MESSINA. “Non possiamo che indignarci leggendo un articolo che strumentalmente rievoca una lettera che due anni fa un gruppo di donne avevano indirizzato alla stampa in merito alla campagna anti-prostituzione che la Polizia Municipale portava avanti, nella quale sostenevano che dietro la pubblicazione delle immagini di quanto rinvenuto in quelle case d’appuntamento, vi sarebbe una visione misogina, bigotta, e patriarcale di Cateno De Luca“. È quanto scrive in una nota congiunta la quota delle donne in seno all’Amministrazione del Sindaco Cateno De Luca, fra assessori e componenti delle società partecipate. Il riferimento è a un comunicato inviato inviato ieri alla stampa dal gruppo “Stop misoginia”, intervenuto in merito alle recenti dichiarazioni dell’assessore Dafne Musolino sull’operato della Polizia municipale, in cui si faceva riferimento a una lettera sottoscritta nel 2019 da 91 firmatarie, che all’epoca criticarono la pubblicazione sui social, da parte del sindaco, di preservativi, peni di gonna e lubrificanti a margine dei “blitz” notturni. La nota di ieri è relativa alle discrepanze fra quanto scritto all’epoca dal sindaco sui social e i “chiarimenti” dal parte dell’assessore Musolino (che ha attribuito le responsabilità ai Vigili) dopo la nota del procuratore Maurizio De Lucia, mentre la lettera allegata, come specificato dalle firmatarie, “intendeva unicamente fornire alla stampa le coordinate storiche in cui il gruppo si era mosso nel 2019”.

«Riteniamo inaccettabile – si legge – l’associazione di idee secondo la quale la documentazione e pubblicazione delle operazioni di ordine pubblico mediante immagini degli oggetti e del denaro costituirebbe una forma di violenza definita ‘simbolica’ perpetrata dal nostro Sindaco. Questa Amministrazione ha incentrato tutta la propria azione su un canone di trasparenza e di testimonianza immediata e diretta, anche mediante immagini, di ciò che quotidianamente viene portato avanti nell’interesse della collettività. Non vi è alcuna differenza tra le immagini relative ai controlli sulla ‘movida’ nei locali notturni, dove compaiono decine di bottiglie sui tavolini o rovesciate a terra nelle discoteche, o le immagini della merce oggetto di provvedimenti di sequestro nei confronti dei venditori abusivi e la merce sequestrata nelle case di appuntamento. In tutti questi casi, le immagini documentano ciò che era stato rinvenuto, in modo oggettivo e realistico al fine di squarciare quel velo di ipocrita perbenismo, per il quale tutti in città sapevano che nei locali notturni si somministrava alcol ai minorenni, e che in molti appartamenti, vi si possono trovare ragazzine spesso minorenni che non praticano una sessualità libera e disinibita, ma che si trovano in uno stato di difficoltà materiale o psicologica e di sfruttamento. Cateno De Luca non è un Sindaco maschilista e patriarcale o misogino e grezzo – continuano il Vicesindaco e le Assessore insieme al resto delle donne di dell’Amministrazione De Luca – perché non lo è prima di tutto come uomo prima ancora di personaggio pubblico. Se fosse stato misogino Cateno De Luca non avrebbe mai avviato la sua azione di governo amministrativo con una Giunta tra le più rose d’Italia (qui un approfondimento, ndr) affidando alle donne deleghe di peso come i finanziamenti europei, il bilancio, l’ambiente, le politiche sociali, la pubblica istruzione; se fosse stato patriarcale non avrebbe affidato a due donne la presidenza rispettivamente di Messina Social City e Amam Spa (tra le società partecipate più importanti), se fosse stato patriarcale non avrebbe scelto una donna come Segretario Generale. Dopo due anni e mezzo possiamo testimoniare che ci troviamo di fronte un Sindaco rivoluzionario, affascinato dalla capacità delle donne di cogliere le più impercettibili sfumature dei problemi sapendo scegliere con celerità la soluzione più opportuna. Un amministratore pubblico che ha dato sostanza al concetto virtuale di parità di genere perché ha saputo rimuovere ogni ostacolo strutturale che da sempre impedisce alle donne un accesso paritario, garantendoci sin dall’inizio un’ampia flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro ognuna di noi è riuscita a conciliare gli innumerevoli impegni di lavoro con gli impegni familiari (famiglia, figli, genitori anziani da accudire) e siamo riuscite a dedicare al lavoro le stesse energie mentali dei nostri colleghi uomini. Non era semplice in un ambiente di lavoro atavicamente dominato da orari e ritmi maschili. Cateno De Luca ci è riuscito dandoci quella serenità che ha permesso una costante crescita partecipativa femminile nei processi decisionali di governo della res pubblica. Non era facile. E non è proprio da uomo grezzo e maschilista esserci riusciti. In questa Amministrazione la verità è che tutti sono considerati alla stessa maniera che siano uomini o donne ed è questa la vera rivoluzione. Noi donne abbiamo un ruolo e delle responsabilità sempre crescenti commisurate alle capacità dimostrate sul campo, abbiamo piena fiducia, e mai mai nessuno sconto. E mai dovrà esserci perché siamo capaci sempre di fronteggiare qualsiasi avversità. Non siamo il sesso debole in questa Amministrazione. Siamo una costanza attiva e probabilmente il vero punto di forza e l’orgoglio di questo Sindaco. E noi tutte siamo ben lontane da questo falso moralismo di chi rivendica un uso libero associando la prostituzione alla libertà di espressione. Noi sottoscritte – conclude la nota – saremo sempre al fianco di un Sindaco che tenterà fino all’ultimo di scardinare ogni forma di moralismo becero e falso perbenismo in una città dove un gruppo di donne si indigna più per le foto degli oggetti sequestrati in una casa di appuntamenti che per la violenza perpetrata sui corpi sfruttati di donne segnate per sempre da esseri maschilisti, misogini e grezzi».

 

Di seguito la lettera inviata nel novembre del 2019 dal gruppo:

«Siamo un gruppo di donne messinesi disgustate dall’esposizione di preservativi, peni di gomma, reggiseni, lubrificanti e denaro che il sindaco De Luca ha deciso di offrire alla cittadinanza con scadenza pressoché settimanale.

E si noti che non siamo disgustate dalla visione di quegli oggetti, che fanno parte di una sessualità priva di inibizione e vergogne che non è da criminalizzare ed appartiene anche a tante tra noi. Ma dalla fantasia pruriginosa e bigotta del regista di questa visione: il sindaco Cateno De Luca.

Non si fatica a comprendere come la scelta di esporre quei “corpi del reato” corrisponda a una visione patriarcale, misogina e violenta della donna, delle trans e della sessualità. Vi è un filo che unisce la violenza materiale sul corpo femminile, incluso quello delle trans, compiuta da tanti aggressori e quella “simbolica” perpetrata dal sindaco. Alla base, infatti, vi è l’idea che l’unica sessualità ammissibile sia quella della donna angelicata, custode del focolare domestico, sessualmente addomesticata e dedita alla riproduzione e alla prole.

E se i corpi e i volti di quelle che trasgrediscono non possono essere esposti, allora a essere esibiti devono essere gli strumenti della loro trasgressione: per l’appunto i lubrificanti, i preservativi, i giocattoli e, naturalmente, il denaro che è segno della superbia delle donne che hanno trasgredito e simbolo della loro cupidigia.

Di fronte alla grettezza di questa visione vogliamo dire che, come donne, la lotta alla prostituzione intrapresa con modalità rozze e patriarcali da questo sindaco non ci fa sentire affatto più sicure. Anzi ci fa trepidare per quelle donne meno fortunate di noi che sono al centro di questa crociata maschilista e greve. E ci rende insicure perché ci mostra come un istinto e una cultura morbosi e patriarcali vengano legittimati dalla massima istituzione cittadina. E anche perché la salute pubblica e la nostra sessualità è minata da questa campagna che associa i profilattici – lo strumento più efficace contro le malattie sessualmente trasmesse e, probabilmente, uno dei più sicuri contro le gravidanze indesiderate – alla sporcizia morale.

Se, così come afferma l’unica legge valida in materia, la “Merlin”, vi è da combattere lo sfruttamento della prostituzione – e non il lavoro sessuale in sé e per sé, che è frutto di “scelte” dettate dalle circostanze di vita di chi lo pratica – ben venga. Ma che il corpo delle donne e la loro sessualità, inclusa quella “commerciale”, non diventi il pretesto per una moralizzazione della società che non può essere intrapresa certamente da un sindaco benpensante, le cui rappresentazioni pubbliche si sforzano di apparire sistematicamente morbose e misogine».

 

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