MESSINA. Non è passato senza lasciare strascichi il corteo funebre di due giorni fa, con un grosso numero di persone ad accompagnare al camposanto la salma del fratello del boss Luigi Sparacio, sotto gli occhi di tutti, nonostante il rigoroso divieto di celebrazione di funerali imposto dal decreto dell’8 marzo 2020 che ha detto stop a cerimonie civili e religiose, a matrimoni e funerali.

Oltre all’indignazione “social”, ci sono state anche prese di posizione: la “rete 34+” ha scritto al sindaco di Messina Cateno De Luca, al questore di Vito Calvino, al Prefetto Maria Carmela Librizzi e al vescovo Giovanni Accolla per tentare di capire come sia stato possibile, e che cortocircuito istituzionale l’abbia permesso.

“La morte di una persona, così come il dolore dei cari e della comunità di affetti che ne è colpita, sono questioni delicate. Né, in assenza di informazioni sulla biografia di chi è mancato, e nel facile proporsi di giudizi che sono spesso avventati quando si parla di familiari di criminalità organizzata, è possibile esprimere giudizi definitivi. Al di là di chi manca, insomma, la morte è una questione delicata e la rispettiamo profondamente.

Malgrado questo, però, non possiamo evitare di chiedere spiegazioni al Sindaco De Luca, alla Questura, alla Prefettura e alla Chiesa messinese su cosa sia successo veramente lo scorso venerdì allorché si sarebbe svolto l’accompagnamento funebre di un defunto.

È giusto chiederlo perché a essere leso è quel principio di uguaglianza che ha impedito a molte famiglie di onorare i propri cari in questa stagione di divieti. Rendere conto di questa liberalità – ma anche dell’assenza di parole di quel radicale e rumoroso persecutore delle illegalità che corrisponde al nome di Cateno De Luca – è obbligatorio. Cosa è accaduto dunque lo scorso venerdì e cosa ha reso questa situazione – pur dolorosa e delicata – diversa dalle altre?”

Sull’argomento è intervenuta anche Cambiamo Messina dal basso”, con un punto di vista non molto diverso: “Siamo bombardati ogni giorno da notizie che ci parlano di innumerevoli persone che sono morte da sole, con i familiari che non hanno nemmeno potuto celebrare i funerali dando l’ultimo abbraccio ai propri cari, deceduti in seguito alle complicazioni dovute al COVID-19.

Celebrazioni pasquali vietate, funerali vietati se non a pochissimi intimi, in accordo con le autorità, com’è giusto che sia, ma a quanto pare non è così per tutti, se è vero come sembra che al funerale sopraddetto erano presenti moltissime persone vicine al deceduto.

E a questo punto viene naturale porsi alcune domande: ma com’è possibile che gli ormai “tristemente famosi” ragazzi della Renault 4, che non hanno alcuna indagine in corso, sono perennemente al centro dei pensieri dei nostri politici che, però, al contempo, sono molto più attenti a non spargere lo stesso fango sui cosiddetti sciatori?
Perché vengono fatti sempre due pesi e due misure? Allo stesso modo, non una parola su questa vicenda gravissima, non un provvedimento, non un controllo, non un annuncio, niente di niente.

Che sia forse il solito giochino? Gettare fango sui cosiddetti deboli, gettare fango su chi ha meno strumenti per difendersi, e poi gettare non fango, ma acqua sul fuoco quando la vicenda riguarda qualche “potente” di turno? O magari qualcuno che può tornare comodo e sarebbe meglio non “inimicarselo”? Fuoco e fiamme per i deboli ed estintore per i potenti di turno. Sarà questo il segreto per arrivare alle tante agognate poltrone? Cari politici, e cari tutti, ricordiamocelo: in vita siamo tutti uguali, ma anche nella morte.

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