MESSINA. La bomba è scoppiata ieri, poco dopo le 18, con un lancio Ansa: un giudice della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Gaetano Maria Amato, arrestato a Messina dalla Polizia con la pesantissima accusa di pornografia minorile. A deciderlo è stato il gip su richiesta del procuratore Maurizio De Lucia e dell’aggiunto Giovannella Scaminaci, emettendo un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Uno shock per palazzo Piacentini, dove fino a poco tempo fa il giudice prestava servizio: cinquantasettenne messinese, Amato ha iniziato la sua carriera in magistratura come pretore a Naso, per poi esser trasferito a Messina, prima al Tribunale civile poi a quello fallimentare, per approdare nel 2009 alla Corte d’appello di Reggio Calabria.
Poco prima di approdare sulla sponda calabra dello Stretto, agli sgoccioli della sua permanenza da giudice a Messina, nel 2009, Amato subì un procedimento del Consiglio superiore della magistratura per un presunto ritardo nel deposito degli atti. Nella contestazione si rilevava come ci fossero troppe sentenze del magistrato depositate oltre i termini. Per questi ritardi il Csm lo aveva dichiarato colpevole e sanzionato con un’ammonizione.
Gaetano Amato, nel giugno del 2016 a Reggio Calabria, quando era ancora al civile, partecipò ad una conferenza stampa, insieme a tutti i colleghi giudicanti della Corte, per spiegare e difendere l’operato di una collega finita al centro delle polemiche per non avere osservato i tempi per la redazione delle motivazioni della sentenza del processo “Cosa mia” sulle cosche di ‘ndrangheta di Rosarno, circostanza che avrebbe portato alla scarcerazione di tre presunti affiliati alle ‘ndrine.
Di cosa è accusato esattamente Amato? Il reato contestato è il 600 ter che elenca una serie di comportamenti dalla diffusione alla produzione di materiale pedopornografico al fine dell’adescamento di minori che prevede la reclusione da 6 a 12 anni. Oltre a questo, il giudice rischia la sospensione dalla funzione e dallo stipendio, con la collocazione fuori dal ruolo organico della magistratura, da parte della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, che dovrà valutare la richiesta dei titolari dell’azione, il Pg della Cassazione e il ministro della Giustizia, di applicazione delle misure cautelari nei suoi confronti. L’istanza, obbligatoria nei casi di arresto, sarà esaminata dal Csm in tempi rapidi.