“Voi giovani adesso potete dare in prestito il vostro corpo, giocarci, concederlo in un modo che a noi era impossibile. Ma si ricordi che di tutto questo avete pagato il prezzo: quello di un mondo ricco di mistero e di delicata emozione. Non sono solo alcune specie di animali a scomparire, ma anche intere specie di sentimenti. E se siete saggi non compatirete mai il passato per quello che non ha conosciuto, ma voi stessi per quello che il passato ha conosciuto”.

Così uno dei protagonisti del romanzo Il Mago di John Fowles (a mio parere uno dei più bei romanzi del XX secolo). Considerazione che mi induce a riflettere su quelle tante specie di sentimenti che il presente ha smarrito, forse in maniera definitiva.
Avete mai frequentato le pagine facebook delle molte ragazzotte nostrane, che per presentarsi al mondo si fotografano compulsivamente mettendo le labbra a culo di gallina? O si mostrano più o meno scosciate, con il seno più o meno allegramente esibito, magari nell’intimità della loro toilette? O i numerosi maschietti nostrani che ci fanno dono della variegata fantasmagoria dei loro tatuaggi, esibendo muscolature più o meno fotoshoppate? E tutti, uomini e donne, continuamente a mostrarci quanto sia beata la loro esistenza, dato che tutti più o meno ci si presentano ricchi, belli, sempre felici e sorridenti, tutti intenti a dimostrarci che questo loro è il migliore dei mondi possibili? (e a riprova di tale loro felicità se ne fottono allegramente di quanto avviene quotidianamente nel Pianeta).

È chiaro che non faccio di tutta l’erba un fascio. Come sappiamo, il web riserva da sempre tanto le sublimità quanto le porcherie (queste ultime con tutta evidenza estremamente contagiose). Quello che qui mi preme mettere in luce è che in un certo momento della nostra storia (forse colpa del buco dell’ozono, delle multinazionali, della caduta del muro, di Berlusconi, o di qualche altro come lui) tra le specie di sentimenti in via di estinzione ci sono entrati prepotentemente il pudore, il decoro e la riservatezza. E poi, a seguire, l’onestà, il sentimento del tempo, il senso di appartenenza a un luogo. Il coraggio e la passione.
Per gente assuefatta a tirare la carretta per sei giorni la settimana in un clima fatto di precarietà e di angusti orizzonti esistenziali vivere in maniera scomposta, sguaiata, chiassosa e volgare può essere forse un accettabile riscatto da una condizione altrimenti intollerabile, e tuttavia è indubbio che tale liquidità emotiva abbia assunto un peso enorme nella definizione della qualità di vita nelle nostre città.

A Messina la volgarità ha, come ognuno di noi può constatare, molte facce. Si va dalle discoteche impropriamente emanate dai Lidi (che un tempo erano soltanto lidi balneari), rumorose fino alle prime ore mattutine a delizia di chi ha la ventura di viverci vicino in linea d’aria, alle auto abbandonate senza pudore in seconda o terza fila per lungo tempo (senza che un vigile provveda a disintegrarle con l’apposita pistola a raggi atomici la cui adozione suggerisco al Sindaco De Luca), ai sacchetti di spazzatura, ai frigoriferi, lavatrici, materassi, tavoli e sedie e suppellettili varie depositate lungo i marciapiedi da quanti ignorano che esiste un servizio apposito di prelevamento di tali ‘mmarazzi. Evito in questa sede di toccare il tema della volgarità di alcuni politici, amministratori o sedicenti tali.
E le cacche dei cani usate come unico segno pregnante di arredo urbano? E le bottiglie di plastica lanciate dai finestrini delle macchine in corsa? E le barriere architettoniche?

Vediamo ancora altri esempi. Gli atteggiamenti di un manipolo di esagitati che, sventolando striscioni razzisti e xenofobi sugli spalti di uno stadio, credono di comportarsi da sportivi; gli atteggiamenti di chi (parlo per Messina) nelle calde notti d’estate affronta le curve della Panoramica a centoventi all’ora per dimostrare a se stesso di esistere in qualche modo; gli atteggiamenti di chi sevizia i figli o i genitori e quelli di chi gode nell’appiccare incendi: gli atteggiamenti insomma di tutti coloro i quali non si sentono, nel proprio intimo, genere umano, ma avvertono l’esigenza di limitare, ridurre e svilire la propria appartenenza pensandosi bianchi, ricchi, ariani, padani, etc., invece che “soltanto” uomini, vagheggiando cioè un’identità sempre percepita come condizione da far valere contro qualcuno.
Le forme di volgarità qui succintamente richiamate, che in altri tempi sarebbero state oggetto di severa riprovazione sociale (e vi assicuro che in alcune parti d’Europa ancora lo sono), oggi nel nostro Paese e qui, nella nostra città, sono viste come forme innocue di modernità, tutt’al più meritevoli di una risatina imbarazzata o di un’alzata di spalle.
Eppure, è proprio attraverso esse che (come nel profetico La storia infinita) “il nulla avanza”, la sciatteria, il cattivo gusto e la mancanza di cuore guadagnano, implacabile metastasi, nuovi tessuti sani della società.

Siamo ancora in attesa di un Bastian e di un FortunaDrago che giungano a riscattarci dal fango che pian piano ci si avvicina, fino a sommergerci.

 

 

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Cesare
Cesare
13 Agosto 2018 10:36

Articolo stupendo, complimenti a chi l’ha “partorito”; mi permetto di suggerire allo scrittore, soltanto un pizzico di speranza in più, anche per la sua serenità d’animo. Ancora sinceri complimenti, Cesare