MESSINA. È stata localizzata una chiesa sconosciuta a Messina. Si tratta della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo Apostoli e a trovarla è stato un cittadino del villaggio di Castanea, Giovanni Quartarone. Il tempio, di cui si erano perse le tracce, si trovava sulle colline sopra San Saba, più precisamente in contrada Miano, che una volta faceva parte del feudo di Castanea.

Di seguito la spiegazione e il racconto del ritrovamento da parte di Giovanni Quartarone:

L’importante documento del 1666 conservato presso L’Arca Magna (Archivio Storico Capitolare) della Diocesi di Patti ci offre una lettura dettagliata e apre molti scenari di ricerca sull’antico casale messinese di Castanea. Esso si estendeva da Policara a San Saba, incluso Calamona, abbracciando tutto il territorio dell’odierna Castanea fino a Portella e probabilmente, come testimoniato da questo documento, vantava la giurisdizione spirituale su altre chiese di cui una extra moenia intitolata a Santa Maria dei Bianchi (Alborumattigua alla contrada Ricciardo vi è la contrada Bianchi) e l’altra a Santa Maria di Trapani.  Dal 1345 “una porzione” del vasto territorio era stata venduta ai Gerosolomitani che rivendicavano anche la giurisdizione spirituale sul restante casale generando continue liti e soprusi. Fra le tante motivazioni di scontro forse quella più rilevante era l’elezione del parroco della parrocchiale di San Giovanni che per “antico privilegio” veniva nominato dal popolo che, quello stesso popolo, come si legge nell’epigrafe posta sulla porta maggiore, nel 1500 aveva edificato il tempio dedicato anche al Precursore.

Dalla fine del XVI secolo prendevano avvio numerosi conflitti fra la Curia arcivescovile di Messina e il Gran Priorato. Liti che spinsero la Santa Sede a nominare per la chiesa di Castanea un vicario apostolico e a dichiarare la stessa nel 1629 nullius dioecesis. Per anni toccò al vescovo di Patti la nomina del vicario apostolico e per questo motivo ritroviamo fra le varie relazioni delle visite pastorali quella di monsignor Ignazio D’Amico che ebbi modo di consultare nel 2018 e riprodotta in parte (facilmente reperibile in rete) da Giovan Giuseppe Mellusi in “Archivio Storico Messinese”, Volume 104 (2023).

Fra le tante notizie storico-artistiche e quelle inerenti ai toponimi ancora oggi esistenti (da qui nasce l’accorato appello all’amministrazione comunale di valutare l’importanza della toponomastica dei villaggi prima di procedere senza tener conto che dietro vi è una memoria storica identitaria), alle devozioni e alle tradizioni la preziosa relazione apre un campo di studi vastissimo. Come già scritto delle ventuno chiese elencate nel documento ne restano ancora due da identificare dopo che il tempio intitolato ai Santi Filippo e Giacomo, sconosciuto da secoli, è stato localizzato.

Il documento così ne parla: «Visitavit ecclesiam Sanctorum Apostolorum Philippi et Iacobi dicti ruris Castaneae que rettore caret et curam habuerunt patres fratres conventus Ordinis Sancti Augustini huius ruris qui ad presens dictos conventus reperitur oppressus, caret etiam omnibus iocalibus ecclesiae pertinentibus ad celebrationem misse et comparuit fr. Ioannes huius ruris custos dicti conventus dixit nichil haberet et curam gesserunt dicti patres Ordinis predicti mandavit ut non celebretur in predicta ecclesia nisi prius compareant habentes ius et causam coram Ill.ma et R.ma Dominatione Sua sopra spatium diem quindecim et de omnibus ad predictam ecclesiam spettantibus certiorem faciant ad effectum ut designetur persona que curam teneat de preditta ecclesia de omnibus decenter ornetur et accommodetur» (vedi Mellusi).

La chiesa priva di rettore è affidata alle cure del convento annesso alla chiesa dell’Annunziata dei Padri Agostiniani di Castanea che dal 1588 subentrarono alla confraternita dei Disciplinanti, quest’ultima presente alla fine del XV secolo come attesta l’importante commissione fatta allo scultore A. Freri per il gruppo marmoreo della titolare (oggi sono conservate le due statue acefale). Il promontorio, ricco di uliveti e ville situato alle spalle della baia di San Saba è denominato contrada San Filippo.

Da anni interrogavo gli anziani per ottenere eventuali notizie su una cappella dedicata a San Filippo d’Agira a Castanea pensando che la contrada mutuasse il nome dal santo esorcista venerato nella chiesa dell’Annunziata e festeggiato solennemente nel XVII secolo. Di detto Santo conserviamo una statua lignea antica. Nella prima domenica di questo mese, dopo pranzo, mi avventurai per le campagne senza trovare nulla che mi riconducesse a un edificio di culto. Una zona bellissima con un panorama mozzafiato, un terrazzo sul mare, una “torre” pianeggiante di avvistamento che domina da Milazzo alla sponda calabra, comprese le isole Eolie. Prima di tornare su per la collina raggiunsi la costa, e mi fermai dinnanzi la seconda chiesa dedicata a San Saba nella piazzetta adibita a centro di incontro. Qui chiesi agli anziani presenti notizie ma nessuno mi seppe dare notizie in merito. Poi, una signora in villeggiatura mi disse che nel suo podere proprio nella contrada dell’indagine, nell’antica villa ereditata dai nonni, un tempo aveva trovato una “strana” pietra bianca che era andata perduta. La invitai gentilmente ad accompagnarmi in questo terreno che visitammo giorni dopo. Mi si presentò dinanzi un esteso uliveto con una graziosa villa in rovina della fine del Settecento (?) con annesso magazzino e con mia sorpresa mi fu detto, e poi documentato da alcuni scatti fotografici, che ivi era stata rinvenuta una piccola campana in bronzo.

Il reperto non lasciava dubbi essendo datato al 1764 e ornato con due croci inscritte in un cerchio in apertura e chiusura della data. Al centro in un tondo nitide le figure di due santi quasi in un abbraccio mistico con due angeli in volo che li incoronano. Sotto una siepe di pietre e infine tre putti oranti. Nel ricercare l’iconografia dei santi apostoli Filippo e Giacomo il minore, ritratti e festeggiati assieme dopo la traslazione delle loro reliquie avvenuta a Roma nel 516 d.C., oltre la croce simbolo del martirio di Filippo, non mancano gli angeli e le pietre che ricordano la lapidazione di Giacomo il minore.

Il ritrovamento di questa campana, custodita anticamente nel vecchio magazzino, non lascia alcun dubbio: qui sorgeva la chiesa citata nella visita pastorale nella vetusta Villa Maria di proprietà della famiglia Russo – Giacoppo. Le dimensioni della campana, dal diametro di centimetri 25 e alta 30 centimetri, possono darci un’idea sul fabbricato che poteva essere non dissimile per grandezza e conformazione alle sopravvissute chiese rurali dei dintorni di Policara, Santa Rosalia, Tonnaro composte da un’aula rettangolare coperta da volta a botte (impianti presumibilmente di epoca bizantina).  Dal promontorio in linea d’aria, si raggiunge con l’occhio l’altra chiesa dedicata a San Domenico a Policara e quella sopra Rodia dedicata a Santa Maria del Bosco, citate nella visita; queste tre insieme ad altre collocate a ritroso verso la collina erano sicuramente avamposti, punti strategici di difesa dalle incursioni che potevano sopraggiungere dal mare, i primi baluardi che via via si trovano risalendo il torrente Giudeo fino alle porte di Castanea ultima “roccaforte”, che proteggeva la città di Messina dalle probabili minacce che sopraggiungevano dal Mar Tirreno.

Rientrato a casa riprendo fra le mani il prezioso volume di padre Ciraolo del novembre del 1908 e nel prestare attenzione alle vergature, delle quali già scrissi nella mia pubblicazione, trovai che la signorina Milena Ciraolo aveva scritto vicino alla descrizione della chiesa di San Saba che: «Una chiesa vi era a Miano fatta nella proprietà di Russo ora magazzino». La contrada Miano che in realtà coincide con torrente omonimo è accostata alla contrada San Filippo e quel “magazzino” citato da Milena è certamente quel vecchio magazzino annesso alla casina in cui fu ritrovata la campana. Sempre in questa escursione un’altra importante testimonianza, mentre cercavamo la chiesa, fu data da un naturale di San Saba circa l’ubicazione della prima chiesa del Santo che Nino Principato, in “Sulle orme dei monaci bizantini a Messina” del 2005, localizza addossata e inglobata in un’abitazione in prossimità del ponte a mattoni (lato Rodia), stesso luogo in cui il testimone racconta che il suo podere, che si trova sopra la detta strada era denominato dalla sua trisavola “supra a chiesa” e che Gaetano La Corte Cailler nel 1902 cosi descrive: “Andai a visitare la chiesetta, proprietà della famiglia del Protopapa Vinci, il quale vi trasportò una antica tavola della Madonna del Graffeo che era alla Cattolica. La chiesa pare dell’istessa età di quella di Policara: è a volta ma con un arco leggermente acuto.”

“Ioseph Vinci Protopapa/Hic Jaceo/orate pro me 1772”: questa era l’iscrizione posta sulla tomba della prestigiosa figura messinese che volle essere sepolto nella chiesa del SS. Rosario di Castanea. Oggi un frammento del sepolcro è esposto a lato destro della porta maggiore e di recente mi è stato comunicato dal  parroco di Castanea, don Vincenzo Majuri, che il Protopapa risulta essere stato battezzato in detta chiesa, dunque era nato a Castanea.

 

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