Lo penso e lo dico spesso. Quello che sempre complica le cose è lo scambiare la realtà con le rappresentazioni distorte che di essa ci costruiamo, o che qualche furbone costruisce per noi.

Così, tanto per rimanere al nostro angolo di mondo, un tipo assai losco da mesi, anzi da anni, ci va ripetendo che l’emigrazione deve essere arrestata a ogni costo. E intende dire l’emigrazione di quei dannati della terra che lasciano i loro territori – e spesso i loro affetti – perché l’Occidente (i nostri cattivi, pessimi, orrendi politici di ieri e di oggi) li ha loro resi invivibili.

Questa dell’ottuso sciamano leghista è, a ben vedere, la maschera, la rappresentazione distorta della realtà che a lui è risultato assai comodo costruire cinicamente a tavolino perché ha fatto balzare un partito come la Lega dal 10 al 30%, ha fatto scordare a gran parte degli italiani le vicende truffaldine che hanno coinvolto tale partito e, soprattutto, ha accelerato uno straziante processo di progressiva deriva etica in base alla quale una bestia di Lodi in veste umana ha potuto proferire frasi immorali nei confronti di bambini migranti.

Il vero volto, invece, è un altro. Il vero volto è il crollo etico-politico di una Nazione, i cui cittadini hanno preso l’abitudine di parlare di numeri anziché di uomini, donne e bambini (es: “Quest’anno ne abbiamo presi 5000 e respinti 12000, grazie alla nostra politica un 40% in meno dell’anno scorso”). Il vero volto è l’incapacità di arrestare la reale tragica migrazione, che è quella dei giovani dall’Italia. Quella dei brillanti cervelli di coloro che, pagati per decenni dallo Stato e dalle rispettive famiglie, raggiungono competenze da eccellenza che il mondo ci invidia, competenze che essi si vedono poi costretti a mettere a frutto in altri Paesi, a beneficio di altre realtà sociali. Noi, intanto, ci crogioliamo nella xenofobia, instupiditi e incapaci di percepire la metastasi che progressivamente raggiunge e manda in necrosi parti del Paese, della società; dei cuori.

Altra maschera è la cosiddetta “necessità economica”. Come ben rilevava Erri De Luca in una recente intervista all’Huffpost (“Eravamo cittadini, siamo tutti clienti”), la finanza e il mercato hanno preso il sopravvento sulla politica, e di conseguenza hanno finito con l’ingurgitare onnivoramente il lavoro, la cultura, il diritto, l’etica. Ognuna di queste realtà, in qualche modo, è stata ridotta a merce. L’uomo alienato di cui ci parlava Marx nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 oggi ha trovato la sua più plastica declinazione. Tutto ciò, beninteso, giustificato da presunte “leggi” che tengono in equilibrio l’economia, e quindi il benessere dei popoli.

Il vero volto è invece la ricerca cieca del profitto giocato sullo sfruttamento dei corpi, delle menti, delle anime, la lotta per la vita come modello e ideale d’esistenza, il darwinismo trasferito dalla sfera biologica a quella storica, la forbice sempre più larga e spietata tra i pochissimi che hanno tutto e i moltissimi che hanno niente.

Dove è diretto il Paese? La scomparsa della pietà è molto probabilmente il segno iniziale di una mutazione antropologica che ci vedrà ben presto tutti coltivare l’ideale dell’homo homini lupus. Già gran parte dei politici lo pratica. Adesso hanno iniziato a convincere il corpo elettorale che essere lupi conviene, che troppo “buonismo” fa male. E in molti ci hanno creduto.

Risultato: i piccoli migranti “sono come le zecche dei cani”, e barbarie di questo genere. Il bello è che gli idioti che si esprimono in tale maniera attribuiscono lo stato di barbarie agli “altri”, a quelli che vengono da fuori. E vengono, si badi bene, non da conquistatori, come noi abbiamo fatto per secoli, ma con timore e tremore, con il cappello in mano, a chiedere – forse senza averne piena consapevolezza – un minimo di risarcimento per il pesante tributo che i loro popoli hanno dovuto, obtorto collo, pagare alle nostre magnifiche sorti e progressive.

Il volto, la verità, come al solito è un altro.

Da che mondo è mondo, gli uomini emigrano. Quasi sempre in cerca di lavoro, di migliori condizioni di vita. A volte anche per poter continuare a vivere. Se non si riesce a comprendere le ragioni per le quali si giunge a scegliere di sradicarsi dalla terra in cui si è nati e cresciuti, ci si condanna a un’ottusa xenofobia, in base alla quale chi viene da fuori è sempre e comunque brutto sporco e cattivo.

Un antidoto a tale meschino atteggiamento può esser offerto dalle frasi che i giovani di cultura grecanica ci hanno donato in un recente, splendido video:

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“Filoxenìa è tenere a mente che siamo tutti stranieri, l’uno dell’altro”.

“Filoxenìa è sapere che veniamo da tanti paesi diversi, ma siamo tutti figli del Mediterraneo”.

“Filoxenìa è pensare che viviamo tutti nello stesso mondo, e questo mondo non ha confini nei nostri occhi”.

“Filoxenìa è sapere che le nostre radici bevono dallo stesso fiume; se una radice muore, muore tutta la pianta”.

“Filoxenìa è assenza di stranieri sotto il cielo”.

Come ci ricordava oltre cinquant’anni fa Claude Lévi-Strauss, barbaro è, essenzialmente, chi crede nella barbarie.

Altre maschere significative dei nostri tempi sono rappresentate dai tiranni di grande, media e piccola tacca presenti nelle diverse plaghe del pianeta. Bolsonaro, Trump, Orban, Salvini, Putin, Erdoğan, Kim Jong-un, gli svariati Ras degli Emirati Arabi, i sanguinari dittatori africani che, foraggiati dalle multinazionali o agendo in proprio, decidono stragi e guerre civili, i terroristi internazionali, tutti coloro insomma che agitando ideologie sovraniste, autarchiche, colonialiste, razziste, o strampalate teocrazie si proclamano promotori degli interessi dei popoli che governano, ebbene costoro, sotto la maschera, sono burattini governati e manovrati da interessi economici estremamente lerci, costituiti di volta in volta dal latifondo, dallo sfruttamento della natura, dall’industria bellica, dal petrolio, dal capitale finanziario, e così via. Tutti elementi insomma che hanno ridotto a inferno il paradiso che ci era stato consegnato.

È triste, davvero, accorgersi che uno dei pochi, forse l’unico ad avere chiara e distinta percezione di tale realtà sia l’uomo vestito di bianco che risiede in Vaticano.

 

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