“Libellulə” è un progetto che nasce dalla sinergia e dalla contaminazione di quattro donne: Silvia Grasso, Venera Leto, Laura Lipari e Serena Todesco. Attraverso la ricerca, la scrittura, i libri e la passione l’intento comune è far emergere aspetti poco noti del mondo letterario femminile e in generale di soggettività che vengono relegate ai margini. L’obiettivo è porre un focus su tematiche attuali e far riflettere sulla necessità di instaurare un dialogo tra i generi e modificare alcuni retaggi culturali. Il titolo è un omaggio a “La Libellula” di Amalia Rosselli ed è un augurio di leggerezza ed equilibro per chiunque lotti per la propria autodeterminazione. Di seguito la settima puntata, con l’intervista alla scrittrice Anja Trevisan, autrice del romanzo “Ada brucia”.

Venera Leto intervista Anja Trevisan

 

 

“Ada Brucia – storia di un’amore minuscolo” è la tua prima opera edita per effequ. La copertina è una citazione della cover della famosa edizione “Lolita” di Nabokov” degli anni ‘70. A parte Nabokov quali sono state le influenze che ti hanno portato a scegliere un tema così delicato?

Sicuramente Nabokov ha influito, ed essendo forse l’opera più famosa con cui paragonare il mio libro è anche quella che si ricorda meglio; ma ce ne sono state altre, che sono rimaste con me molto più a lungo. Innanzitutto il film Kynodontas di Lanthimos, che vidi quando ancora non era famoso, in un sito di streaming, prima di leggere Lolita. Mi sconvolse la visione di un uomo che mente ai suoi figli sul mondo esterno dalla casa, per controllarne le vite, e da lì nacque l’idea di una reclusione. Il libro Nuvole di fango, anche questo letto prima di Lolita, raccontava la storia di un pedofilo “buono” che fa amicizia con una bambina dopo essere stato in carcere. E poi Rose Bon Bon, altro romanzo molto intenso e breve pubblicato da ES, e il film Una, che parla delle conseguenze di un abuso vissuto come romantico.

La cosa sorprendente di questo romanzo è che il tuo giudizio è sempre “sospeso” e nonostante tra i protagonisti ci sia un chiaro rapporto “vittima/carnefice” il punto di vista del carnefice viene reso così chiaramente, così profondamente che anche per il lettore diventa impossibile giudicare. Come hai ottenuto questa profondità psicologica dei personaggi?

Per me è molto importante poter giocare coi ruoli dei miei personaggi a mio piacimento; è una sfida continua riuscire a far piacere al lettore anche il peggiore tra di loro. Per quel che riguarda Ada, in realtà è la cosa più romantica che abbia mai scritto, e le persone che mi sono vicine si sono sorprese che i miei personaggi per una volta fossero così buoni. Mi sono sforzata di rileggere mille volte i passaggi che non mi convincevano, per dar loro la giusta profondità. Io non ho mai giudicato Rino, anzi, l’ho sempre protetto come si fa naturalmente con tutte le proprie creazioni. Penso che il mio affetto nei suoi confronti abbia contribuito al modo in cui lo percepisce il lettore: spero che si senta il bene gli ho voluto durante la stesura del romanzo.

Una variabile che è molto importante in Ada Brucia è quella del tempo: tempo rarefatto, sospeso, che viene annullato e che diventa quello esclusivo dei protagonisti: il tempo “fuori” e il tempo “dentro”. Come hai maturato questa ricercatezza?

Un po’ grazie allo studio di altri romanzi che ho amato, cercando di capire i meccanismi con cui dimostrare un certo concetto nel migliore dei modi. Un po’ andando per tentativi: il romanzo finito è frutto di altre decine di versioni e possibilità, tutte scartate per arrivare poi al vero funzionamento della storia. Ho conosciuto i miei personaggi un po’ alla volta, non mi sono stati chiari da subito: Rino, per esempio, ha cambiato molti lavori prima di diventare l’orologiaio che “controlla” il tempo di Ada anche tramite orologi di sua invenzione.

A volte la complessità dei sentimenti tra i potagonisti della storia sembra trascendere il caso specifico ed adattarsi a qualsiasi tipo di relazione tossica. La frase più forte che scrivi è “se è amore non può essere sbagliato”, cosa pensi a riguardo?

La mia concezione d’amore è sempre stata molto ampia, e comprende anche tutti i tipi di relazioni tossiche, perfino quelle che finiscono nel modo peggiore. Ciò che cambia nella realtà, e a cui non do importanza nelle mie storie, è che amare non significa avere il via libera per fare determinate scelte e azioni, che tolgono la libertà all’altra persona. Se un uomo che ha ucciso la sua compagna mi dicesse che la amava io gli crederei; ma non sarebbe rilevante e il suo gesto verrebbe comunque condannato. Se è amore, solo la persona che lo prova lo sa e lo capisce, e io non sono nessuno per decidere che sentimenti prova o non prova. Ma l’amore non è una cosa che giustifica, e non mi sognerei mai di giustificare tutti gli uomini di cui ho letto per scrivere il romanzo, protagonisti di storie vere che hanno tolto ogni forma di libertà alle donne che volevano possedere (un esempio: Elisabeth di Paolo Sortino, uno dei romanzi più belli che abbia mai letto, che narra la storia vera di Elisabeth e Josef Fritzl).

Ada Brucia è un libro che mi ha stregata e che non mancherà mai sugli scaffali di Colapesce. Progetti per il futuro? A quando la tua prossima creatura?

Grazie! Sto attualmente lavorando al mio secondo romanzo, ma non voglio fare spoiler. Ada è nata quando avevo diciotto anni, e spero che nella prossima storia che racconterò si veda il percorso creativo che ho intrapreso, tramite cui sto conoscendo meglio anche me stessa.

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