Sono un abitudinario. Lo confesso, lo ammetto: ho delle abitudini, delle routine a cui non riuscirei a rinunciare per nulla al mondo. Una delle mie preferite è navigare Youtube passando spesso da qualche video particolarmente gradito: un promo di CM Punk, un live degli IDLES, delle scene di The Office, Community o Boris. Una di queste si chiama semplicemente “toscani” e parla del grande pregio di Occhi del cuore, la finta fiction in onda nel multiverso in cui trova posto, appunto, Boris. Stanis La Rochelle, interpretato da un superbo Pietro Sermonti, spiega a margine di un’intervista come uno dei pregi di Occhi del cuore sia l’assenza di toscani, e invita la giornalista a scriverlo, senza titubare, perché sono evidentemente parole importanti. Dato che siamo in un governo scandalosamente senza toscani, mi sono sentito chiamato in causa e ho deciso di scriverlo, perché i toscani hanno devastato questo paese, e noi lo risolleviamo con cinque canzoni che parlano di altro, come fossimo un’arma di distrazione di massa.

Lady Gaga – Paparazzi

Non ci sentiamo da un po’, amici lettori, e quindi voglio darvi qualche bella canzone anche un po’ fuori dai classici binari della playlist senza che dobbiate scatenare giornalisti e paparazzi fuori dal mio appartamento: non c’è bisogno di foto rubate, sono ancora vivo e avevo semplicemente avevo avuto problemi con la tecnologia. E poi Lady Gaga è un modo brillantissimo per riprendere il ritmo, perché la cantante italoamericana ha detto che questa canzone è dedicata anche alla prostituzione dei media. Ci pensate mai quante volte dei brani potentemente orecchiabili nascondano dei messaggi molto più profondi che però sfuggono a un livello base di ascolto? Ecco, qui il video aiuta almeno—a proposito, per chi fosse meno paziente: la canzone nel link su inizia a 2.30.

The Fugees – Ready or Not

Pronti o no, arriviamo: proseguiamo alla grande con il singolo dei Fugees tratto da The Score. Brano pieno di amore, passione e sofferenza, oltre che riprendere nel titolo una frase da pronunciare quando si gioca a nascondino: “ready or not, here I come”. Amore, passione e sofferenza, perché uno degli aneddoti più belli che potrete mai trovare nel mondo della musica riguarda proprio questa canzone: nel ritornello, durante le registrazioni, Lauryn Hill pianse registrando la sua parte a causa della sua relazione del tempo con Wyclef Jean, altro membro della band al tempo sposato. Una commozione rimasta poi impressa su nastro perché decisero di tenerla a causa della sua onestà, della trasparenza, della bellezza di un sentimento purissimo, spontaneo e genuino. Anche se nato per caso, clamorosamente bello.

Anggun – Snow On The Sahara

È iniziato settembre che come da regola vola ma senza far pesare il suo incedere rapido e costante. Siamo a metà settembre forse senza neanche aver notato che il mese era cominciato, perché è una terra di mezzo tra il caldo e il freddo, tra l’estate e l’inverno, tra i lidi e i club. Una terra di mezzo in cui adagiarsi, crogiuolarsi, prendendo le parti di entrambe le fazioni: non esiste una verità assoluta, non esiste una bellezza imperativa categorica assoluta, esistono tante sfumature. Settembre è un po’ come prenotare le vacanze per andare a sciare nel deserto, perché ti confonde e ti spiazza, ma senza colpirti. Decidiamo di celebrare il mese più accomodante tra tutti con la voce deliziosa di Anggun e Snow on the Sahara, una di quelle canzoni che vi ricordate perché sapete che è “quella della pubblicità” ma non riuscivate più a ritrovare. Eccola a voi. Prego.

Marta sui tubi – Perché non pesi niente

Mi sembra di non aver mai proposto qua dentro alcun brano dei Marta sui tubi e questa è una mancanza grave, oserei dire gravissima. I primi tre dischi dei Marta sono oro puro nella scena italiana (a me piace molto anche il quarto, ma non ditelo al mio amico Luca che poi mi sala), e Perché non pesi niente è, insieme a Vecchi difetti, il loro pezzo più famoso anche se forse non del tutto indicativo del loro stile, sempre matto e sopra le righe. È una canzone romantica ma di amore particolare, anche di amore verso sé stessi con la lettera nel finale a Marco e quel “finalmente non mi bruciano più gli occhi” a chiosare al meglio una storia finita bene. I Marta non sono più attivi da un po’, anche se non si sono ufficialmente sciolti—e speriamo non lo facciano mai. Pipitone lo trovate in giro con altri progetti (tra cui gli Ork), Gulino è anche lui sempre in giro ma più dal punto di vista imprenditoriale dato che è uno dei fondatori di Musicraiser. Gente che ha tanto da dire, e da loro ci aspettiamo ancora tanto altro.

Daniel Johnston – Love not dead

Conosco Daniel Johnston meno di quanto vorrei, dovrei, potrei. È una sensazione fastidiosa perché non è la prima volta che mi capita perché, oltre a essere abitudinario, sono spesso anche pigro e penso sempre, sbagliando, che ci sia tempo per approfondire un artista e magari poi vederlo live. Mi era successa la stessa cosa qualche anno fa con Mark Linkous aka Sparklehorse, che poi morì prima che io potessi innamorarmene mentre era in vita. Johnston non stava bene, per vari motivi che si possono anche intuire da Hi, how are you, forse il suo disco più famoso. Daniel Johnston è morto una manciata di giorni fa e mi ha lasciato la stessa sensazione di vuoto sotto i piedi provata quando ho letto della morte di Linkous. Lo voglio ricordare con Love not dead, un brano in cui nel ritornello la progressione armonica è D-E-A-D, seguendo i nomi inglesi degli accordi. Ciao Daniel, eri dieci passi avanti a tutti.  Scusami per la pigrizia.

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