MESSINA. Ha 45 anni e mezzo, fa politica da trenta. Un enfant prodige della politica, uno che ha bruciato le tappe: questo è Cateno De Luca, classe 1972, da Fiumedinisi.

Inizia a fare politica nei pulcini della Democrazia Cristiana a 15 anni, nel 1990, appena diciottenne, diventa il consigliere più giovane d’Italia, nella sua Fiumedinisi. Nel 1994, a 22 anni, sempre a Fiumedinisi ricopre la carica di assessore comunale. Nel 1998 “ci prova”: si candida a sindaco, viene sconfitto, non si scoraggia. Lo diventa nel 2003, a trentun anni appena compiuti, e lo resterà fino al 2008. Ma l’ambizione di fare politica non si ferma al municipio della cittadina dell’entroterra ionico: nel 2006, De Luca viene eletto all’Ars in una lista di ispirazione autonomista vicina al Mpa di Raffaele Lombardo, e a marzo del 2007, per il trentacinquesimo compleanno, “si regala” il suo movimento, “Sicilia Vera”.

Nel frattempo fa l’imprenditore, ma sempre con la passione per i ruoli dirigenziali: è dirigente nazionale della Fenapi, la federazione delle piccole imprese, la stessa nel mirino della Guardia di finanza nell’indagine che ha portato all’arresto di oggi.

Nel 2008 fa il pieno: viene rieletto sindaco di Fiumedinisi e confermato deputato regionale, poi, nel 2011, il primo tracollo: il 27 giugno, al termine di una seduta di consiglio comunale, viene arrestato con l’accusa di abuso di ufficio e concussione (processo ancora in corso). Tre giorni dopo, il primo luglio, si dimette da sindaco, e poco prima del rinvio a giudizio, a luglio del 2012, abbandona anche lo scranno a palazzo dei Normanni, dimettendosi da deputato regionale.

Tre mesi dopo tenta il colpaccio, candidandosi addirittura per la presidenza della Regione, sotto le insegne di “Rivoluzione siciliana”, al grido “Scateno De Luca”. Finì sesto su dieci candidati, non arrivando nemmeno al 2%.

Continua a fare politica, prima sottotraccia, poi attivamente. Meno di un anno dopo, infatti, si candida a sindaco di Santa Teresa di Riva, spiegando nei comizi che avrebbe fatto un solo mandato e poi basta. Lo prendono in parola, e nel 2012 è eletto sindaco. Anche lui è di parola, e alla scadenza di mandato, nel 2017, non si ricandida, pur avendo però una grossa parte nell’elezione del suo “delfino” Danilo Lo Giudice.

Annuncia di volersi candidare a sindaco di Messina, e inizia una martellante campagna elettorale e mediatica, e però prima si garantisce un posto all’Ars: due giorni fa, sempre con Sicilia Futura ma nella lista Udc, viene eletto al parlamento regionale. Agli elettori aveva inviato assieme ai fac simile anche il suo casellario giudiziale.

Per domani 9 novembre è prevista la penultima udienza del processo che lo vede imputato. La sentenza di primo grado è attesa entro Natale.

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