Hobelix

 

Per trent’anni, dal 1978 al 2008, ha rappresentato l’alternativa alle più istituzionali e classiche Ciofalo e Bonazinga, ma la Hobelix era più di una semplice libreria.

Concepita all’inizio, in pieno movimentismo, come luogo di dibattito e centro di documentazione, in cui trovare riviste alternative, libri semisconosciuti ed editoria militante, negli anni era diventata non solo luogo di vendita, ma anche di produzione di cultura e di inchieste: una sulla giustizia a Messina (“Giustizia non è fatta”), due saggi sul sindacato, un dossier sul femminismo.

 

 

La Hobelix è nata in 40 metri quadrati in via della Zecca, gestita con criteri di volontariato, fino alla “maggiore età”, il trasferimento nei locali storici di via dei Verdi e la scelta cooperativistica, aprendosi al mercato e all’impresa, ma con antenne sempre ben sintonizzate sulla cultura alternativa.

Negli anni le tante intuizioni: presentazioni di libri con autori, mostre di arte contemporanea, dibattiti pubblici, iniziative prettamente politiche, i locali che si allargano, la “mediateca”, che ai libri ha affiancato anche la musica, e i prodotti di mercato equo e solidale.

Poi la crisi, la chiusura, il messaggio di addio su Facebook. A Messina, negli anni immediatamente successivi, di librerie ne sono nate molte, un piccolo boom in una città allergica alla lettura (come la regione, come la nazione), sono arrivati i grandi brand nazionali, gli indipendenti hanno dato prova di intraprendenza, i giovani si sono inseriti nel mercato a spallate e i nomi storici si sono riposizionati.

E le intuizioni che furono della Hobelix, oggi, sono più vive che mai.

 

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