MESSINA. Raccontare la scultura in Sicilia tra Quattro e Cinquecento attraverso la letteratura riguardante gli artefici, mettendo in secondo piano, per una volta, l’aspetto stilistico o, peggio ancora, attributivo. È questo lo scopo di “Scrivere di marmi”, il volume di Barbara Mancuso, edito da Magika (176 pagine, 18 euro), che si dedica all’analisi di notizie storiche, descrizioni di opere, biografie di artisti, memorie, vagliando diverse tipologie di fonti che vanno dalla metà del XVI secolo ai primi decenni del XIX. Un insieme che lascia emergere i vari atteggiamenti e approcci degli autori delle diverse epoche nei confronti della scultura. “A scrivere di marmi – si legge nella presentazione – si ritrovano letterati, storici, religiosi, aristocratici appassionati d’arte, conoscitori ma anche architetti e viaggiatori: divisi tra quanti solo marginalmente si interessano di scultura, quanti propongono letture simbolico letterarie e quanti invece guardano agli aspetti peculiari del fare arte e della tecnica, proponendo osservazioni stilistiche e formali, e persino applicando talvolta un vero e proprio metodo da conoscitore”.
L‘AUTRICE. Ricercatrice e docente di Storia dell’arte presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Catania. Barbara Mancuso ha all’attivo numerosi contributi sulla Storia del Collezionismo in Sicilia, sui suoi rapporti con altre aree, tra XVII e XIX secolo, sulla committenza e sulla storia del gusto. Ha indagato le collezioni catanesi del XVIII secolo ed è attualmente Principal Investigator del progetto di ricerca La storia delle collezioni per l’educazione al patrimonio. Arte antica, medievale e moderna nel museo civico di Castello Ursino. I suoi studi sull’arte siciliana vertono da un lato sui pittori del Seicento, dall’altro sulle fonti scritte della storia dell’arte. Con la casa editrice Magika ha pubblicato Le raccolte del canonico Giuseppe Alessi e il collezionismo in Sicilia tra XVIII e XIX secolo (2012).
CARATTERISTICHE DEL LAVORO. Il primo dato importante che emerge dal lavoro della studiosa è aver rintracciato e riorganizzato tanti materiali scritti sulla scultura. “Pressoché tutte le fonti riportate in questo testo sono note, più o meno sfruttate, ma generalmente usate solo per documentare singole opere o artisti: un ricorso alle fonti come semplice strumento di informazione diffuso e pericoloso, perché come tutti i documenti scritti anche le testimonianze storiografiche e letterarie necessitano di una piena comprensione dell’atteggiamento di chi scrive del suo modo di vedere le cose, anche solo per vagliarne il grado di attendibilità e correttezza”, scrive l’autrice nell’introduzione. Per questo, il volume è un percorso attraverso diverse tipologie di fonti (opere storiografiche, letteratura biografica, annalistica, memorialistica, descrizioni di opere, ma anche qualche inventario e qualche documento grafico, con incursioni nella letteratura di viaggio e nella periegetica) , diverse per qualità e finalità, dalla metà del XVI secolo ai primi decenni del XIX, per misurare la fortuna storica delle opere e degli scultori in marmo attivi in Sicilia nel Rinascimento, nel tentativo di comprendere quali acquisizioni e conoscenze emergano col tempo e quali atteggiamenti mostrino gli autori nelle diverse epoche storiche nei confronti della scultura. I contributi in tal senso sono davvero ridotti e limitati, per la situazione siciliana, a carrellate di fonti costellate da citazioni che si susseguono in più o meno lunghi archi cronologici a coprire l’area orientale o quella occidentale dell’isola. Anche gli studi sulla scultura, da Gioacchino Di Marzo in poi numerosi in Sicilia, e ancor più numerosi negli ultimi decenni, non propongono mai il quadro della letteratura sull’argomento – ad eccezione dello stesso, meticolosissimo, Di Marzo – e continuano a sfruttare solo i passi, talvolta dubbi e forieri di errori difficili da estirpare, che possano far luce sulle opere e sull’attività dei singoli scultori, selezionando magari solo quelle a favore della tesi avanzata ed escludendo le attestazioni di dissenso.
L’autrice, nell’analizzare le fonti, opera una distinzione fondamentale che “passa tra quanti si accostano alle opere con il disinteresse per il manufatto in sé proprio del letterato o del chierico in bottega, e quanti, nella volontà di comprendere e chiarire i fatti artistici, guardano agli aspetti peculiari dei manufatti, quelli stilistici e formali, fino ai primi tentativi di applicazione di un vero e proprio metodo da conoscitore”. “Una distinzione – spiega Barbara Mancuso – assunta come metro sia nel ricomporre il quadro di quanti in Sicilia hanno scritto di scultura in marmo sia nel selezionare la raccolta di fonti che compone la seconda parte di questo libro.
LE CHICCHE. Tra le particolarità presenti nel volume, una raccolta di fonti in appendice costituita essenzialmente dalla letteratura biografica, più densa di notizie sulla storia della scultura, con la trascrizione integrale de Il Gagino Redivivo di Auria; le vite dedicate agli scultori messinesi da Susinno; le brevi biografie estratte dagli Annali di Caio Domenico Gallo e dai manoscritti del marchese di Villabianca; i contributi di primo Ottocento su Antonello Gagini di Giuseppe Bertini, Rosario Gregorio e Agostino Gallo.