MESSINA. La mafia messinese, nella massima parte dei suoi clan (tranne uno), è “assoggettata” alla famiglia catanese Romeo-Santapaola, e fa affari con droga, corse abusive di cavalli, scommesse clandestine, gioco d’azzardo e recentemente col traffico illecito di rifiuti, non disdegnando i tradizionali settori di estorsioni e usura,. E’ quanto emerge dalla relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, che fa la radiografia dei clan e dei mandamenti presenti in città, di alleanze, influenze e affari.

Secondo la relazione, “nel capoluogo peloritano opererebbe una “cellula” di cosa nostra catanese, riconducibile ai Romeo-Santapaola, sovraordinata ai gruppi autoctoni, la cui operatività sembrerebbe caratterizzata dalla divisione dei quartieri con una sola eccezione registrata nel rione Giostra. Tale contesto territoriale, connotato da una presenza criminale in continua evoluzione, sarebbe storicamente appannaggio del clan Galli-Tibia, solitamente dedito all’organizzazione di corse clandestine di cavalli, al narcotraffico in collaborazione con consorterie catanesi e calabresi, alle scommesse illegali, nonché alla gestione di attività commerciali”, recita la relazione, che segnala anche due tentati omicidi, avvenuti il 26 luglio 2018 e il successivo 25 agosto 2018, nei confronti di soggetti storicamente appartenenti alla famiglia, poi ricondotti a controversie maturate nell’ambito della stessa consorteria mafiosa. Di particolare rilievo è la circostanza, spiegata dalla Dia, della nascita di un nuovo clan mafioso facente capo a due ex collaboratori di giustizia interessati al controllo di attività economiche e in contrapposizione con lo storico clan Galli”.

E gli altri clan? La zona centrale rimarrebbe appannaggio di diverse entità criminali. Più precisamente, nel quartiere “Provinciale” operano gruppi “…stanziati in diverse parti centrali della città che cooperano tra loro, invece di fronteggiarsi, secondo un patto tacito di pace reciproca…”. L’indiscussa egemonia del clan Lo Duca sarebbe stata affiancata dall’operatività di una consorteria attiva nel rione “Maregrosso” e di un’altra operante nella zona denominata “Fondo Pugliatti”. Rispetto a questa “comunanza di interessi”, la Dia annota “forme di collaborazione tra tre distinti gruppi criminali per la spartizione dei proventi derivanti dal traffico di droga, dalle estorsioni e dal controllo delle attività economiche”. In riferimento a quest’ultima fonte di danaro, la relazione documenta il  sequestro di due attività di ristorazione ubicate nel centro cittadino, formalmente intestate a prestanomi ma di fatto gestite dal capo clan.

Nel quartiere “Camaro-Bisconte”, in cui si sono registrati nel tempo diversi fatti di sangue, notevolmente ridimensionata risulterebbe l’operatività del clan Ventura-Ferrante già indebolito dagli esiti dell’indagine “Matassa” eseguita nel 2016 (indagine che, secondo la Dia, documentò, tra l’altro, “accordi elettorali, nel corso delle consultazioni del 2013 per l’elezione del Sindaco di Messina”) con l’arresto dei rispettivi capi. Nel rione “Mangialupi” risulterebbe attivo l’omonimo clan rappresentato dalle ormai storiche famiglie Asprì, Trovato, Trischitta e Cutè) e dedito al traffico di stupefacenti, alle scommesse clandestine e al gioco d’azzardo, segnala la Dia.

Il rione “Gravitelli”, adiacente al centro città, sarebbe appannaggio del clan Mancuso che, nel semestre in esame, si sarebbe interessato anche della gestione illecita dei rifiuti. “Le investigazioni hanno evidenziato, altresì, come tra i “clienti abituali” degli indagati vi fosse anche una nutrita cerchia di imprenditori edili messinesi colpiti, nell’ambito dello stesso procedimento, da misure interdittive”, annota la Direzione investigativa antimafia.

Nel versante sud del capoluogo e, in particolare, nel quartiere “Santa Lucia sopra Contesse”, si conferma l’operatività del clan Spartà, in grado di interagire, come emerso da recenti attività investigative, con sodalizi calabresi soprattutto nel settore del traffico di stupefacenti.

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