Oggi è il 4 novembre e, oltre non essere la tua festa, è anche un giorno in meno nel nostro cammino verso il Natale, il freddo glaciale e tutte queste cose qua che nell’immaginario sono tenere perché è bello pensare a un camino, un piumone, l’albero di Natale e i dolciumi. La triste realtà ci indica che anche oggi è lunedì, i lunedì non sono ancora diventati illegali in nessuno stato al mondo, neanche nel Mississippi dove si possono vendere invece i bambini, come ci insegnavano i Simpson. Questa doverosa premessa ci conduce nella playlist odierna, che è a toni chiaroscuri come questo novembre, che poi, diciamocelo, altro non è che un marzo con il raffreddore.

Marracash – QUALCOSA IN CUI CREDERE / Lo scheletro

Il 31 ottobre ci ha fatto salutare un mese francamente superfluo come ottobre con il sorriso, perché è uscito Persona, il nuovo disco di Marracash che si fa sempre aspettare tanto, tantissimo, forse troppo, però poi quando arriva sa come soddisfare la sua clientela. Persona prende ispirazione dal film di Ingmar Bergman, dal dualismo tra uomo e personaggio che Marra prova a risolvere da anni; QUALCOSA IN CUI CREDERE – Lo scheletro vede la collaborazione con Guè, e il binomio è come sempre efficacissimo, grazie anche alla produzione di un Marz in formissima (sua la firma delle tracce migliori dell’album), oltre a una chimica innata tra l’ex Dogo e il rapper di Barona. Disco maturo e da ascoltare, con un paio di passaggi forse evitabili, ma il risultato è ottimale. Consigliato.

Subsonica – Aurora Sogna (feat Coma Cose)

Ottobre, ahilui, ci ha lasciato in dote anche il primo singolo di Microchip temporale, edizione speciale del capolavoro dei Subsonica che uscirà tra qualche settimana pieno di un sacco di feat di cui in buona parte non sentivamo il bisogno. Ma questa cosa non è detta con un particolare pregiudizio, perché confesso di essere molto curioso per alcune collaborazioni; il problema è sorto dopo aver ascoltato California e Fausto in Aurora sogna, che doveva restare lì dov’era, nel suo. La nuova veste non aiuta, nulla nella musica è intoccabile (ci sono delle cover di Sound of silence incredibili, per dire), però questa sembra un po’ forzata. E il sentore, sperando di essere smentiti dai fatti, è che buona parte del remake possa nascere dalla stessa stella.

Fatboy Slim – Right here, right now

Unendo i primi due topic di questa playlist viene quasi spontaneo l’inserimento di Right here, right now, uno dei brani più famosi di ogni tempo con ogni probabilità. Viene spontaneo perché i Subsonica devono tanto al sound da cui proviene Fatboy Slim, a quel mix tra musica da club e hip hop che loro hanno sviluppato bene in Italia, mentre il disco nuovo di Marracash si chiude con un brano, Greta Thunberg, in cui viene campionato il celebre discorso di qualche settimana fa della ragazza in cui, con un tono meravigliosamente accorato, chiedeva di agire. Aveva agito già Fatboy Slim stesso un mesetto fa, ricreando la sua hit con quelle quattro parole, risultato ugualmente brillante per la versione di Persona che, tra le altre cose, vede anche il featuring con Cosmo, anche lui tra gli ospiti di Microchip temporale. Oh, così tanti collegamenti neanche Twin Peaks.

Caesars Palace – Jerk It Out

Stiamo sempre nel nord Europa, dall’Inghilterra ce ne andiamo in Svezia per una hittona di quelle belle famose, che ha fatto parte della colonna sonora di un FIFA (nel glorioso 2004), poi in un paio di pubblicità e poi, insomma, ve la sarete cantata tante volte in testa. Dato che recentemente ho avuto modo di parlarne con un amico e lui non ricordava di chi fosse, la mettiamo qua anche per aiutare chi dovesse avere dubbi simili—anche perché, intendiamoci, i Caesars Palace, poi divenuti Caesars, sono un po’ i Fools garden del nuovo millenio: one hit wonder straordinari ma poi hanno raccolto pochino. Effettivamente non è un mistero il motivo: non sono bravissimi, ma in questa Jerk it out suona tutto benissimo, quindi bravoni (+ bravini per la carriera, in totale fa una media di “bravi”, che male non è).

Paolo Benvegnù – La schiena

Ogni tanto mi viene detto che le mie canzoni preferite parlano solo di cose tristi, spesso di morte o comunque di faccende relative alla fine della vita. In realtà il punto è molto semplice: c’è un confine molto ben delineato nella mia mente, un confine che si basa sulla mia percezione della realtà di una canzone, della sua onestà; le canzoni possono essere oneste o disoneste, come tutto nella vita (persone, prezzi, giardini e così via), e quelle in cui il mio orecchio, il mio spirito sente delle vibrazioni della suddetta onestà fanno bene breccia su di me. Dato che ho una playlist su Spotify di canzoni sincere, vere, piene di vissuto e in gran parte anche di sofferenza (la sensazione più pura nella vita), ne scelgo una da dedicare a chi volete, perché La schiena di Benvegnù è più reale del reale stesso, e per questo motivo merita tutto il rispetto del mondo e di chiudere al meglio la playlist odierna, sperando di avervi fatto compagnia in modo decente anche oggi, con tutta l’onestà che possiamo fornirvi.

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