MESSINA. Due provvedimenti a carico di due case di riposo, con obbligo di “trasferimento immediato degli anziani presenti nelle strutture presso le famiglie di appartenenza o in altre strutture idonee, da effettuarsi da parte dei familiari e/o tutori legali”. Provvedimenti arrivati sei mesi dopo i controlli.

È quanto ha disposto il Comune di Messina, tramite ordinanza firmata dal dirigente ai Servizi Sociali Salvatore De Francesco, alle case di riposo Anni d’oro e I Gerani, con un mese di tempo per ottemperare e darne conferma a Palazzo Zanca.

Un problema, quello delle due case di riposo, noto da tempo: da quasi undici anni. Alle due strutture, infatti, nel 2010 era stata revocata l’iscrizione all’Albo Comunale delle case di riposo, e nel 2012 si era provveduto all’inibizione dell’attività a carico delle strutture: da allora tutto è continuato, senza che il Comune (che dal 2002 ha la competenza amministrativa in materia di case di riposo per anziani) intervenisse.

La Polizia Municipale, ha infatti eseguito un eseguito un sopralluogo nelle due strutture solo sul finire di settembre 2020, ed ha comunicato cinque giorni prima della fine dell’anno che “la struttura in oggetto risultava funzionante e verbalizzata ai sensi dell’art. 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”. Molto dopo la prima ondata della pandemia da coronavirus, che aveva mietuto il maggior numero di vittime proprio nelle strutture per anziani (benchè nelle due in oggetto non si siano verificati focolai).

Di fatto, quindi, in piena pandemia da Coronavirus, che è stato dimostrato essere di gran lunga più letale per gli over ’70, il comune di Messina non sapeva chi badava agli anziani. È infatti appena del 21 dicembre la determina dirigenziale di “disposizioni in merito all’esercizio dell’attività ricettiva in strutture socio-assistenziali della tipologia casa di riposo e comunità alloggio per anziani gestite dai privati e per l’iscrizione all’albo comunale degli enti privati di assistenza” che fa ordine sulla materia

Che sia l’amministrazione comunale l’ente in capo al quale ricade l’obbligo di vigilanza lo spiega una circolare del 2003, firmata dall’allora assessore agli Enti locali Antonio D’Aquino, che riguarda “l’autorizzazione per l’esercizio di attività connesse alla gestione di strutture residenziali” secondo il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che recita testualmente: “Autorizzazione per l’apertura ed il trasferimento degli esercizi ricettivi, ai fini della semplificazione delle procedure, è transitata, con il recepimento dell’art. 9 della L. 135/2001 da parte della L.R. 2/2002, tra le competenze delle amministrazioni comunali, si ritiene che anche l’autorizzazione per le strutture socio assistenziali in argomento debba essere ricondotta ad analoga disciplina. Ciò in conformità all’indirizzo espresso da numerose questure (vedi ad es. le questure di Palermo e di Messina) che dopo ampio ed articolato esame della problematica hanno ritenuto che la competenza in materia sia ormai esclusivamente dei sindaci, emanando a tal fine specifiche direttive”.

Una responsabilità che i comuni hanno non solo per quanto riguarda l’autorizzazione, ma anche per la vigilanza: più recentemente sulla questione è intervenuto, nel 2015, anche Sebastiano Bruno Caruso, all’epoca assessore ai Servizi sociali, in una circolare: “L.R. 22/86 – Albo degli enti socio-assistenziali. Attività di vigilanza”: “In termini di vigilanza sul sistema di welfare l’art. 24 “Vigilanza” richiama il ruolo della Regione rispetto agli adempimenti dei Comuni scaturenti dall’applicazione della medesima legge e l’art. 25 relativo al controllo sugli enti convenzionati iscritti all’albo regionale così cita “Il controllo sugli enti convenzionati ai sensi dell’art. 20 é esercitato dall’Assessore regionale per gli enti locali, che può avvalersi dei Comuni per singoli accertamenti”. Di seguito la circolare è ancora più specifica: “La Regione Siciliana in materia di vigilanza ha in diversi atti sottolineato il ruolo centrale dell’amministrazione locale, quale istituzione presente sul territorio in grado di vigilare con attenzione e continuità sulla qualità dei servizi socioassistenziali erogati. Al riguardo si ritiene utile richiamare le direttive con le quali la Regione ha manifestato la volontà di avvalersi dei Comuni per la vigilanza sugli enti iscritti all’albo regionale e convenzionati con le amministrazioni locali”.

E ancora: “Il primo atto con il quale si comincia a delineare il sistema di vigilanza e controllo è il Decreto Presidenziale 28 maggio 1987 ‘Regolamento tipo sull’organizzazione dei servizi socio-assistenziali’, emanato in attuazione della legge 22/86, al punto 26. “La vigilanza, il coordinamento, il controllo e la verifica degli interventi non gestiti in forma diretta” richiama il ruolo di verifica e controllo che il Comune dovrà esercitare rispetto agli enti convenzionati di cui si avvale per l’erogazione dei servizi socio-assistenziali. Controllo e coordinamento che si estende anche agli enti iscritti all’albo comunale (art. 27). Con circolare assessoriale 13 Agosto 1993, n. 2 riguardante il servizio domiciliare al punto 10) Vigilanza si richiama l’obbligo delle amministrazioni comunali di verificare l’impiego, da parte degli enti gestori del servizio, di operatori in possesso del prescritto titolo professionale per le mansioni espletate”.

L’assegnazione di un ruolo attivo di vigilanza da parte dei Comuni è ulteriormente confermato dal Decreto Presidenziale 04/06/1996 n. 158, “Approvazione degli schemi di convenzione-tipo per le gestioni da parte dei Comuni della Regione dei servizi socio-assistenziali previsti dalla legge 22/86”, che, nell’ambito dello schema riguardante la gestione delle comunità alloggio per minori, così prevede: “La vigilanza ed il controllo sui servizi oggetto della presente convenzione è esercitata in via ordinaria dall’ente locale e, in via straordinaria, dall’Assessorato regionale degli enti locali”.

Per ultimo, la circolare è ancora più esplicita: “Appare evidente che trattasi di un’indicazione estendibile a tutte le altre tipologie di servizio”.

D’altra parte, il 3 novembre 2020, l’assessore regionale al Lavoro, Antonio Scavone, ha inviato un’apposita nota a tutte le strutture socio assistenziali della Sicilia indirizzata anche alle Asp, ai Comuni e alla Protezione civile regionale “sia per una rigorosa vigilanza sull’attuazione delle prescrizioni discendenti dai provvedimenti in materia sia regionali che nazionali sia per offrire la giusta e doverosa collaborazione a supporto delle strutture”.

 

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