MESSINA. Un “centro con carattere espositivo e polivalente, per allestimento di mostre eventi culturali, artistici ed artigianali”. E’ ciò che sorgerà a forte Gonzaga, la fortezza del cinquecento che domina la città dalla collina tra Montepiselli e Camaro, per la quale è previsto un progetto di restauro, rifunzionalizzazione e valorizzazione turistico-culturale, per l’importo complessivo di quattro milioni e 600mila euro, finanziato con fondi del Patto per Messina del 2016: Patto che è stato rimodulato (la somma originaria era di 350mila euro, relativa solo alla progettazione) , ma l’intervento su forte Gonzaga è stato confermato dall’attuale amministrazione portandola all’attuale finanziamento per progettazione e lavori.

Cosa prevede il progetto? In primis i lavori di restauro conservativo, specie delle parti strutturali con valenza storica/artistica. Quindi il recupero funzionale degli ambienti interni con una nuova destinazione d’uso, di carattere turistico/museale: per questo servirà conformare l’intero organismo alle normative tecniche di sicurezza sismica e impiantistica. Poi toccherà al recupero funzionale delle aree esterne al forte: sono previsti, per esempio, nuovi spazi a verde attrezzato e percorsi pedonali con abbattimento delle barriere architettoniche.

Nello specifico le superfici al piano rialzato e piano primo saranno dedicate a spazi per mostre e allestimenti artistici/museali, mentre il lastrico solare sarà dotato di caffè e shop e di altri spazi funzionali. Per rendere accessibili le aree oggetto di riqualificazione, il progetto prevede tra le opere strutturali, la realizzazione di un ascensore, come corpo distinto dal fabbricato storico, per garantire l’abbattimento delle barriere architettoniche del futuro percorso d’accesso al centro documentale che metterà a disposizione della comunità e dei visitatori diverse attività aperte al pubblico.

Il forte Gonzaga costituisce il fulcro del sistema difensivo di Messina nel cinquecento, secondo il preciso obiettivo dell’imperatore Carlo I di Sicilia (V del Sacro Romano Impero) di far presidiare le principali città siciliane, come quelle spagnole, dal pericolo musulmano. Infatti la Sicilia si trovava al centro del conflitto che insorse nel Cinquecento tra l’impero ottomano e quello cristiano e che si concluse nel 1571 a Lepanto con la sconfitta tattica dei turchi.

Delle fortificazioni messinesi esistenti si occupò in un primo tempo Gonzalo da Cordova; successivamente il viceré Ferdinando Gonzaga assunse Ferramolino da Bergamo, notissimo ingegnere militare dell’epoca. L’attività svolta da Ferramolino si svolge quasi contemporaneamente a quella del Sammicheli, dei fratelli Sangallo e del Di Giorgio: di quegli architetti militari rinascimentali, insomma, che impressero un’orma tutta italiana alla fortificazione moderna. Tra il 1540 ed il 1544, sotto la supervisione del Maurolico, fece costruire il forte Gonzaga, il forte San Salvatore, la torre Vittoria e il castello DonBlasco.

Nel Cinquecento la costruzione delle fortezze subisce le conseguenze del perfezionamento dell’artiglieria secondo il sistema del ‘fronte bastionato’. Ferramolino non si limitò a difendere i confini marittimi, ma fortificò le colline, che costituivano l’immediato retroterra della città. Per questo motivo sui colli più alti vennero eretti due forti poderosi che avevano uno scopo, oltre che propriamente difensivo, di osservatorio, in quanto dovevano controllare l’accesso della città da Camaro, Casazza e Gravitelli: controllare l’area dello Stretto dall’alto era molto importante per la sopravvivenza stessa della città. Il forte Gonzaga fu edificato a 140 metri sul livello del mare come opera isolata integrata in un sistema di difesa, che rientra tra i manufatti militari che integrano le difese naturali, sulla collina oggi denominala Monte Piselli. Questo era un luogo naturalmente fortificato, conosciuto fin dall’antichità: pare infatti che Gerone nel 264 a.C. e Carlo d’Angiò nel 1282 abbiano posto l’assedio alla città di Messina attendandosi su questo colle.

La pianta di Forte Gonzaga è a forma di volo d’uccello, con un corpo quadrato, in cui i pieni predominano sui vuoti, al centro del quale é posta la scala che collega il piano terra al primo piano ed alla copertura, e due ali terminanti a doppia cuspide senza volumi interni. Le tecniche murarie sono in conglomerato ciclopico, di imponente spessore murario; i pavimenti originali, che sono ancora visibili al primo piano, erano in cotto. le volte sono a botte e la copertura a terrazzo.

La sconfitta dei Turchi nella battaglia di Lepanto (1571) rese certamente più tranquille le acque del Mediterraneo e limitò la funzione di forte Gonzaga; le successive proposte di fortificazione, da allora in poi si concentrarono nella zona della Cittadella ed i due forti collinari persero la loro importanza strategica fino a divenirne antagonisti, tant’è che nel 1718 il Gonzaga fu facilmente espugnato dalle truppe del Generale spagnolo Luca Spinola e nel 1848 il forte Gonzaga fu conquistato dal popolo ed utilizzato contro la Cittadella da cui piovevano bombe sulla città.

Il forte ha sostanzialmente mantenuto la sua struttura originaria, in quanto fu oggetto di modesti interventi di restauro, i primi dei quali nel ‘700 e successivamente nel tardo Ottocento e durante la Il guerra mondiale. Diede sino al 1940, con lo sparo di un cannone, il segnale orario di mezzogiorno ai cittadini. Trasformato in deposito di munizioni è rimasto in uso all’Esercito Italiano fino al 1970. Di recente la sua storia militare si è conclusa con la cessione al comune di Messina.

Sulla copertura si evidenziano interventi succedutisi in epoche diverse e per tutto il perimetro della terrazza ci sono feritoie, sguanci, scorci da tiro. La pianta stellare irregolare presenta sei bastioni che seguono l’accidentata conformazione del suolo. Intorno al perimetro corrono fossati e si nota una guardiola che sorveglia la valle del Camaro. Il profilo esterno rigorosamente funzionale, é caratterizzato dai baluardi con spigoli rivestiti da blocchi di calcare. Una cornice a sezione semicircolare conclude i baluardi e si notano resti di garitte sugli spigoli. Le aggiunte successive di due balconi settecenteschi aperti nel baluardo sono una irrilevante modifica. Resti di opere aggiunte di scarso rilievo si osservano sul terrazzo. All’interno, dall’ingresso si dipartono stretti cunicoli che percorrono la base dei bastioni mentre botole aperte sulla volta dell’atrio dovevano consentire una estrema difesa. Una ampia cisterna è sistemata nel corpo della costruzione e consentiva l’allagamento del fossato in caso di attacco e l’approvvigionamento idrico della popolazione nei periodi di siccità. Sul terrazzo fu edificata nel Settecento una cappella ad aula unica; sulla porta si osserva un’iscrizione del 1753 in cui il viceré Laviefuille avverte che la cappella non gode del diritto di asilo.

 

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