Negli ultimi tre/quattro giorni avrete visto spuntare nella vostra timeline un discreto numero di canzoni legate alla caduta del muro di Berlino. Per questo, quando mi è stato suggerito di scrivere qualcosa, ho pensato a qualcosa di diverso dalla solita Heroes o da tutto quello che viene normalmente legato a quell’evento storico che una manciata di giorni fa ha compiuto trent’anni; ci ho pensato e ho deciso di dare un taglio differente, più che altro perché è bello vedere tutti felici per un anniversario importante, però a me da qualche giorno viene in testa una domanda: basta l’abbattimento di un simbolo per migliorare la vita delle persone? Basta quel singolo esempio di libertà per poter essere tutti felici? Con questa domanda che rimbomba ancora in testa, benvenuti in una playlist priva di certezze.

Rational Youth – Dancing On The Berlin Wall

Proviamo a capirci e vediamo cosa c’era a Berlino, nel mondo, prima del 1989: per addentrarci nel clima chiediamo aiuto ai Rational youth, duo canadese che nel 1982 pubblica un album bellissimo, il loro debut, intitolato in modo abbastanza simbolico Cold War Night Life. Al suo interno troviamo Dancing on the Berlin wall, brano ipnotico con dei synth particolarmente cicciosi che restituiscono bene un’atmosfera di festa tenebrosa. Una festa strana e particolare, oscura e fredda come la guerra, con toni wave pesanti che fanno a pugni con il coprifuoco. Non è una Berlino semplice da vivere, non è una città libera. Il problema è questo, l’idea di danzare sul muro è il modo artisticamente più suggestivo per segnalare questo orrore storico. Perché la libertà di ballare, quella sensazione di libertà, non si può rinchiudere. Non si deve rinchiudere. Curioso se ne parli proprio in questo periodo di “movida ribelle” nella nostra città. Ma questa, forse, è una storia diversa.

Neil Young – My My, Hey Hey (Out Of The Blue)

In un mondo ideale qua ci sarebbe After Berlin, di cui esiste praticamente solo la versione live che Neil Young propose nel suo Live in Berlin datato 1982. Prima di quella, c’era My my, hey hey e ci godiamo questa in playlist. La scrittura di Young è sempre stata una forma d’arte non accessibile a tutti, nonostante sia relativamente “semplice”. I suoi livelli di lettura all’interno dei brani non sono certo per chiunque, la delicatezza con cui ogni parola si adagia sull’altra, la chitarra che delinea traiettorie a volte morbide, a volte più nette restano uno dei picchi più alti mai toccati da chiunque in questo business, in questa arte. All’interno di My my, hey hey ci sono anche le parole scelte da Cobain al momento del suicidio, “è meglio spegnersi che bruciarsi lentamente”. Vi avremmo voluto fare ascoltare altro, ma la casa produttrice ha bloccato tutti i video di YouTube con After Berlin. Una sorta di muro. Ma questa, forse, è una storia diversa.

Giorgio Canali e Rossofuoco – Lettera del compagno Lazlo al colonnello Valerio

Se cercherete informazioni su questo brano, leggerete che è stato escluso da Materiali resistenti (compilation di qualche anno fa pubblicata per celebrare i 15 a sua volta di un altro disco celebrativo, Materiale resistente) “perché non piaceva il giro di armonica”; ovviamente è una stronzata dato che il brano è stato tenuto fuori per le bestemmie esplicite sbraitate nel finale da Giorgio Canali, il compagno Lazlo del titolo, all’indirizzo del colonnello Valerio, altresì noto come Walter Audisio, il materiale esecutore della fucilazione di Benito Mussolini. Le bestemmie, la rabbia espressa dal brano, si riferiscono a un concetto semplice: ammazzare Mussolini non ha fermato nulla perché “non dovevamo fermarci”, non basta un simbolo per ripristinare la libertà, perché il male ha mille modi per riformarsi e trova sempre strade nuove. Come chi ha pensato che bastasse abbattere un muro per ripristinare la libertà. Ma anche questa, forse, è un’altra storia.

David Bowie – Fantastic Voyage

Del Bowie berlinese non prendiamo Heroes, meravigliosa ma che vi hanno fatto ascoltare tutti; no, restiamo sulla trilogia ma peschiamo da Lodger, capitolo finale in cui troviamo Look back in anger (forse la mia preferita), ma sopratutto Fantastic Voyage, brano di apertura del disco all’interno del quale troviamo un Duca preoccupato dalla piega che stava prendendo il mondo in cui viveva. Erano gli ultimi scampoli degli anni ’70 quando venne pubblicato il singolo, il muro era ancora lì e Bowie non era più a Berlino da un po’, anche se era rimasto nei paraggi. Il tono decadente e la preoccupazione sull’evoluzione mondiale, forse un’illuminata anticipazione su quella sfrenata globalizzazione che sarebbe partita senza via di ritorno non molto tempo dopo, rendono Fantastic Voyage una gemma fin troppo sottovalutata in una carriera incredibile come la sua. Anche perché, poi, quella non sarebbe diventata un’altra storia, ma la nostra di oggi.

TOOL – Descending

Chi legge questa rubrica credo sia ampiamente a conoscenza del fatto che alcune scelte non saranno mai facili. Consigli musica a un pubblico ampio, mi dico ogni volta, stai attento ai bisogni di ciascuno. Oggi c’è Canali che bestemmia quindi so che alcuni hanno già probabilmente chiuso tutto, e allora oso. Vi avverto da prima, gradirei che Descending la poteste ascoltare all’interno del contesto Fear Inoculum, disco dei TOOL che ha visto la luce dopo tredici anni (Tredici. Anni.) di attesa a fine agosto. La storia raccontata nell’album è pericolosamente attuale, parla di paura ed evoluzione, anche un po’ di una battaglia per il genere umano, una battaglia che parte da sé stessi per poter conquistare la propria terra promessa, qualunque essa sia. I TOOL non parlano direttamente, si esprimono con lunghe metafore e con viaggi spesso da interpretare, ma cercano di essere, forse anche inavvertitamente, essi stessi un simbolo del cambiamento che vogliono proporre. Dell’essere e non del sembrare. Della libertà da conquistare giorno per giorno, in prima persona. Perché non è solo un muro che cade a regalare un futuro migliore, se non si combatte ogni giorno per i propri diritti e per aumentare la qualità della propria vita.

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