MESSINA. Nella serata di lunedì 1 dicembre, presso La Feltrinelli Point, via Ghibellina 32, si è tenuta la presentazione del libro “Le mie nove vite” (add EDITORE), ovvero l’ autobiografia di June Rose Yadana Bellamy, ultima principessa birmana che da Mandalay fino a Firenze, passando per l’isola di Lipari, ha attraversato il ‘900, incarnando il perfetto incontro tra Occidente e Oriente, rivoluzionando il ruolo della donna in modo pioneristico e avanguardistico.
Protagonista in sala Michele Postiglione Bellamy, figlio dell’autrice, che, insieme alla scrittrice messinese Marietta Salvo, ha guidato gli spettatori tra video e letture alla scoperta della madre, tra gioie e dolori, matrimoni, separazioni, le tante città dove hanno vissuto e la capacità di reinventarsi, fino alla decisione di spargere le proprie ceneri nel mare dell’isola di Lipari.
Nata in Birmania nel 1932 da Herbert Bellamy, australiano, e dalla principessa Linbin Thiktin Ma Lat, discendente diretta della famiglia reale birmana, June durante la seconda guerra mondiale è costretta a emigrare in India. Nel 1954 sposa un medico italiano in missione per l’OMS in Birmania, dal quale avrà due figli con cui lo seguirà nelle missioni in giro per il mondo. Una volta finito il matrimonio, però, dopo la separazione, si stabilisce in Italia dove lavora nella moda con Emilio Pucci, diventando poi allieva del pittore Lazzaro Donati. Nel 1978 sposa l’allora presidente della Birmania, il generale Ne Win e dopo il matrimonio, durato solo cinque mesi, rientra in Italia e fonda lo Studio June Bellamy, un’associazione culturale di gastronomia orientale e occidentale. June Bellamy ha vissuto, indomabile, nove vite senza eguali, risorgendo ogni volta dalle sue ceneri come un’araba fenice, accompagnata da quella linea sottile che separa l’egoismo dall’amor proprio.
C’è tanto all’interno della sua autobiografia: la neonata che regala l’ultimo sorriso a un vecchio principe senza trono, la bambina fuggita in India mentre i giapponesi invadevano la Birmania, la campionessa di tennis che fa girare la testa ai piloti d’aereo, la giovane mamma che entra da sola nella giungla per liberare il marito rapito dai ribelli comunisti, la donna che abbandona tutto per un nuovo amore, l’artista che espone i suoi quadri a Londra e a Dallas, l’ex first lady accusata di essere una spia occidentale, l’insegnante di cucina che fa la spesa al mercato rionale, il tutto animato da un forte sentimento buddhista e da un percorso fatto di scelte che porta alle estreme conseguenze quegli stessi bivi su cui ognuno di noi incappa nella propria esistenza.

Michele, ad oggi, vive a Firenze ed è proprio lui l’erede di quel regno birmano che dal 2021 è in mano ad una giunta militare. Così, da tempo, ha deciso, dall’Italia, di portare avanti, tramite social e divulgazione in prima persona, la sua resistenza nel nome della madre.
June Rose Yadana Bellamy, sua madre, è stata una donna che ha attraversato il ‘900 in modo assolutamente rivoluzionario e anticonformista. È cresciuto con questa consapevolezza o è un qualcosa che ha compreso in pieno da adulto?
“Sono cresciuto lontano dai miei genitori a causa del loro divorzio avvenuto quando ero ancora adolescente, le nostre vite in particolare la mia e di mia madre si sono incontrate quando ero già un maggiorenne scapestrato, faticosamente abbiamo costruito un rapporto nel tempo e con il tempo ho realizzato e messo a fuoco di avere una madre assolutamente unica e fuori dagli schemi”.
Com’è nato l’amore per le Isole Eolie, in particolare per Lipari?
“Da ragazzo senza vincoli e aperto alla vita ho accettato l’invito di Ruccio Carbone, carissimo amico e all’epoca gallerista di mia madre, a passare le vacanze estive alle Eolie e più precisamente a Canneto di Lipari dove ci aspettavano Silvia e Patrizia, le figlie di Ruccio. È stato un amore a prima vista, uno tsunami emotivo, stiamo parlando dei primi anni ’70 e a quel tempo l’isola era di fatto un mondo fuori dal mondo”.
C’è una ricetta dei corsi di cucina di June che ama riproporre?
“È vero che i corsi di cucina di mia madre si riferivano a tutto il sud est asiatico ma da buona birmana amava proporre una ricetta classica e autentica: il Mohinga, considerato il piatto nazionale del Myanmar, zuppa di pesce con noodles di riso. Un piatto aromatico, rustico e confortante, che sa di strada e di tradizione. Niente pose: solo sapori diretti”.
Qual è la lezione di vita più importante e incisiva che le ha lasciato sua madre?
“Da mia madre ho imparato fondamentalmente due cose, che poi sono lezioni di vita, indicazioni di come stare al mondo e rapportarsi alla gente: il rispetto a partire dagli anziani per finire alla natura; la buona azione in senso lato che poi è la declinazione del “gesto d’amore”
In cosa si sente più italiano e in cosa più birmano?
“In estrema sintesi diciamo che il mio essere italiano si esprime con la passione nel fare le cose che mi piacciono, mentre il birmano in me mi porta a riflettere oltre l’immediatezza di un evento, questo mi porta a cercare sempre un lato positivo anche nelle peggiori situazioni, insomma il nero è solo la somma dei colori nella scala dei grigi pertanto contiene anche il bianco”.
“Principe attivista” come mai?
“Principe Attivista è l’attualizzazione dello spirito battagliero del mio bisnonno il Principe di Limbin che a capo delle truppe Shan ha combattuto la terza guerra anglo-birmana per la liberazione del suo paese ed è quello che faccio, anche se in altre forme, contro il Tatmadaw l’esercito militare birmano autore del colpo di stato del 1° febbrario 2021”.
Cosa accade da tempo nel Myanmar e cosa sta accadendo nello specifico in questo momento?
“I militari sono entrati a far parte della storia della Birmania nel 1962 e da allora, con alterne vicende e in svariate modalità hanno condizionato la vita economica politica e sociale del paese, il recente colpo di stato sta di fatto distruggendo il paese e con esso migliaia di vite umane con una violenza gratuita ed inaudita e adesso il generale dittatore Min Aung Hlain sta cercando di indire elezioni forzate e pilotate per legittimare il suo potere che adesso è motivato da gestione temporanea dell’emergenza”.







