Fondamentalmente ci sono parole che si dicono, altre che vanno sussurrate, altre ancora non scritte né pronunciate per scelta e sono quelle che di solito si sentono di più nelle nostre vite. Siccome però se riempissimo questa playlist di parole non scritte voi stareste “leggendo” una pagina bianca, cercheremo di selezionarne alcune per provare comunque a emozionarvi e togliervi da quell’imbarazzo che vi insegue da stamattina quando vi siete chiesti per quale motivo, anche oggi, è suonata la sveglia ed è nato ufficialmente un altro lunedì (martedi, in questo caso, ndr). Sensazione lacerante, ma vorremmo ricordarvi una cosa importante: solo dalle crepe passa la luce. Via con la musica.

Rudimental – Waiting all night (feat Ella Eyre)

L’anno scorso, circa diciotto mesi fa, ho passato un’intera notte ad ascoltare a ripetizione questa canzone, a guardare il video, a chiedermi se potessi fare mia la fiducia che tende a dare questo video. Parla di rinascita, parla di non mollare anche quando il destino ti ha detto che proprio non ce n’è, perché alla fine il destino è quella pazza idea che ci hanno infilato in testa, un’idea rasserenante da un certo punto di vista, perché se credi che nulla di quello che sei dipende direttamente da te fai tutto a cuor leggero. Ma così sei anche autorizzato a giustificare i tuoi sbagli e impossibilitato a goderti le tue vittorie. Vittorie come quella di Kurt Yaeger, il protagonista del video con la sua storia fatta di lacrime, sudore e rivincita. Insomma, il ritratto di un lunedì.

 

Huey Lewis and the News – Power of Love

Ah, ecco: non so se l’amore salverà il mondo, se abbia la potenza prorompente cantata in questo brano. So che la musica può farlo, può fare moltissimo in questo senso. E la musica in fondo altro non è che una forma di amore, una forma nascosta e spesso maltrattata, che non è comprensibile a tutti. Esistono tante canzoni comprensibili solo a chi ne coglie l’essenza, un’essenza amara e sofferente—ok, diciamo che Power of love non è esattamente tra queste perché è cicciosa, evidente, lampante e straconosciuta, ma ci può aiutare a portare una vera, grande testimonianza: il potere, signori miei, sta in quelle sette note e in come le utilizzate. Se non comprendiamo questo, come possiamo rapportarci coi nostri simili?

 

Coldplay – God Put A Smile Upon Your Face

La battuta precisa mi pare fosse: “Ti piacciono i Coldplay?” “Certo, sono un maschio bianco e senza carisma, ovvio che mi piacciono”. Qualche anno fa, ascoltandola nei Griffin, mi piegai in due dal ridere, e di tanto in tanto la riciclo. Perché, quindi, troviamo qua dentro i Coldplay? Perché, come tanti, hanno fatto anche cose buone. Ultimamente è venuto al largo un paragone tra il gruppo di Chris Martin e i Thegiornalisti, paragone più sensato di quanto si possa credere a una prima occhiata, ma il senso di tutto è che a piccole dosi è possibile anche sostenere che i Coldplay, se non li si considera la band che salverà la musica mondiale, sono orecchiabili. Specialmente questa, che è la mia preferita loro.

 

Regina Spektor – Fidelity

Lo scorso venerdì è ricominciata la mia trasmissione in radio e ho aperto con uno spezzone di un film perché queste parole che scrivo per voi, per allietarvi il lunedì mattina, sono in gran parte anche qualcosa di mio, delle mie giornate, dei miei pensieri. Ho scelto Alta fedeltà, la parte della dichiarazione al ristorante, perché volevo dire alla mia RadioStreet che come lei proprio non ne esistono, e ancora avrò una stagione intera per dimostrarglielo. Già, vero, perché ogni parola pronunciata deve avere anche un seguito vero e proprio, altrimenti è vacua e la snaturate. Non si fa. Proprio per questo ho scelto una canzone chiamata Fidelity, che le cronache raccontano sia stata scritta dalla divina Regina Spektor proprio mentre guardava Alta fedeltà. Speriamo in orginale, che il doppiaggio italiano lascia davvero a desiderare.

 

Giorgio Canali & rossofuoco – Fuochi supplementari

A proposito: questo l’ho lasciato per ultimo, perché è un messaggio promozionale. Quindi se non vuoi sapere che venerdì intervisto Giorgio Canali puoi ancora chiudere la pagina. Vi ricordate il discorso sull’essenza amara e sofferente? Ecco, Giorgio Canali è uno di quelli che interpreta questa faccenda della musica da sempre a modo suo, senza scendere a compromessi, basti pensare che nelle foto promozionali del suo Undici canzoni di merda con la pioggia dentro (fuori per La tempesta dal 5 ottobre) la maglietta indossata ha stampata su la scritta, appunto, “merda”. Venerdì sera, per chi volesse, su RadioStreet parliamo con un monumento del rock italiano, uno che per intenderci era nei CCCP – Fedeli alla linea, era nei CSI, uno che ha scritto coi rossofuoco dei dischi straordinari ed elettrici. Uno che ha qualcosa da dire, e che i lunedì, di solito, li prende a calci nel culo.

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