MESSINA. Ancora una prima nazionale al Clan Off Teatro. Sabato 22 e domenica 23 aprile, nello spazio di via Trento, nell’ambito della stagione “È tempo di teatro”, direzione artistica di Mauro Failla e Giovanni Maria Currò, andrà in scena “Emigranti”, testo di Sławomir Mrożek, con Ivan Giambirtone e Rosario Altavilla, per la regia di Paolo Orlandelli.

Uno dei lavori più amari, sferzanti ed immediati del drammaturgo, giornalista e vignettista satirico polacco, “Emigranti”, scritta nel 1974, conduce lo spettatore in un sottoscala di una grande città “occidentale”, come potrebbe essere Roma, Parigi, New York o Buenos Aires.

Un “non luogo” in cui la miseria non è una parola da tradurre ma un dato di fatto di quotidianità disperate. All’interno di questo ambiente privo di finestre si muovono due personaggi indicati nel testo con i nomi convenzionali di “Aa” ed “Xx”. Due nomi agli antipodi per estrazione sociale, culturale, speranze e stile di vita. Quello che però, pur unendoli, li differenzia in maniera profonda, è l’esperienza dell’emigrazione, che ha messo insieme in maniera paradossale “un uomo del popolo” che ha lasciato la patria per ragioni economiche ed un “intellettuale” che è invece fuggito per motivi politici.

Due mondi che normalmente non si sarebbero mai incontrati vengono così accostati dalla necessità e la situazione che ne scaturisce diviene potenzialmente distruttiva per entrambi. Un tema quanto mai attuale, segno che le migrazioni hanno, da sempre, caratterizzato la storia dell’uomo, con il loro carico di disperazione, solitudine, travaglio, alla ricerca di un presente e un futuro migliori.

Nel 1974 la Repubblica Socialista polacca era in pieno regime sovietico e doveva ancora conoscere il movimento operaio che qualche anno dopo si sarebbe sviluppato intorno al sindacato “Solidarność”, appoggiato com’è noto, dallo Stato del Vaticano. In quello stesso anno Mrożek dà vita ad un testo non estraneo alle influenze della coeva drammaturgia europea e non, in cui due personalità generiche si confrontano in uno scantinato, incarnando la dicotomia tanto cara alla letteratura e storia russa o filorussa: classe operaia, intellettuale.

 

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