MESSINA. Sono le 5:20 del 28 dicembre quando la più grave catastrofe naturale per numero di vittime in Europa si abbatté  su Messina e Reggio Calabria. Trentasette lunghissimi secondi che segneranno per sempre la storia delle due città, mietendo decine di migliaia di vittime (fra 95mila e 120mila).

Si tratta di uno degli eventi sismici più tragici del XX secolo, che già nei giorni successivi alla catastrofe suscitò grande commozione e partecipazione in tutto il mondo, a partire dagli Stati Uniti d’America, il paese straniero che più di tutti contribuì in termini economici ai soccorsi e alla ricostruzione.

A raccontare l’impatto mediatico che ebbe il sisma al di là dell’oceano, nonché il ruolo delle comunità di immigrati e gli aiuti messi in campo dal Governo americano, è il giornalista messinese e dottore di ricerca in storia contemporanea  Claudio Staiti, che nel suo saggio “Il terremoto di Messina del 1908 nei giornali italiani di New York” ricostruisce tappa dopo tappa gli eventi di quei giorni, a partire dall’impegno dell’allora Presidente Theodore Roosevelt, dalle raccolte fondi organizzate dalla Croce Rossa americana nei primi mesi del 1909 e dallo stanziamento di 800.000 dollari da parte del Congresso Federale, che nel mese di gennaio aveva approvato una legge riguardante l’assistenza e la ricostruzione delle città di Messina e Reggio.  «L’immenso debito di civilizzazione che abbiamo verso l’Italia, la calda amicizia tra i nostri due paesi, l’affetto per la loro terra che prova un grande numero di cittadini americani che sono emigrati dall’Italia, l’abbondanza con cui Dio ci ha benedetto donandoci sicurezza, tutto ciò ci spinge a dare un immediato ed effettivo aiuto», affermò Roosevelt, rivolgendosi al Congresso.

Tantissimi gli aiuti messi in campo dagli Stati Uniti, col fitto impiego degli uomini della Marina militare e la costruzione di alcuni centri abitativi destinati ai sopravvissuti. Interventi che furono possibili grazie anche e soprattutto alla presenza di diverse e numerose comunità di italiani (484.703 in tutto secondo il censimento di quell’anno), che divennero protagonisti della “prima grande mobilitazione delle comunità italiane a sostegno della madrepatria”, con l’impegno profuso dai comitati, circoli, società, sodalizi laici e cattolici italoamericani.

Per capire in che modo gli emigrati, e in particolare quelli di New York,  si attivarono a favore dei terremotati, Staiti fa ricorso ai giornali italiani pubblicati in quei mesi nella Grande Mela, iniziati a circolare sin da metà Ottocento e importantissimi per facilitare la fase di “transizione” degli italoamericani e il loro processo di acculturazione e integrazione nel nuovo paese (“Si stima che, solo dal 1850 al 1930, siano stati pubblicati negli Stati Uniti oltre mille periodici in lingua italiana, anche se molti di essi ebbero un’esistenza piuttosto breve”).

L’elenco è lungo: dall’Eco d’Italia, fondato nel 1849 a New York come settimanale, a La Voce del Popolo, nato a San Francisco nel 1859, dal primo quotidiano newyorkese Il Progresso Italo-Americano al Bollettino della Sera, senza dimenticare Il Telegrafo, Il Movimento e Il Giornale Italiano.

L’analisi di Staiti inizia già dal 28 dicembre del 1908, quando iniziano a diffondersi le prime notizie confuse: “si parla di numerosi morti e centinaia di feriti tra Sicilia e Calabria, con un numero imprecisato di edifici crollati, ma le notizie telegrafiche che arrivano dall’Italia sono ancora scarse e spesso contraddittorie”. Per capire appieno le proporzioni del sisma bisogna attendere tuttavia appena qualche ora, quando le comunità di siciliani e calabresi, in apprensione per i loro cari, si riversano nelle redazioni dei giornali italiani. Il 29 dicembre l’apertura di tutte le testate è sul tremendo sisma, con titoli a nove colonne:  «100.000 MORTI. La distruzione di Reggio confermata. La legge Marziale Proclamata»; «Il terremoto flagella nuovamente la Calabria. Violento maremoto in Sicilia. Numerosi morti, centinaia di feriti. Danni incalcolabili».

A dare il via alle iniziative di solidarietà è il giornale Il Progresso, al tempo il principale giornale italiano negli Stati Uniti, che all’indomani del cataclisma indisse una sottoscrizione pubblica, invitando tutti gli italiani del nord America a contribuirvi «con certezza di rivolgersi a cuori ben fatti, a connazionali pieni di virtù generose e patriottiche». Fu lo stesso giornale ad aprire la lista di sottoscrizione con 200 dollari.

 

 

«Come funzionavano queste sottoscrizioni? Uno spazio in prima pagina – spiega Staiti – riportava una scheda vuota: il lettore era invitato a ritagliarla, riempirla di nomi di amici e conoscenti e spedirla con l’importo dell’offerta alla direzione del giornale, al numero 42 di Duane Street. Le offerte venivano poi mandate al senatore Rinaldo Taverna, presidente della Croce Rossa Italiana». 

Numerose le lettere di accompagnamento alle offerte indirizzate al cavaliere Barsotti, editore del giornale, che mostrano il coinvolgimento di tutte le classi sociali  («Sono un povero lavoratore e mando 2 dollari per i poveri fratelli sventurati»; «Nessuno può essere sordo al terribile grido di dolore e di strazio che viene a noi da quelle due nobili e forti regioni»). Emblematico il caso di due ragazzini, Pietro Aiello e Francesco Calivà, i quali consegnarono una scatola di latta con all’interno un dollaro e 68 centesimi: «Fu così commovente la scena – riporterà il giornale l’indomani – che noi presenti ne piangemmo, ed anche in questo momento sentiamo che l’emozione ci fa lagrimare». Fra i donatori eccellenti anche il tenore Enrico Caruso, che donò 2000 dollari.

Il Progresso non è l’unica testata a mobilitarsi. Ad avviare altre iniziative – ricostruisce Staiti – furono, fra gli altri, anche Il Telegrafo, che si farà promotore della diffusione di cartoline postali illustrate a favore delle vittime, il Bollettino della Sera , La Voce del Popolo e L’opinione.

Nel frattempo continuano ad arrivare le terribili notizie dall’Italia, con i resoconti tratti dai giornali italiani, i dispacci di agenzia e i racconti che i corrispondenti avevano fatto dei luoghi colpiti del sisma. Mentre a Messina si continua a scavare tra le macerie, i messinesi di New York si attivano per i loro concittadini con numerose iniziative solidali, fra le quali quelle della Società Messinese «Francesco Maurolico», che decide di destinare l’intero fondo cassa ai superstiti della calamità, e quella della Società «Messina», che decide di prelevare tutto il fondo sussidio disponibile e di erogarlo a favore dei superstiti.

Nel saggio, che riporta fedelmente le trascrizioni dell’epoca, documentando gli avvenimenti più importanti, c’è spazio anche per il curioso caso del primo superstite della catastrofe arrivato a New York a bordo della nave «Re d’Italia», per le liste dei feriti e dei superstiti che vennero pubblicate dalla stampa e per le atre iniziative promosse dai giornali, fra “passeggiate di beneficenza”, spazi pubblicitari, fiere e concerti (fra il pubblico di uno spettacolo anche il sindaco di New York e il vicepresidente degli Stati Uniti).

 

 

Molto importante anche il ruolo delle immagini, che grazie alle illustrazioni della Tribuna Illustrata e della Domenica del Corriere, consultabili spendendo qualche dollaro in più, davano la possibilità a tanti lettori analfabeti di comprendere l’entità del dramma.

La parte finale del lavoro di Staiti è dedicata invece al primo anniversario del terremoto, quando tutti i giornali, che già a partire da febbraio del 1909 iniziarono a dare meno spazio alla notizia, ricordarono l’evento calamitoso, le operazioni di soccorso e la gara di beneficenza che aveva portato Il Progresso a raccogliere la somma di 450.000 lire

Il sisma torna poi a fare capolino sulle prime pagine anche a distanza di alcuni anni, con il racconto “dei tentativi di rinascita di Messina”, con riferimenti alla monumentale Palazzata, “ai magnifici edifici di cui si va man mano arricchendo” e “all’ampia città biancheggiante, dalle lunghe vie che si intersecano ad angolo retto».

 

 

Tutte le informazioni e le foto contenute in questo articolo sono tratte dal saggio “Il terremoto di Messina del 1908 nei giornali italiani di New York”. Il saggio – pubblicato su “Altreitalie”, portale web del Centro Altreitalie sulle Migrazioni Italiane, acquistabile qui – “si propone di descrivere, attraverso un dettagliato e inedito spoglio della stampa in lingua italiana, tempi e modi con i quali gli immigrati di New York si attivarono dinanzi a quel tragico evento. Il terremoto rese il rapporto fra stampa e lettori più stretto e accrebbe il ruolo dei notabili, i cosiddetti «prominenti», all’interno della comunità italiana. La grande mobilitazione degli immigrati italiani in occasione del sisma rinsaldò il legame con la madrepatria e gettò le basi per il suo rafforzamento in occasione della successiva entrata in guerra dell’Italia nel 1915”.

Subscribe
Notify of
guest

1 Comment
meno recente
più recente più votato
Inline Feedbacks
View all comments