Io ed Enzo siamo una coppia. Una coppia artistica da 40 anni, forse qualche anno in più. La prima volta che l’ho visto era alla consolle del Rombo per una festa di Carnevale. Io avevo contribuito a far arrivare gente insieme a Dafne, la mia compagna dell’epoca. Ero arrivato a Messina per fare la radio, pur provenendo dal mondo della discoteca. Enzo è stato dj di club a Messina prima di me. Per cui artisticamente è cchiu vecchiareddu i mia. Il sodalizio inizia due anni dopo. Abbiamo fatto una cosa di cui non avevamo alcuna consapevolezza, come è giusto quando sei ventenne. Aiutati dal clima della città negli 80, vivace, creativo, palestra di talenti. Si facevano cose che non c’erano prima, non avevamo modelli da imitare. Una città che per diversi aspetti era più avanti di Catania e Palermo: ci sarà un motivo se ancora su Facebook esiste un gruppo catanese che si chiama Quelli dell’Ikebana. Come tutte le coppie abbiamo avuto delle pause: fatti privati, qualche incomprensione, finiti prestissimo all’insegna del “dove eravamo rimasti”. Ma cosa erano stati, cosa avevano significato gli anni dell’Ikebana e del Cirucco non lo sapevamo. Non fino al 2009 (o forse 2010). Una festa, una cosa immaginata molto tipo festa in terrazza, per rivedere gli amici di un tempo, comprammo pure i bicchieri. 300 bicchieri, hai visto mai qualcuno vuol bere due volte. Vennero più o meno 1000 persone. Non so come è finita coi bicchieri, so come ci siamo sentiti, sbalorditi e travolti. Io arrivavo da uno stop di 16 anni, Enzo era più “allenato”, ma fu come se non avessimo mai smesso di mettere dischi insieme. Quelli che erano venuti non erano solo divertiti: erano felici. Ora, c’è sempre l’intellettuale di turno che sentenzia Eh ma sono canzonette. Perché la qualità, i testi, blablabla. Io quando sento tirare in ballo la qualità per rimarcare una inutile superiorità sono assolutamente d’accordo con Boris: la qualità ha rotto il cazzo. Le canzoni, le canzonette anche quelle più “leggere” sono la nostra cultura, sono quelle che ci formano, che accompagnano i momenti della nostra vita. Abbiamo una canzone quando siamo innamorati, una quando finisce l’amore e ci aiuta a lenire il dolore. Una ci ricorda l’estate, una i compagni di scuola. Enzo ha fornito la colonna sonora della vita di un numero enorme di messinesi. Quei ventenni diventati padri hanno trasmesso le canzoni ai figli in un passaggio generazionale che ha visto Enzo come punto di riferimento. Non è un caso se dopo 40 anni la musica degli eighties sia cosi popolare a dispetto dell’età di chi la apprezza. Io non intendo commemorare Enzo, ma celebrarlo. Non dobbiamo rimpiangerlo perché non è fisicamente con noi: come dice proprio una canzonetta “sono i rimpianti gli acciacchi dell’età”. Ogni volta che sentiremo i Depeche Mode o i Cure o i Soft cell o i Simple Mind, dall’altoparlante di una radio in un bar, in un locale, ci basterà voltare lo sguardo verso quella fonte sonora e vedremo Enzo in piedi alla consolle a suonare quella canzone per noi. Per cui caro Enzo, ti saluto: ci risentiamo al prossimo djset.

 

 

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Carlo Pellegrino
Carlo Pellegrino
24 Agosto 2022 11:03

Bravo Alfredo