Il mio Blog. Quasi una promozione… I francesi, sempre raffinati, la chiamerebbero una mise en abyme (un blog che parla del blog lui-même), ma io preferisco definirlo alla calabrese: Si non mi vanti tu mi vantu ièu. Questo di oggi è infatti un blog frutto dell’inveterato narcisismo dal quale sono afflitto da una vita. Parlerò (vergognandomi un po’) del primo dei due volumi nei quali ho raccolto 104 interventi che hanno accompagnato in questi anni la mia collaborazione a questa bella rivista. Vi aspettereste dunque che io parlassi del libro (che presenteremo il 19 dicembre alle 18 nel Salone delle Bandiere al Comune) che riporta i primi quarantotto pezzi usciti nel biennio 2017-2018, al quale seguirà il secondo tomo con altri cinquantasei contributi partoriti dal 2019 agli inizi di quest’anno. Niente affatto, per almeno due motivi, anzi tre. Il primo motivo è che il mio narcisismo non si spinge fino al punto da recensire me stesso, quindi preferisco che siano altri a farlo, perché (ho imparato da tempo) lo sguardo altrui è sempre il più obiettivo. Il secondo motivo è che se io mi metto a descrivere il contenuto del libro, chi poi lo va a comprare? L’editore mi uccide se scoraggio il pubblico degli aspiranti lettori fornendo loro più che una suggestione. Fra l’altro, qualcuno mi potrebbe obiettare che tutti i pezzi sono ancora lì, sul web, basta andarseli a guardare e si evita l’acquisto. Che dire in proposito? Solo che la carta, il suo fruscio, l’odore che emana non hanno riscontro nell’asettica, effimera, poco simpatetica e per nulla “effusiva di sé” pagina web; che il volume contiene tante immagini nuove, una deliziosa copertina di Lelio Bonaccorso, una bella presentazione di Daniele De Joannon, una mia postfazione, un indice dei nomi, in breve una cura che evidentemente è mancata in origine, trattandosi allora di farsi toccare dalla realtà esterna, dalla sua immediatezza, e scendere senza filtri in medias res, sforzandosi di volta in volta di modulare, sulla povera cetra di cui si disponeva, le tre corde cui si annette sempre la capacità di esprimere musica buona: l’intelligenza, l’ironia e la pietà. Vado quindi al terzo motivo di questo mio Blog, estravagante quanti altri mai. E il motivo è semplice, si tratta di riflettere e dire qualcosa su questa Rivista on line, su questa LetteraEmme che ormai da anni è divenuta pane quotidiano per molti messinesi. Giorgio Guglielmo Federico Hegel ebbe a equiparare la lettura del giornale alla preghiera dell’uomo moderno (“La preghiera del mattino dell’uomo moderno è la lettura del giornale. Ci permette di situarci quotidianamente nel nostro mondo storico”, in Aforismi jenensi: Hegels Wastebook, 1803-1806,  Milano, Feltrinelli, 1981). Bene, mi pare che dal 2019 a tutt’oggi un gran numero di lettori abbia iniziato le proprie preghiere del mattino collegandosi al sito di LetteraEmme. Non so quante altre testate, siano esse cartacee ovvero digitali, abbiano come questa operato con la medesima onestà intellettuale, con la stessa curiosità, con l’identica strenua volontà di capire, con una pari capacità di decriptare i fatti cittadini e nazionali, le persone, le dinamiche sociali, e insieme i tic e i tabù di una società in qualche misura “periferica”, ancora lontana da una reale modernità, spesso tentata da logiche barbariche e tuttavia percorsa da spinte eccentriche, a tratti in grado di esprimere utopie e, in qualche modo, nostalgiche, desiderose di un riscatto che tarda ad arrivare ma protese verso ciò che evangelicamente potrebbe compendiarsi in “cieli nuovi e terre nuove”. Tutto ciò LetteraEmme ha espresso in questi anni, senza infingimenti e senza fughe in avanti, mai timida o prona rispetto ad alcuna forma di potere politico o finanziario, ad alcuna lobby o consorteria. Vergin di servo encomio e di codardo oltraggio, si potrebbe manzonianamente descrivere questa Rivista, alla quale ho finito con l’affezionarmi anche al di là della mia presenza al suo interno. Ulteriori virtù di questa testata sono la capacità di non tirarsela per niente, il mostrare assoluta indifferenza verso la fuffa della messinesità e verso tutti coloro che di essa si nutrono e su essa costruiscono la nomea di intellettuali, il dispiegare sempre uno sguardo lucido e al contempo, in qualche modo, distaccato sulle vicende riportate. Uno sguardo, dunque, privo di giudizi moralistici ma in grado di stimolare nei lettori attenti una buona quantità di giudizi storici. E vi sembra poco, in una città come la nostra nella quale si campa da furbi, o cercando di rimanere a galla con dosi quotidiane di “Et in Arcadia Ego”?Ultima notazione: il volume sarà presentato dai professori Mario Bolognari, antropologo assai fine, e Salvatore Bottari, assai fine storico. Pongo fine alla mia mise en abyme.

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