Tra 2004 e 2005 ho iniziato ad andare ai concerti (frequentare ancora era una parola grossa), e ho installato a casa una bella rete ADSL. Erano anni floridi, ed è da questo concetto che ero partito per stilare la lista del secondo episodio dello speciale di dicembre, quello con il periodo compreso tra 2005 e 2009; ero partito da lì, ma poi quando ho buttato giù dopo varie, inevitabili revisioni la lista definitiva mi sono reso conto di una cosa: solo un disco su cinque era entrato nella mia rotazione frequente già al tempo dell’uscita. Ecco, per me questa puntata vale tanto perché è la prima in cui ho effettivamente scelto superando ogni eventuale nostalgia, perché legare le canzoni ai ricordi è spesso dannoso e queste cose non vanno fatte. Servono anche a crearne, ma non bisogna lasciarsi travolgere. Quasi mai.

EPISODIO 2: 2005-2009

2005: Offlaga Disco Pax – Tono Metallico Standard

Uno dei gruppi più sottovalutati della musica italiana. Uno dei gruppi che amerei poter sentire un’altra volta dal vivo. Nel 2005 esce il primo disco degli Offlaga disco pax, Socialismo tascabile, interessante già dal titolo. Il sound è particolare, è “un tappeto sonoro con uno che ci parla sopra”, come da definizione di non ricordo chi—ma l’effetto e la resa dal vivo sono comunque pazzeschi. Le storie da cui Max Collini prende spunto per i brani sono perlopiù autobiografiche e un po’ modificate ai fini della narrazione, come in questa Tono metallico standard, scelta quasi a caso dalla tracklist perché ogni singolo pezzo avrebbe ben figurato. Gli Offlaga per motivi di forza maggiore (triste e maggiore) hanno smesso di fare dischi e concerti ormai da qualche anno, poco dopo la pubblicazione di Gioco di società. Il loro storytelling sprovincializzante, oggi, sarebbe fondamentale per parlarci di cosa siamo diventati.

2007: M.I.A. – Paper Planes

Siamo mancati un po’ in quote rosa, ma per descrivere il sound che andava tantissimo nel periodo tra 2006 e 2008 probabilmente pochi brani potrebbero aiutare più di Paper Planes di M.I.A., estratto da Kala, suo secondo disco, e contenuto anche in The Millionaire, fattore che ha contribuito alla sua grande popolarità. In realtà Mathangi Arulpragasam (questo il vero nome che potrei come non potrei avere copincollato) quanto a talento non avrebbe avuto neanche bisogno di questa spinta, anche perché alle macchine c’era una stella vera, quel Diplo che ancora oggi rende oro tutto quello che produce (ne riparleremo, probabilmente, nei prossimi episodi). Paper Planes campiona i Clash e li rende morbidi mantenendoli contestualmente solidi, è probabilmente il miglior brano nella carriera della rapper che ancora oggi è in attività, con fortune alterne, ma sempre con tanto da dire.

2006: Daft Punk – Technologic

Sarebbe stato oltremodo semplice selezionare Discovery per inserire i Daft Punk in questo riepilogo ventennale: disco clamoroso, apprezzato da più o meno chiunque, bravi tutti e ciao. No invece, qua facciamo sempre i dissidenti a modo nostro e i francesini dal tocco magico li inseriamo con un singolone estratto dal loro lavoro probabilmente meno apprezzato (se di meno apprezzato si può parlare quando affronti l’argomento “Daft Punk”), perché quando uscì Human after all non ci fu l’ondata di commenti positivi che di solito caratterizza ogni loro passo. Human after all, registrato in un mese e mezzo, conteneva appunto questa Technologic, conosciuta da più o meno chiunque perché era colonna sonora di una, forse due o tre pubblicità. Ed era davvero ovunque, ma proprio ovunque. La sia ama o la si odia, per carità, ma per odiare i Daft Punk bisogna avere il cuore troppo vicino a qualcosa da censurare.

2009: Animal Collective – In the flowers

Mi ricordo che la prima volta che ho messo su nello stereo gli Animal Collective la sensazione è stata quella di non comprendere cosa mi stesse accadendo. Non capivo e la cosa mi stuzzicava, non comprendevo bene la dimensione del tutto, per cui la curiosità aumentava ascolto dopo ascolto. Merriweather Post Pavillion è arrivato al momento giusto della mia vita, quando ero pronto ad andare oltre una barriera di quella che conoscevo come musica, oltre i canoni del rock and roll e derivati, oltre i primi assaggi di un rap che avevo iniziato ad apprezzare da relativamente poco. Voi pensate uno che si ascoltava i System of a down, che sente parlare bene di questo gruppo e mette su un disco che inizia con questa In the flowers. È un po’ complicato da rendere per iscritto il senso di alienazione, la consapevolezza di aver perso troppo tempo e di voler recuperare tutto, e in fretta, di questo filone. Un lavoro che ancora oggi mi tiene occupato ogni volta possibile. Per il bene della musica, della mia musica.

2008: Dargen D’Amico – Di vizi di forma virtù

Per me il vero disco spartiacque, nel senso che ricordo distintamente un pre e un post Di vizi di forma virtù. La poetica di Dargen mi ha folgorato con questo disco, un disco complesso, composto da due parti in cui si alternano momenti di caciara e altri decisamente più riflessivi. Primo brano ascoltato Sms alla Madonna, credo perché mi fece ridere il titolo; poi ho approfondito e ho scoperto un mondo di parole e di insicurezze in cui non faticavo a rivedere alcune parti di me, alcuni tratti caratteriali che insomma, non erano facili da esprimere. Di vizi di forma virtù, il singolo, si chiude con una strofa potentissima (“sono più frocio io che porto la gonna o tuo padre che picchia la sua donna?”) e con una metafora dialogata, una di quelle che se le senti nel giusto mood esplodi, sull’importanza del vedere le cose dal giusto punto di vista. Perché ogni otto, anche mezzo storto, se sdraiato, può fare l’orizzonte e quindi l’infinito. Infinito come un disco meraviglioso, da ascoltare con attenzione solenne.

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