MESSINA. Centesimo posto, cifra tonda (e disastrosa, le posizioni sono 107): Messina – provincia inclusa – si conferma tristemente e in maniera drammatica uno dei luoghi in Italia in cui si vive peggio. Una china discendente guardata con pessimismo da chi rimpiange i “vecchi bei tempi”. Che a ben vedere non sono mai esistiti. Perché, in trent’anni, la provincia dello Stretto, tranne qualche rato exploit, ha sempre navigato nelle parti peggiori delle classifiche.

Arrivata alla trentesima edizione, la classifica stilata da Il Sole 24 ore per raccontare la qualità della vita nelle province italiane, ha sempre fotografato, per quanto riguarda Messina, una realtà  di sottosviluppo, di economia arretrata, di servizi insufficienti e di generale abbandono. Era 81ma nella prima edizione (quando le province erano 95), e quello è stato tra i migliori risultati, perché oltre quella posizione non è mai più andata più o meno lì è rimasta sempre.

Il miglior piazzamento, 76ma, Messina l’ha registrato nel 1995 (e il peggiore dieci anni dopo, nel 2015, quando è arrivata 104ma), e l’andamento è altalenante: alti e bassi, ma sempre nell’ambito delle parti bassissime della graduatoria: è stata ultima nella classifica 2003 e 2004, penultima nel 1996, terzultima nel 1993,1999, 2002. Peggio di quest’anno? Sono in cinque circostanze (nel 2015, nel 2013, nel 2014, nel 1999 e nel 1996)

 

 

Qualche curiosità: apparentemente, nel 1992 l’economia andava che era una bomba, perché alla voce “affari e lavoro”, Messina si classificò addirittura 31ma in tutta Italia. un exploit inspiegabile, che infatti non ha più avuto seguito, perché la posizione più altra raggiunta dall’indicatore è stata una piuttosto misera 68ma posizione del 2001, per poi veleggiare sempre tra l’85ma e la centesima posizione.

 

 

Uno dei parametri in cui Messina si è sempre comportata bene, invece, era quello riguardante la sicurezza (e la giustizia), costantemente intorno alla ventesima posizione (e mai sotto la 50ma) dal 2005 al 2017. Anche quell’indicatore, oggi, è drammaticamente crollato.

 

 

Nel 2001, poi, la città era apparentemente ben servita e piuttosto pulita, visto l’ottimo 29mo posto alla voce Ambiente e servizi. Non se ne sono accorti in molti, perché comunque a quel picco non è corrisposta una serie storica, sempre attestata su livelli più bassi.

 

 

Così come bassi, con particolare accento sui “bassissimi” dell’ultimo decennio sono gli indicatori di ricchezza e consumi. Un disastro economico e finanziario che ha raggiunto abissi impressionanti dal 2009, con un solo “raggio di luce” (si fa per dire, il risultato è intorno all’80ma posizione) nel 2012.

 

 

Poi c’è un altro indicatore che testimonia la pochissima appetibilità del territorio messinese, quello che fa riferimento a Demografia e società: uno degli indicatori, infatti, è quello dei cambi di residenza. Ebbene, dopo un periodo positivissimo nell’ultimo decennio del socolo scorso, dal 2000 in poi è iniziata una lenta ma costante ecatombe: segno che dal 1990 alla fine del millennio, la gente si trasferiva a Messina. Dopo, se ne scappa a gambe levate.

 

 

E il confronto con le “cugine Reggio Calabria, Catania e Palermo? Riserva qualche sorpresa. Perché, nell’arco di vent’anni, Messina è stata molte volte la più virtuosa delle province. Pur nel disastro generalizzato, la città dello Stretto è stata per praticamente metà delle volte (quattordici anni) la più alta in classifica delle quattro città contigue. Magra consolazione.

 

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