso da quando è in mare, a testimonianza del fatto che i rifiuti, una volta arrivati a mare, impiegano decenni per scomparire.
Nello specifico, il 53% dei rifiuti osservati è più piccolo di 10 cm, generalmente a causa della frammentazione di oggetti più grandi, mentre il 41% varia tra 10 e 50 cm. Diversi oggetti di grandi dimensioni (superiori al mezzo metro) sono per lo più rinvenuti all’interno dei canali Tremestieri e San Gregorio. L’auto sepolta si trova a 510 metri di profondità nel canale di San Gregorio, mentre quattro piccole imbarcazioni sono osservate nel canale di Tremestieri tra 580 e 520 metri di profondità. Uno di questi è stato identificato come una piccola barca appartenente ad una struttura turistica situata nella costa siciliana, a circa 40 km a sud del luogo del ritrovamento.
Per non farci mancare nulla, nello Stretto di Messina si trovano anche pezzi di elettrodomestici, sedie e tavoli, scarpe, materassi di gommapiuma, bambole e giocattoli, tappetini per auto, piastre, cavi elettrici, annaffiatoi, alberi di Natale in plastica, sedili del water.
[…] da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’Università di Barcellona, in Spagna (in questo articolo di Lettera Emme, invece, i risultati di un altro studio condotto da tre ricercatori svela le vergogna degli abissi […]