MESSINA. Stando ai freddi numeri, l’indiscusso dominatore di questa tornata di elezioni e Antonino Calderone, deputato regionale uscente, che è riuscito nel compito di farsi eleggere sia alla Camera dei Deputati, che farsi di confermare all’ars: un’impresa che non è riuscita nemmeno al recordman di voti personali Cateno De Luca, e che lo mette in condizione di poter scegliere. Entro 60 giorni dovrà sciogliere la riserva e optare per il Parlamento Nazionale o quello regionale. Dr Luca si è detto già, ma chi è uscito dalle elezioni del 25 settembre con il sorriso sulle labbra, e chi invece con un sommo scorno? Matteo Sciotto per esempio, sorride a 32 denti: Non solo è riuscito a farsi eleggere all’ars, cosa che non era riuscita 5 anni fa, ma lo ha fatto da recorman di voti dietro De Luca nella lista Sud contro Nord, pur essendo un acquisto dell’ultima ora, dato che ha militato nel PD per lunghissimo tempo. Il suo ex partito, per esempio, è di quelli che piangono lacrime amare: è riuscito a portare un deputato a Palazzo dei Normanni, ma è il giovanissimo Calogero Leanza, figlio d’arte, che con il partito non ha mai avuto praticamente nulla a che spartire, e arrivando davanti, e non di poco, al segretario provinciale Nino Bartolotta, la cui affermazione personale, seppure elevata in termini di numeri, non gli ha garantito il seggio, nonostante si sia messo dietro l’ex segretario provinciale della Cgil Giovanni Mastroeni, che probabilmente puntava molto più in alto. Una grossa delusione il 25 settembre l’ha riservata ad Antonio Catalfamo, deputato uscente che pure bene Si era comportato nei cinque anni precedenti, ma che ha clamorosamente cannato la strategia elettorale. Nel 2017 si era presentato con Fratelli d’Italia, quando il partito di Giorgia Meloni aveva poco più del 5% dei consensi, e verso la fine della legislatura ha abbracciato la causa della lega, che oggi esce dalle urne più o meno con la stessa percentuale che il partito della fiamma, che oggi sta volando, aveva cinque anni fa. A Pippo Laccoto, che sorride sornione, invece il colpaccio è riuscito, proprio con la lega. Abbandonando al suo destino il Partito Democratico, che lo aveva visto tra i primissimi iscritti, è riuscito a piazzarsi in un seggio all’Ars, il quinto, in quota Lega-Prima l’Italia, partito che ha incoronato senatore della repubblica Nino Germanà. I due, dopo una vita a farsi la guerra politicamente per il “predominio” di Brolo da posizioni opposte, si sono trovati sulla stessa sponda. Nella stessa lista, chi tutto sommato non ha sfigurato è stato l’ex sindaco di Messina Peppino Buzzanca: terzo con oltre 2500 voti non è male per chi è stato completamente fuori dalla politica per nove anni, praticamente un’era geologica. Chi non ha nulla di cui essere soddisfatto è Danilo Lo Giudice, che ha ottenuto una discreta affermazione personale, ma non è riuscito a riconfermarsi all’Ars perchè alla lista non è scattato il seggio, perchè non ha superato il 5% su base regionale nonostante un lusinghiero 8,18% di voti provinciali: segno che fuori da Messina è la presenza di Cateno De Luca, non importa se in lista o per simbolo, a far accorrere le masse al voto. Nella stessa lista, pur non eletta, Serena Giannetto ha praticamente triplicato i voti che l’hanno riportata in consiglio comunale, un exploit che probabilmente gli varrà una posizione privilegiata nell’esecutivo di Federico Basile, quando si tratterà di rinnovare giunta o sottogoverni, così come ad Alessandro De Leo. Lo stesso non si può dire per Nicoletta D’Angelo e Concetta Buonocore, entrambe consigliere comunali elette con un partito (Forza Italia la prima e De Domenico sindaco la seconda) e transitate immediatamente nell’orbita De Luca: non è servito loro molto, perchè D’angelo ha ottenuto un buon numero di voti, raddoppiando quelli per il consiglio, ma in una lista di “mostri” (Sud chiama Nord) è rimasta molto indietro, anche se a un tiro di schioppo dal sindaco di Lipari Marco Giorgianni, che da queste regionali non ha avuto grosse soddisfazioni. Buonocore, in Orgoglio siculo, ha preso un centinaio di voti in più di quelli di giugno alle amministrative, ma è rimasta lontana dalla “vetta”. Entrambe, in casa Forza Italia, per Bernadette Grasso, assessora e deputata regionale uscente, la tornata di domenica è stata dolceamara. Amara perchè è stata battuta, anche piuttosto nettamente (quasi il doppio dei voti), dallo schiacciasassi Calderone. Dolce perchè con tutta probabilità, Calderone opterà per il posto alla Camera lasciandole libero quello all’Ars. Niente a che vedere con la debacle di Beppe Picciolo, che da un paio di elezioni (da quando nel 2017 non è stato riconfermato all’Ars) è rimasto fuori dai giri che contano, e nonostante la terza posizione, che potrebbe farlo rientrare in gioco con la formazione del governo regionale, non ha molto per cui festeggiare. Il tonfo più clamoroso, probabilmente, è quello di Antonella Papiro, deputata del Movimento 5 stelle per quattro anni e mezzo (eletta con le liste bloccate) che ha racimolato appena 538 voti. In casa Fratelli d’Italia sorride Pino Galluzzo, riconfermatissimo con un ottimo bottino di voti, oltre ottomila, che gli hanno consentito di sopravanzare l’altra uscente Elvira Amata, che però si è consolata con l’elezione nel “listino” del presidente. Per quanto riguarda le politiche, la vera delusione l’ha avuta Matilde Siracusano, che non ha nascosto il suo disappunto per il fatto che i messinesi, per i quali in parlamento si è spesa come nessuno dei suoi colleghi, gli abbiano preferito Francesco Gallo all’uninominale, anche se a Montecitorio la valida deputata di Forza Italia ci entrerà lo stesso, in un collegio catanese. Uninominale che è stato un trionfo per Dafne Musolino, e una mezza delusione per la deputata uscente Ella Bucalo, l’unica che ragionevolmente avrebbe potuto contenderle la vittoria (e infatti le è arrivata dietro per meno di duemila voti sui 104 che sono valsi all’assessora del comune di Messina la vittoria), che si è comunque consolata rientrando al Senato nel collegio plurinominale.

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