Si avvicinano le festività natalizie e per festeggiare ieri me ne sono andato in riva al mare, a guardare l’incessante, tumultuoso andirivieni delle onde che invocavano libertà. Questo fascino particolare del mare, della natura in generale, mi ha colpito al punto da farmi decidere di impostare la playlist odierna su questa falsariga, perché dentro siamo tutti vogliosi di libertà, sta solo a noi riuscire a eliminare qualsivoglia catena. E queste sono le scelte che proveranno a salvarvi anche questo lunedì. 

 

Paola Turci – Fatti bella per te

 

 

Bellezza e autodeterminazione: seguo ogni anno Sanremo e la scorsa edizione avrei consegnato ogni premio a Paola Turci, perché la sua Fatti bella per te è una meraviglia, un concentrato non tanto di femminismo quanto di rispetto per sé, di parole prive di retorica – cosa affatto non scontata in un concetto simile. La libertà cantata dall’artista romana è una delle più grandi che si possano scoprire, ovvero quella di dedicarsi a sé, di brillare non per piacere a qualcuno ma per piacere a sé stessi, l’unica persona su cui si dovrà sempre fare affidamento. Certo, poi si può avere la fortuna di incontrare qualcuno con cui condividere la strada e sarà bellissimo, ma il percorso sarà più semplice se si riesce a dare il giusto valore alla propria personalità.

 

 

Pearl Jam – I am mine

 

 

Non ricordo se ho mai messo i Pearl Jam in una di queste playlist, perché sono il mio gruppo preferito da sempre per sempre, per cui ho volutamente evitato i primi tempi. Se si parla di desiderio di libertà, però, sommessamente devo sottoporvi questo piccolo capolavoro estratto da Riot act, anche qui un manifesto di voglia di essere sé stessi. I am mine, io sono mio, tutto racchiuso straordinariamente bene in un verso che recita testuale “so di essere nato e so che morirò, ciò che c’è in mezzo è mio – io sono mio”. I am mine è figlia di un disco pubblicato dopo l’11 settembre e proprio da quel fatto e dalle successive decisioni di Bush Jr viene fuori questo inno di libertà, questo brano così tanto carico di significato che se chiudessi ora la playlist potrei comunque ritenermi soddisfatto. Ma ancora no, non basta.

 

 

Dead Kennedys – I fought the law 

 

Momento cover, ma momento altresì importante: I Fought the law è stata coverizzata da un trilione di gruppi, conosciamo tutti per fortuna la versione dei Clash, ma quella odierna è diversa perché qui, a vincere, non è la legge come nelle altre. Qui a vincere è un uomo che si eleva a legge, lo dice chiaramente negli ultimi versi, un uomo che è davvero esistito e se avete visto il film Milk con Sean Penn è probabile che abbiate sentito nominare (dico è probabile perché io non l’ho visto, pardon), perché si tratta di Dan White, l’uomo che uccise proprio Harvey Milk e George Moscone, un psicolabile veterano del Vietnam che prese meno di otto anni per il duplice omicidio finendo poi per ammazzarsi lui stesso qualche anno dopo. Il suo autodefinirsi legge sconfina l’ideale di libertà ma gli torna indietro come il più feroce dei boomerang. E poi avevate voglia di Dead Kennedys, lo so.

 

 

Barry McGuire – Eve of destruction

 

 

“Sei grande abbastanza per uccidere, ma non per votare”: nei primi versi di Eve of destruction c’è uno dei cortocircuiti paraculturali più grandi che siano mai esistiti su questa Terra. La più classica delle canzoni di libertà, un brano anni ’60 con un testo che sembra provenire da un futuro purtroppo assai distante, perché lucidamente analizza la situazione di quel periodo rendendo abbastanza palese quanto poco sia migliorato tutto da allora. Anzi, considerato il progresso tecnologico, scientifico e così via a conti fatti sta precipitando tutto e non ce ne stiamo accorgendo. Eppure basterebbe smettere di fare il tifo e provare a capire, tutti quanti, che la voglia della distruzione non potrà durare a lungo, prima o poi dovrà terminare e lì, signori, saranno guai. 

 

 

Salmo – 90MIN

 

 

Il problema è che in Italia ci piace fare finta che non ci siano i problemi perché abbiamo questa convinzione della musica leggera che ci piace e ci rassicura, ci coccola oltremodo il pensiero che alla radio le canzoni ci dicano che va tutto bene, ed è per questo che non percepiamo forse al meglio cosa accade. C’è chi si prende però la libertà, e torniamo sempre lì, di dissentire, di alzare la voce e di fare nomi e cognomi. La playlist odierna si chiude con il primo singolo estratto da Playlist, il nuovo disco di Salmo, che prova a mettere una linea di demarcazione in mezzo alla sua fanbase. Certo, non è forse questo che farà cambiare in toto la percezione, forse si potrà pensare che ha torto, ma già di per sé prendere una posizione così netta e definita, nei dischi e nelle interviste, quando hai più da perdere che da guadagnare è un atto politico forte. Un atto, permetteteci di dirlo ancora una volta, di libertà. Come quelle onde che, costantemente, sbattono sulla riva in un andirivieni senza sosta bagnando spietatamente chi passa dalla riva.

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