Sulle cosiddette “opere di regime” mi sovviene sempre quello che Pier Paolo Pasolini scrisse lapidariamente, mesi prima di venire ucciso, nei suoi Scritti Corsari (18 febbraio 1975): “… lo dico soprattutto per rilevare un fenomeno che è oggettivamente comune a tutte le Opere del Regime, e che è il seguente: le Opere del Regime non sono Opere del Regime. Sono soltanto Opere che il Regime non può non fare…”. Ed è così. Ogni Regime tende a rafforzare la propria credibilità attraverso Opere, che ingenerino nei propri sudditi il convincimento di vivere nel migliore dei mondi possibili…

Qui da noi a Messina non ci troviamo ovviamente in una tale condizione, non subiamo alcun Regime. Ma in quanto a Opere cerchiamo di non essere secondi a nessuno. Ne fanno fede le decine e decine di cantieri che da mesi, e in qualche caso da anni, si sono aperti e poi, chissà come, rimangono per lunghi mesi, speriamo non per lunghi anni, abbandonati a se stessi, a testimoniare di una volontà politico-amministrativa di esibire vitalità e spirito innovativo ma, ahimé, in gran parte presto rimasto impastoiato tra difficoltà burocratiche e/o incapacità gestionali.

Se girate per le vie della città vi imbatterete in un numero considerevole di aree recintate da quelle grate di plastica arancione che paiono voler comunicare che, attenzione!, qui il Comune si è reso conto di una disfunzione urbanistica e vi ha posto il suo rassicurante sigillo: prima o poi tale disfunzione verrà sanata, e la città ritornerà più bella, gradevole e vivibile che pria!

Il problema per i cittadini è quel “prima o poi”, che pare dilatarsi nel tempo, alla stregua di un orizzonte che si mantenga tale man mano che la barca si spinge in mare aperto. E la città, già resa poco vivibile per scelte urbanistiche sciagurate risalenti ad anni lontani, diventa ogni giorno che passa sempre più caotica per lo scomposto traffico che l’attraversa e sempre più triste da attraversare. Lo rivelano gli sguardi tristi, quando non inferociti, di quanti subiscono file interminabili per raggiungere quotidianamente il posto di lavoro, o anche semplicemente per regalare una passeggiata in auto ai propri familiari.

Qualche esempio? Mesi fa un ignoto automobilista notturno, forse reduce da laute libagioni, sulla Panoramica non riesce a tenere la curva e va a sbattere violentemente contro il muro di cinta del mio condominio, con un impatto che determina il distacco di un intero montante della recinzione, una “colonna” di mattoni di circa 150 kg., nonché l’abbattimento di un palo che esponeva un avviso della Protezione Civile, di un cassone municipale adibito alle deiezioni canine e il danneggiamento di una cassetta-contatore dell’Enel. Accertati l’indomani con altri condomini gli ingenti danni prodotti dall’investitore, chiamo la Polizia di Quartiere venendo da questa dirottato alla Polizia Municipale, che già nel pomeriggio effettua un sopralluogo, accertando il disastro, e provvede successivamente a recintare con le famigerate grate arancioni la zona danneggiata sulla quale condurre i lavori di ripristino (“lavori in corso” recita infatti una scritta presente nella zona recintata). Nei giorni successivi apprendo da alcuni vicini che l’auto dell’ancora ignoto investitore è stata soccorsa e trainata da un carro attrezzi, e chiedo dunque al Comando di rintracciare la ditta di carro attrezzi che ha eseguito la rimozione del mezzo, e attraverso questa risalire alle generalità del conducente e far osservare a costui i propri obblighi di denunciare alla propria Compagnia di Assicurazione i danni prodotti a beni pubblici e privati.

Da allora sono trascorsi più di tre mesi ma a tutt’oggi niente è accaduto, e la recinzione rimane tristemente a testimoniare di una inerzia, certamente non voluta ma ricadente anche sul mio piccolo Condominio, che non può neanche a spese proprie provvedere al ripristino della muratura divelta perché la Ditta incaricata invaderebbe quel piccolo cantiere di lavori pubblici…

I lettori vorranno perdonare questa piccola testimonianza, affatto personale. Essa tocca solo un piccolo esempio dei ben più importanti cantieri impiantati in città e, in gran parte, rimasti privi di definizione. Queste “aree arancioni”, alcune piccole altre assai ampie, finiranno col consolidarsi nell’immaginario cittadino come rete significativa di objet trouvés  esibiti alla fruizione di cittadini e di turisti per mostrare a tutti come il catalogo calviniano delle città invisibili possa essere ampliato a dismisura. Sob.

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